« Perché ho lasciato Menghistu »

« Perché ho lasciato Menghistu » Il dramma dell'Etiopia: parla Dawit Wolde Giorgis, fuggito negli Usa « Perché ho lasciato Menghistu » Per l'ex responsabile dell'Ente che gestiva gli aiuti il leader di Addis Abeba è un tiranno sanguinario: «Vuole il culto della personalità» - «I soccorsi occidentali lo mantengono al potere» - «Ha sfruttato la carestia ai suoi fini» - «Il popolo è pronto alla rivolta» NOSTRO SERVIZIO NEW YORK — Le dimissioni del ministro degli Esteri etiopico Ooshu Wolde .da un governo la cui politica miope e rigidamente dottrinaria sta portando il Paese e il popolo alla miseria e all'annientamento-, annunciate lunedi alle Nazioni Unite, costituiscono la quarta defezione in un anno di un'alta personalità del regime. Quasi un anno fa. appunto, Dawit Wolde Giorgis. l'uomo che diresse l'Agenzia etiopica per i soccorsi durante i mesi peggiori della carestia in Africa, lasciò Addis Abeba per un viaggio in vari Paesi destinato a raccogliere fondi. All'estero venne a sapere di essere stato denunciato dai filosovietici del Politburo, e che la sua casa era stata perquisita dalla polizia segreta. Chiese asilo politico agli Stati Uniti. Poco dopo lo seguirono il suo vice. Berhane Deressa, e l'ambasciatore etiopico in Francia, Getachew Kibret. Da allora, Dawit è vissuto appartato nel New Jersey, respingendo quasi tutte le richieste di interviste. Ma recentemente ha partecipato a un convegno svoltosi in sordina a New York, sotto l'egida dell'autorevole East-West Round Table Discussion Group: in quell'occasione — e poi al nostro giornale — ha fatto impressionanti rivelazioni sul funzionamento del governo del colonnello Menghistu, che quest'anno ha chiesto all'Occidente 900 mila tonnellate di aiuti alimentari, più di quanto abbiano sollecitato tutti gli altri Paesi subsaheliani compreso il Sudan, lo Stato più esteso dell'Africa. Sono proprio aiuti di questa portata, secondo Dawit, a mantenere al potere il regime. «Per un'ironia della sorte — dice — l'assistenza umanitaria occidentale non ha salvato soltanto milioni di persone affamate, ma anche Menghistu e il suo regime. Io non ho dubbi: sema quegli aiuti ci sarebbero stati il caos e un bagno di sangue che si sarebbero conclusi con il rovesciamento di Menghistu e dei suoi». E continua: 'Arriva il momento in cui un popolo ha subito tali sofferenze per mano del suo governo da capire che non ha nulla da perdere rovesciandolo. In Etiopia quel momento è arrivato*. Dawit era un alto ufficiale dell'esercito etiopico. Conosce l'attuale leader dall'epoca della rivoluzione che nel '74 rovesciò l'imperatore Halle Selassié. Menghistu lo nominò governatore della pro¬ vincia settentrionale dell'Eritrea, dove 1 secessionisti sono in guerra contro il governo centrale da 23 anni. Dal 1974, sostiene, Menghistu si è trasformato dal leader che incarnava l'idea rivoluzionarla dell'egualitarismo e del nazionalismo in un ^demagogo disorientato che ha fatto dell'Etiopia un'appendice dll'Urss-, e che governa in base a -chimere da visionario. Ormai è un dittatore di fatto, nessuno contrasta le sue decisioni... Sui suoi obiettivi personali è scaltro e lucido. Reagisce con prontezza e crudeltà quando il suo potere è minacciato, come quando eliminò 14 collaboratori: convocò una riunione del Comitato permanente del Consiglio militare e se ne andò a metà. Entrarono i soldati e massacrarono tutti». Al momento opportuno, continua Dawit. Menghistu 'trasforma chi ha applicato le sue decisioni in capri espiatori, e li fa uccidere. Egli stesso tirò fuori un elenco di mille persone da eliminare... Cosi la gente ha smesso di dirgli la verità. Dice quello che crede gli faccia piacere. E lui vive avulso dalla realtà, in un mondo fatto delle sue illusioni-. Una dimostrazione è l'atteggiamento di Menghistu fronte a problemi come quello della guerra in Eritrea, che secondo lui, lrrealisticamente, si può risolvere con la forza; o quello dell'enorme mole degli aiuti, che egli giudica soltanto un complotto dell'Occidente per minare la rivoluzione. -Subito prima che lasciassi l'Etiopia — racconta — «ermi convocato dal Politburo per dare conto delle attività della mia Agenzia... Il problema era il costo politico della siccità. In nove ore di discussione, il problema umano non venne considerato come il più importante-. L'insensibilità mostrata dal regime nei confronti della popolazione saltò agli occhi in occasione delle fastose celebrazioni per il 10° anniversario della rivoluzione. «Gii ore/ani d'informazione governativi — afferma Dawit — facevano il possibile per nascondere la carestia e richiamare l'attenzione sull'esaltazione dell'ideologia, sulla nuova era di prosperità creata dal marxismo. All'epoca in cui la cerimonia si svolgeva, ogni giorno morivano migliaia di persone, altre migliaia lasciavano le loro case in cerca di cibo e rifugio, o arrivavano a piedi dal Nord dell'Etiopia alle porte di Addis Abeba. La mia Agenzia ebbe ordine di fermarli. Venne mobilitata la polizia per creare una barriera umana attorno a Addis Abeba, in modo che nessuno potesse entrare in città e guastare la festa-. E, continua, venne aspramente rimproverato da Menghistu quando, poco dopo, fece all'Onu un discorso non auto rizzato, sollecitando aiuti. Ma il 'eader etiopico capi di 11 a poco come rovesciare la carestia a suo vantaggio. La sua attenzione alla fame si limitò a due soste di un quarto d'ora, a Bati e Mekele, per scattare fotografie delle vitti' me; ma intuì come sfruttare la carestia per finanziare il sistema di controllo sociale che avrebbe accelerato l'avanzata del socialismo. Nell'ottobre e nel novembre dell'84, l'Agenzia avviò un programma di reinsediamento. .Migliaia morirono prima di raggiungere i centri di distribuzione — spiega Dawit — Menghistu... lanciò un grande programma di reinsediamento che riguardava un milione e mezzo di persone. Riteneva che quello fosse il momento opportuno per istituire un sistema modello di agricoltura collettiva, ed era più facile realizzare questa politica con gente allo stremo, che non era in condizione di opporre resistenza-. L'idea di reinsediare popolazioni da zone sovrappopolate ad aree più fertili secondo Dawit è in sé valida; ma richiede pianificazione, risorse, e gente istruita e consenziente. E' convinto che programmi cosi ambiziosi non avrebbero potuto essere finanziati senza gli aiuti stranieri, ma non condivide le richieste di interrompere l'assistenza: 'Ci dovrebbero essere altri modi per influire sulla situazione interna dell'Etiopia-. In primo luogo, un diverso atteggiamento da parte dell'Occidente: 'Una linea ferma e coerente di denuncia della politica di questo governo-. Secondo lui, il regime di Menghistu è saldamente ancorato a una linea filosovietica: 'Vuole istituire il culto della personalità, sull'esempio del leader nordcoreano Kim II Sung, un uomo che ammira enormemente. La decisione di restare ancorato all'ideologia marxista non è conseguenza di un iter intellettuale, né di una convinzione politica, ma del fatto che quello è l'unico sistema capace di dargli il potere di fare tutto ciò che vuole-. Paul Vallely Copyright «Times Newspapers» e per l'Italia «La Stampa»

Persone citate: Berhane, Dawit ? Menghistu, Dawit Wolde Giorgis, Paul Vallely, Wolde, Wolde Giorgis