Per Jenny le fiamme di Milva

Per Jenny le fiamme di Milva Incontro con Fattrice-cantante, unica italiana nel cast del «Théatre de l'Europe» Per Jenny le fiamme di Milva Interpreta questo ruolo per la seconda volta - E il regista-despota? «Con lui va benissimo, non è un orco» PARIGI — Tredici anni dopo Uliva ritorna con Strehler *Jenny delle spelonche*. La vigilia è carica di lavoro, prove fino a tarda notte: «Siamo una compagnia europea ed eterogenea, ci sono grandi attori francesi ma anche un austriaco, una tedesca. Ce chi ha problemi ad adattarsi a Brecht e a Strehler e chi ce li ha ad adattarsi all'insieme e alla lingua, si va avanti otto ore di seguito e anche di più». Dice di esser molto fiera del suo francese, racconta che tutti le fanno i complimenti: «Non l'ho mai studiato, con la mia sfacciataggine mi sono messa a parlarlo, piano piano. Ora lo conosco, ho anche cantato molto in francese, ma Brecht mai: però l'Opera funziona, è meglio che in italiano, troppo dolce paragonato al tedesco, il canto dei pirati con tutte le terminazioni in 'on', cosi drammatiche, viene benissimo». Per Milva, il debutto nell Opera da tre soldi la prima volta nel 73, fu importantissimo: «L'allestimento del '56 non me lo posso ricordare, abitavo ancora a Goro. Ma quello cui presi parte fu una svolta nella mia carriera di cantante e interprete. Non dico attrice, perché non lo sono». Allora, ricorda, la sua Jenny era un personaggio inquietante: «Cupo, nero, con la pelle bianchissima e una parrucca nera Anni 20. Quando uscivo in scena, nessuno mi riconosceva. Fu una delle trovate di Strehler». Fu pure vittima, allora, di un incidente: «Come adesso, si provava un mese prima del debutto con l'abito di scena. Caddi nella buca dell'orchestra, fui salvata dalla parrucca ma ebbi ugualmente la frattura cranica. Un mese di ospedale». Ora, con il nuovo nero vestito di scena già mandato a sistemare perché «era tutto rotto», reciterà con i suoi capelli fiammeggianti raccolti a chignon, che la fanno somigliare, dice, alla Goulue di Toulouse-Lautrec: «Sono meno cupa e più ironica, più sanguigna e violenta. Sono più personaggio». Delle vecchie scene del 73, anticipa, sono rimaste le due ruote lumino¬ se ai fianchi del palcoscenico; Milva è ammirata dal lavoro di Frigerio: «Grande, c'è lo sfondo di New York con le case e le scale antincendio». E con il despota Strehler, come va? «Benissimo, non è mica un orco. Ha un sistema di lavoro inusuale, durante la lettura del testo, quando lui per otto ore parlava e spiegava in francese, erano tutti stravolti ma entusiasti Ora certo è un poco nervoso, aveva chiesto dieci giorni di prove in più per la difficolta di far entrare nella parte un cast cosi eterogeneo. Lui pretende molto, se non dai ti lascia perdere. Ci sono momenti in cui si scaglia, lo gli rispondo, altri restano terrorizzati. Per Yves Robert è stato difficile, aveva una recitazione naturalistica, non ha mai interpretato Brecht». E Barbara Sukowa? Avete fatto amicizia? «Non abbiamo scene insieme, ma io la stimo moltissimo, avevo pianto per Anni di piombo. Per ora, c'è un rapporto piacevole. E' una forte». Si capisce, che Milva è contenta della vigilia, si sente amata da tutti: «I francesi mi conoscono bene, in teatro vedo che tutti mi vogliono molto bene. Yves Robert, i ladri e i mendicanti mi sentono la piti vicina a loro». E la voce di Brecht che esce dal grammofono, all'inizio dello spettacolo, le dà emozione? •Confesso di no, per ora. Sono vent'annl che conosco quell'incisione». m. ven.

Luoghi citati: Goro, New York, Parigi