E' nato l'eurogiocattolo di Fabio Galvano

E' nato l'eurogiocattolo Dopo 14 anni di polemiche varata la normativa, sulla sicurezza., 1 E' nato l'eurogiocattolo Vietati materiali taglienti, tossici o infiammabili - La resistenza delle industrie DAL NOSTRO CORRISPONDENTE BRUXELLES — Dopo 14 anni e due direttive comunitarie naufragate per l'ostilità dell'industria e del Parlamento di Strasburgo, l'Europa cerca finalmente norme comuni di sicurezza per i giocattoli. Può sembrare tema di secondarla importanza, nell'ambito delle vicende comunitarie, ma non lo è: anzitutto perché sono oltre 200 mila, ogni anno, gli incidenti di gioco dei quali sono vittime i bambini; in secondo luogo perché il giro d'affari che ruota attorno al mondo del giocattolo è colossale (basti ricordare che oltre 60 mila tipi sono attualmente in circolazione); infine perché il varo di questa normativa costituisce un test delle reali capacità della Commissione, la quale presentando ieri un'attesa proposta di direttiva comunitaria ha sfidato gli insuccessi del passato. Questa «terza direttiva» deve, anzitutto, evitare la fine delle due precedenti. Tenta la via del successo con un nuovo approccio, che consìste paradossalmente nella rinuncia a stabilire norme dettagliate di produzione. Nel documento presentato ieri ci si limita, infatti, a fissare direttive di massima — indicate come 'esigenze essenziali- — per ciò che riguarda sicurezza meccanica, fisica e chimica, ma anche non infiammabilità; e ad accogliere per gli specifici aspetti della produzione gli standard elaborati da organismi indipendenti quali il Cen (Comitato per la standardizzazione) e il Cenelac (simile al precedente, ma specificamente interessato al materiale elettrico). L'idea di creare l'«euroglo cattolo» era stata formulata, a livello ministeriale, già nel 1972. Pareva buona a tutti: anche agli industriali europei, i quali ritenevano di poter accedere in tal modo a un «mercato unico» del giocattolo e soprattutto — con l'adozione di uno standard europeo — di frenare le importazioni da alcuni Paesi asiatici, più economiche ma poco sicure. Lamiere taglienti, vernici tossiche, vetro e plastica facili da spezzare, sostanze chimiche pericolose e materiali infiammabili: tutto ciò doveva scomparire. Si decise allora di affidare la normativa a Cen e Cenelac, organismi chs raggruppano sedici Paesi dell'Europa occidentale. Fu un totale disastro. Prive di personale e di fondi, le due organizzazioni non riuscirono ad andare oltre un arido dibattito fra i loro •esperti», molti dei quali erano legati alle Industrie nazionali, il cui utile veniva anteposto a quello della Comunità. Dopo anni di vana attesa la Commissione decise quindi di stabilire i suoi parametri. La prima direttiva è del 1980: un volume di 82 pagine, che fissa persino — ad esemplo — per quanti secondi possa durare la fiamma di una barba finta. La Cee passa al contrattacco tre anni dopo, nel 1983. La seconda direttiva è un documento dimezzato (41 pagine), ma la sua sorte è la stessa. Questa volta la sicurezza dei giocattoli europei si arena sul dibattito relativo a che cosa sia un giocattolo (vengono inopinatamente esclusi, per esempio, alcuni «scherzi, di carnevale); ma anche sul problema di chi debba emanare il certificato di idoneità. Ora la terza direttiva: dopo 14 anni si torna all'idea originale di affidare ìa normativa a organismi indipendenti. Cee e Cenetec, si dice a Bruxelles, hanno completato la loro struttura e anzi dispongono già di norme sui giocattoli. E' la volta buona? Alcuni Paesi — sette per l'esattezza, fra i quali l'Italia — già dispongono di norme sui giocattoli; altri le stanno introducendo. Fabio Galvano

Luoghi citati: Bruxelles, Europa, Italia, Strasburgo