La nuova casta del «day-after» di Renata Pisu

La nuova casta del «day-after» CELEBRATA IN GIAPPONE LA «GIORNATA DELL'ENERGIA» La nuova casta del «day-after» Grandi festeggiamenti, si annuncia che nel 2020 il 60 per cento delle centrali saranno atomiche - Il prof. Ichikawa: «Dopo Hiroshima eravamo tutti convinti che la bomba sarebbe stata usata solo per scopi pacifici» - Ma ora distribuisce ovunque il fiore che in presenza di radiazioni diventa rosa - Gli inservienti delle centrali, parìa del nucleare - Li chiamano «hibakusha», bombardati dell'atomo DAL NOSTRO CORRISPONDENTE TOKYO — Il professor Soda» Ichilcawa si presenta con un fiore, un fiorellino azzurro cupo, e mi dice: «Questo flore ha cambiato la mia vita, il Benso stesso delle mie ricerche». Il fiore in Italia non si trova, cresce nell'America del Nord, ora anche in Giappone, si chiama in inglese spiderwort, in botanica è classificato come Commelina communis; a vederlo è un fiorellino davvero comune, un caduco fiore di campo, ma attenzione: se da azzurro diventa color rosa, vuol dire che ha assorbito radiazioni nucleari, non in alta dose perché il fiorellino è sensibilissimo anche a dosi bassissime, a quei livelli che in genere non vengono ritenuti pericolosi. Spiega il professor Ichikawa che in questo flore l'esposizione alla radioattività provoca una mutazione, nelle cellule dello stame: il rosa, carattere recessivo, prende il sopravvento sul blu, carattere dominante. La Commeli na communis non esiste più, al suo posto c'è un «mutante». Attorno a dieci delle trentatré centrali nucleari del Giappone, il professor Ichikawa ha seminato i suoi fiorellini, per cinque anni studenti, insegnanti, casalin- ' ghe li hanno osservati, la gente che abita nella zona li ha piantati in vasetti che tiene sul davanzale della finestra, o in giardino: e i fiori sono diventati tutti rosa. Dopo Ccmobil il professor Ichikawa è stato subissato da richieste di questi fiorellini, contatori Geiger viventi che rendono palese l'invisibile pericolo. Ichikawa ha accontentato tutti quelli che ha potuto, questo fiore è diventato la sua arma, vorrebbe che ovunque c'è un reattore nucleare in funzione si diffondesse la «strategia della Commelina communis». Sadao Ichikawa non è un sognatore verde, è uno scienziato: dirige il. laboratorio dir, genetica della facoltà di scienze dell'Università di Saitama, di recente è uscito in Giappone un suo libro che si intitola La genetica nell'era nucleare. La sua personale storia di scienziato anti-nucleare merita di essere ascoltata, non fosse altro perché è una storia che viene dal Giappone. Sadao Ichikawa aveva dieci anni nel 1945, all'epoca di Hiroshima e Nagasaki. Otto anni dopo era uno dei tanti appassionati sostenitori dell'uso pacifico dell'energia nucleare. Racconta Ichikawa: •Eravamo tutti convinti che siccome il Giappone era stato l'unico Paese al mondo a soffrire per l'energia atomica, dovevamo essere i primi a usarla per scopi pacifici. Ricordo che allora lo slogan scandito in tutte le manifestazioni era "Basta con le armi nucleari, impegniamoci jMtrl'èjiérgia nucle$re''\' ' Pacifisti* •Cosi è successo che nella testa della gente, qui da noi, si è radicata l'idea che essere prò energia atomica equivalga a essere pacifisti. In Europa e negli Stati Uniti la gente sa che c'è una relazio- ncmlencbcdlariNmtgcsmriztrmfprs a ne tra uso militare e uso pacifico dell'energia atomica, ma qui il fatto che siano collegati e collegabili non sflora nemmeno le coscienze. Anch'io non avevo nessun dubbio, allora. Mi dedicavo a ricerche di genetica applicando la radioattività, dopo la laurea sono andato in America presso 11 Brookheaven National Laboratori, ho cominciato a studiare gli effetti delle radiazioni sulle spighe di grano, mi sentivo come Investito da una missione: l'atomo avrebbe fatto miracoli. E invece lì, in America, ho incontrato il fiorelli- zfordtic]ella spiga $ grano, tanto sensibile da denuncia- ' re subito, visivamente, la mutazione. Il fiore mi ha fatto capire che non c'è uso pacifico dell'energia nucleare, c'è soltanto uso pericoloso». Il 26 ottobre è in Giappone la «giornata dell'energia nucleare»; quest'anno il governo ha in programma grandi festeggiamenti, viene annunciato che nel 2020 il 60 per cento dell'elettricità sarà generata dagli impianti nucleari: un grande balzo in avanti rispetto al 25 per cento di oggi. Di Cernobil non si fa più parola, in realtà se ne è parlato poco in Giappone e, ufficialmente, soltanto per dire che «da noi cose slmili non possono capitare». / sindacati, per quello che qui contano, sono prò nucleare, sostengono che l'importante è difendere i posti di lavoro, l'occupazione, l'attuale livello di benessere. Tuttavia del lavoratori del nucleare, la ■•manovalanza», non si preoccupano affatto. In giapponese si chiamano «gli zingari del nucleare», saranno circa ventimila persone ingaggiate alla giornata per i lavori di pulizia delle centrali. Kunio Horie cinque anni fa ha scritto un libro inchiesta su questi «paria. nel quale denuncia un tipo di sfruttamento che forse non è fenomeno unicamente giapponese ma che in Giappone è ad ogni modo più cospicuo. Horie spiega come avviene il reclutamento: l'Agenzia per l'energia elettrica non fa assunzioni dirette ma si rivolge a ditte di appalto per la mano d'opera le quali si rivolgono a altre ditte più piccole e così via, fino a che non si sa più da chi viene la manna, cioè il lavoro. La paga è bassa, 500 yen l'ora, circa 5000 lire, i lavoratori vengono ingaggiati per un massimo di tre mesi e sono retribuiti mensilmente in base però alle ore lavorative giornaliere: o ai minuti Infatti hanno la loro piastrina personale per il controllo dell'esposizione alle radiazioni e può capitare che un operaio abbia raggiunto il suo amite, in teoria quindi non può lavorare otto ore, al massimo quindici minuti. Cosa fa allora l'operaio-zingaro? Se non è stato abbastanza furbo da evitare di indossare la sua piastrina, viene 'affittato* a un'altra centrale, tanto chi controlla? Non di certo il sindacato, questa gente non sa cosa sia un sindacato dato che viene contattata e ingaggiata individualmente. nztrdmdgcisl ? , a e Spesso basta cambiare nome: Sakamoto diventa Suzuki e se poi Sakamoto intenta causa al datore primario di lavoro, lo Stato, avendo contratto cancro ai polmoni, si può sempre rispondere, come è successo e come glorie documenta: chi è mai costui? Non sono riuscita a incontrare Kunio Horie, pare sia stato messo a tacerà con le buone, cioè con gli yen, quindi è «introvabile». Ho incontrato invece Minoru Sakuma, ingegnere nucleare, consulente della Transnuclear Ltd di Tokyo, consociata dal 1984 con altre nove compagnie di vàri Paesi che si occupano del trasporto dèìtèscòrge nucleari radioattive in giro per il mondo. Anche quella di Sakuma, il quale ha appena pubblicato un libro intitolato U mio mestiere è trasportare la cenere della morte, è -una storia che vale la pena di essere raccontata. Perché è giapponese? Ebbene, sì. Sakuma aveva diciotto anni ed era a Hiroshima quando scoppiò la bomba, imbarcato su di una nave da guerra ancorata in porto, quindi a una ventina di chilometri dal 'grande fuoco: Al polso della mano sinistra ha come una bruciatura, l'impronta dell'orologio che quel giorno gli si fuse nella pelle. Andiamo a cena, praticamente non mangia. Chiedo: come mai? Si sbottona la camicia e mi mostra una lunga cicatrice: lo stomaco glielo hanno tolto qualche anno fa quasi tutto. Sarà un cancro? Sarà stata la bomba? Non lo sa. Ad ogni modo gli sono caduti anche tutti i denti, all'improvviso. La dentiera però è perfetta. bQuel fungo Comincia a raccontare il suo «mestiere» che non gli piace affatto ma, siccome di nucleare ha sofferto e quel «fungo» ha segnato la sua vita, dedicandosi al trasporta delle scorie radioattive cerca di fare del suo meglio, cioè garantire per lo meno la sicurezza dell'operazione. Spiega: «Ero a Hiroshima, per questo ho studiato ingegneria nucleare. Dovevo capire, mi illudevo che dal gronde male potesse nascere un grande bene. Noi in Giappone allora eravamo a terra, non sapevamo dove andare, cosa fare, che razza di futuro ci aspettasse. Mi sono laureato al Mit in America poi sono passato in Francia, all'epoca di De Gaulle, sempre inseguendo il nucleare, alla ricerca di una spiegazione che forse non c'è. «In Giappone sono stato tra i pionieri dello sviluppo dell'energia nucleare fino a quando non è diventata un'industria, parte integrante del sistema, una forza della conservazione, un enorme affare. Non c'è più modo di porre freni non si accettano più discussioni, non si ragiona Cosi lo cerco almeno di garantire la sicurezza dei trasporto delle scorie, dal Giappone le spediamo in Francia e in Inghilterra dove vengono "riprocessate" per ricavarne plutonio e 11 plutonio serve per fare la bomba all'idrogeno. Ma lasciamo correre... n fatto è che dopo ancora rimangono scorie, inutilizzabili ma altamente radioattive. E dove le mettiamo? Per ora se le sono tenute in Francia e in Inghilterra ma l'accordo è che dopo dieci anni vanno rispe dite al mittente. «Dieci anni fa nessuno in Giappone se ne preocupava, mentre invece ora ci siamo. Certo, per la mia ditta è un ottimo affare, avanti e in dietro, si fa la spola a pieno carico radioattivo. Ma qui in Giappone dove le mettiamo queste scorte che ci vengono restituite? E voi italiani dove le mettete? Il nostro governo pensa di seppellirle nell'estremo Nord, nello Hokkaido, assicura che non ci sono pericoli ma per quanto? Per una generazione? O per due, tre, quattro? Qui da noi basta che si dica che è sicuro per cinque-dieci anni e nessuno si preoccupa, forse sarà perché abbiamo avuto questa improvvisa prosperità dopo la guerra che si è instaurata la psicologia del tempo breve. Nel mio libro spiego che ci troviamo di fronte a un problema nuovo che interesserò le generazioni future, ma è come parlare al vento Eppure il Giappone è l'unico Paese al mondo dove il problema non è del tutto nuovo, già interessa la seconda generazione: recenti indagini su 1788 persone nate a Hiroshima e Nagasaki tra l'agosto del 1945 e il maggio del 1946 hanno rilevato che in loro l'incidenza dei tumori è quattro volte superiore alla media. Questi quarantenni che allo scoppio della bomba erano nel ventre materno sono ancora chiamati «hibakusha», cioè i «bombardati dell'atomo», una condizione che incute imprecisi timori, che ad ogni modo fa degli «hibakusha» e dei loro figli dei 'diversi*. Quanto agli «zingari del nucleare» vengono chiamati •hibakusha» anche loro. Qui, dove 'il giorno dopo» è già stato vissuto, già si avvertono i primi segni di una segregazione di nuovo tipo: da una parte i 'mutanti», da radiazione bellica o pacifica, dall'altra i normali. Renata Pisu Tokyo. Nel porto, sotto la pioggia, la folla dimostra contro l'arrivo di una nave carica di plutonio «riprocessato» in Francia