Radames discolpati

Badames discolpati Badames discolpati Che la cronologia sia l'asse portante della storia, questo è fuori discussione. La prima condizione per capirci qualcosa nella trama degli avvenimenti è di mctvere prima quel che vicn prima e dopo quel che vicn dopo. Infelici quelle scienze dell'uomo che davanti a |' qualwasi problema fconft. .poranco lo affrontano a I cast* Vergine e non si pon-' gono prima di rutto la domanda: « Y(diamo un po': non si era mai prodotta in panalo una situazione simile?: Ma questo non vuol dire che la storia si esaurisca nella cronologia. Invece quest'ultima sta diventando l'alfa e l'omega della cultura storica in ogni disciplina. Si va avanti a colpi di centenari, cinquantenari e anche meno. Wagner nel 1985, Bach, Haendel e Scarlatti nell'Anno della Musica 1985. Quest'anno l'ossessione commemorativa porta alla ribalta Liszt e, nel loro piccolo, Respighi e Ponchielli. (E i letterati si licordano per un momento di Pirandello). Con l'effigie di Ponchielli le Poste hanno emesso un francobollo. Che le Poste osservino le scadenze dei centenari, va benissimo. Un francobollo ricorda a milioni d'in- MASSIMO MILA differenti un personaggio che non è giusto dimenticare. (Anche se Malipiero nel 1965, quando venne diffuso un francobollo con l'immagine di Mascagni per il centenario della nascita, si rifiutava «de leccarglxìhc:. a Mascagni»). Ma quando si tratta d'operazioni di culrura questo saltabeccare da un anniversario all'altro è l'antitesi di ogni sviluppo organico della ricerca. Non si nega che certi anniversari possano cadere in epoca feconda, come avvenne per il centocinquantesimo della morte di Mozart, proprio in ragione dell'epoca terribile in cui cadde, 1941, e fu poi opportunamente ribadito dal bicentenario della nascita, 1956: data da allora il panmozartismo che oggi felicemente trionfa. . Ma progettare in anticipo libri, spettacoli, saggi, numeri unici, sempre tenendo d'occhio il calendario, è cosa che fa a pugni col modus vivendi della cultura, la quale segue sue intrinseche norme di necessità. Ora poi accade che l'artificiosa cultura degli anniversari si propaga alla politica. A trent'anni di distanza, improvvisamente rutti si ricordano della tragica fine dei moti d'Ungheria. Da un pezzo l'impiccagione di Imre N'agy non turbava più i sonni a nessuno. Ed ora, a comando del calendario, «già i sacerdoti adunami», il coro a cinque (pentapartito) intima a Natta «Radames discolpati», e lui replica impavido: «Di mia discolpa'i'giudici Mai non iìdrSh ' 'l'accentò) Dinanzi' ' ai Numi e agli uomini Nf vii né reo mi sento». Eterna Italia melodrammatica! Ma se tanto può la cronologia, perché non scendere un poco più indietro ad incontrare un anniversario più rotondo, il cinquantenario di due vergogne nazionali come la proclamazione dell'impero con le stragi di Graziani sugli ultimi resistenti abissini (la luci fazione di ras Immrù, affrontata con la nobiltà di un Cesare Battisti, vista in una foto dell'Illustrazione Italiana fece piangere di rabbia in prigione Bauer e Rossi, feriti e decorati della prima guerra mondiale) e l'appoggio fornito a Franco per l'invasione della Spagna repubblicana? Perché non commemorare Guernica c Guadalajara e non compiere un atto di riparazione verso il popolo abissino e verso il re di Spagna?

Luoghi citati: Guadalajara, Guernica, Italia, Spagna, Ungheria