E la sinistra divorziò da Israele di Paolo Mieli

\E\a sinistra divorziò da Israele LO «STRAPPO» DI TRENTANNI FA, DOPO LA CRISI DI SUEZ \E\a sinistra divorziò da Israele Fino ad allora era stato un idìllio - Per «l'Unità» lo Stato di Ben Gurion era un «Paese eroico», gli arabi «nazisti», i fedayn «sabotatori» - Dopo la Guerra dei sei giorni, i laboristi in Inghilterra, Sartre e Camus in Francia, socialisti e comunisti in Italia presero una posizione violentemente crìtica - Fausto Coen, ex direttore di «Paese Sera»: «Per me, era l'inizio dell'antisemitismo» a e Trentanni fa si verificò la prima frattura, il primo strappo tra sinistre e Israele. Il 29 ottobre del '56 quando Dayan aprì le ostilità contro l'Egitto paracadutando i suoi uomini sul passo Mitla nel Sinai, s'intuì immediatamente, anche se ancora nulla si sapeva degli accordi presi a Sèvres, che quell'attacco era stato concertato con ì governi di Londra e di Parigi. E quando poi, il 5 novembre, truppe anglo-francesi tentarono la conquista del Canale di Suez, anche per i più increduli quell'intuizione divenne certezza. Le sinistre occidentali che, assieme ai Paesi comunisti, fino a quel momento avevano simpatizzato sema riserve per lo Stato di Ben Gurion furono messe in terribile imbarazzo dal fatto che l'esercito di Tel Aviv si prestava a far da innesco ad una delle ultime imprese squisitamente coloniali di questo secolo. Certo, ad Israele non mancavano giustificazioni generali per quella guerra: i ripetuti attacchi da Gaza e dalla Cisgiordania; la chiusura alle sue navi del Canale di Suez e dello Stretto di Tiran; le dichiarazioni minacciose che avevano accompagnato l'unificazione dei comandi militari egiziano, siriano e giordano. Ma l'essersi fatti strumento degli sporchi piani di Eden e Mollet e per di più in concomitanza con la rivolta d'Ungheria, appariva imperdonabile agli occhi delle sinistre. In Inghilterra, i laboristi Hugh Gaitskell e Herbert Morrison, che pure erano stati fino a quel momento assai critici nei confronti di Nasser, furono violentissimi contro quell'avventura. E così anche l'ex presidente del Consiglio francese Pierre Mendès-France. A Parigi Jean-Paul Sartre che proprio in quel momento, a seguito delle ■ vicenfe'ungneres$^tà~-' va rompendo col pcf si- dichiarò scdndtittzz'dlò cTié gli israeliani avessero agito in combutta con Eden e Mollet. Albert Camus. Jean-Marie Domenach, Edgar Morin e Marguerite Duras chiesero che in una manifestazione per i caduti di Budapest fossero ricordati anclie quelli di Suez. In Italia Elio Vittorini e Franco Fortini firmarono un manifesto di solidarietà agli insorti magiari solo a condizione che la protesta fosse estesa anche contro l'aggressione all'Egitto. I dirigenti comunisti francesi e italiani affermano in quei giorni che l'atto di guer- ra nel Sinai e contro Suez è la riprova dell'esistenza di un piano imperialista d'aggressione ai Paesi «non capitalisti» già denunciato dall'Urss per spiegare gli eventi d'Ungheria. Pietro Nenni, pur polemizzando con Emilio Lussu ■che si arrampica sugli specchi dell'equivalenza Budapest-Suez», decide poi di devolvere i quattordici milioni del premio Stalin non solo agli orfani d'Ungheria ma anche a quelli egiziani. pria libertà e la propria indipendenza». Fino a quell'autunno del '56 tra sinistre e Israele era stato l'idillio. «In particolare il flirt era con il partito comunista», osserva Luciano Tas che all'evoluzione di questo flirt anni fa ha dedicato un saggio. «Il rovesciamento del giudizio dei comunisti, continua Tas, avverrà solo dopo la Guerra dei sei giorni del giugno 1967. Ma le prime fratture e divergenze si verificarono appunto trent'anni. ia». Anche se.nel '56 si restò ben lontani dalle punte di asprezza tipiche del dopo '67. Ansi. secondo-Marco Paganoni, autore del recente libro Dimenticare Amalek che si occupa di questi temi, «nel '56, pur tra i primi tentennamenti della sterzata che si profila ormai prossima, il quotidiano del pei difende ancora Israele scindendo recisamente le sue responsabilità da quelle di Francia e Gran Bretagna nella crisi di Suez». Ma cosa era stata questa difesa d'Israele da parte del pei prima del '56? Fino alla metà degli Anni Cinquanta per 1 Unità Israele era un Paese «eroico» a cui andava un appoggio incondizionato mentre gli arabi erano guardati con occhio ostile. Abdullah di Transgiordania veniva definito «potenziale Hitler del Medio Oriente»; il Gran Muftì di Gerusalemme «un vecchio arnese nazista»; gli uomini politici egiziani Sala Pascià Harb. Ali Maher Pascià, Aziz El Masry, erano «un filonazista», un «vecchio amico di Hitler, Franco e Mussolini», un «simpatizzante di Rommel». Nel '48 1 Unità scrive die gli arabi scatenano in Medio Oriente «una campagna di antisemitismo e incitamento al pogrom»'; a più riprese raccolta die le loro truppe «muovono all'assalto con urla selvagge» e sono guidate oltreché da agenti inglesi da «uomini di Rommel». Quando nel settembre del '48 la banda Stern uccide a Gerusalemme il mediatore dell'Onu Folke Bernadolte. il giornale comunista con un eccesso di generosità insinua che si sia trattato di «una congiura contro lo Stato ebraico per gettare discredito su Israele». Al cospetto di Nasser. la musica non cambia. Il raiss dell'Egitto è un «megalomane», un «dittatore fascista». L'attentato contro di lui dell'ottobre '54 «ha avuto, per le circostanze in cui si è svolto, aspetti cosi grotteschi da far dubitare che si sia trattato di una cosa seria». E quando ai primi del '55 si svolge al Cairo il processo contro gli agenti israeliani implicati nell'affare Lavon (travestiti da arabi sabotavano basi britanniclie per far degenerare i rapporti tra Inghilterra e Egitto), tale processo viene definito come «uno degli episodi più gravi della campagna antisionista scatenata dal governo Nasser». (in del «complotto dei medici ebrei», per una breve stagione 1 Unità scopre che lo Stato ebraico è una «pupilla di Wall Street» e che esiste un nesso tra «imperialismo e sionismo». Ma la vera svolta avverrà a metà '55 quando Nasser, dopo aver preso parte alla conferenza dei non allineali di Bandung. annuncia un viaggio in Unione Sovietica e conclude poi un accordo con la Cecoslovacchia per ricevere armi in cambio di cotone. Da quel momento Israele diventa «lo Stato più potente della regione grazie alle armi fornitegli dagli angloamericani», Ben Gurion un • reazionario», senza però che ci sia ancora una condanna definitiva. «Erano passati pochi anni dalla presa di coscienza dell'olocausto», racconta Fausto Coen che all'epoca dirigeva il quotidiano filocomunista romano Paese sera, «e questo pesava ancora a favore di Israele. E' vero che dopo la guerra di Suez i giornali di sinistra cominciarono a guardare ai Paesi arabi con minore ostilità, anzi con simpatia. Ma senza demonizzazioni dello Stato ebraico». Demonizzazioni che iniziarono nel dicembre del 1957 con la pubblicazione sulla rivista sovietica Affari internazionali di un saggio dal titolo Gli intrighi imperiali e la politica di Israele ed ebbero una seconda importante tappa con l'articolo II sionismo: una maschera per le spie, pubblicato dalla rivista dei sindacati dell'Urss nel 1962. Ma che negli anni tra il '56 e il '67, a conferma dei ricordi di Coen, ebbe scarsa eco sui giornali della sinistra occidentale. «Fu poi con la Guerra dei sei giorni, continua Coen. che nel pei e più in generale nella sinistra prevalse quella posizione violentemente e pregiudizialmente antiisraeliana che. a mio avviso, spalancava le porte all'antisemitismo. E per protestare contro tutto questo nell'estate del '67 lasciai la direzione di Paese sera,,. Cosi quella dir nel '56 era stata una prima incrinatura, undici anni dopo diverrà rottura irreparabile. Paolo Mieli y N Nasser, Ktlen e Ben Gurion in una caricatura di Irvine sulla guerra del Canale di Sue/ (Copyright N.Y. Review o( Books. Opera Mundi e por l'Italia .la Stanila-1