I chicanos, quasi un'altra America

I chicanos, quasi un'altra America Cresce e si diffonde il gruppo ispanico: con 17 milioni di immigrati è, dopo quello nero, il più numeroso del Paese I chicanos, quasi un'altra America Una nuova legge dovrebbe regolarizzare la posizione di 5 milioni di «clandestini»: provengono in maggioranza dall'America Latina L'invasione preoccupa i bianchi anglosassoni che temono la formazione di lobbies al Congresso - Gli eterni pregiudizi degli «anglos» DAL NOSTRO CORRISPONDENTE WASHINGTON — Quando è passata la legge sull'immigrazione, che concede la residenza, primo passo verso la cittadinanza, agli stranieri che vivono clandestinamente negli Stati Uniti da prima del gennaio 1982, William Matley, dell'Ufficio censimento, si è messo le mani nei pochi capelli rimastigli. Secondo i suoi calcoli, gli immigrati illegali negli Usa sono almeno 5 milioni, nella grande maggioranza provenienti dall'America Latina, e la loro inclusione nei registri dell'anagrafe sconvolgerà tutte le statistiche. .Dovremo ricominciare daccapo*, ha dichiarato Matley riferendosi al conteggio delle etnie. La sua previsione: dopo quello nero, il gruppo ispano-americano risulterà il più numeroso del Paese: 'Erano 17 milioni e mezzo l'anno scorso, il 7 per cento circa della popolazione: l'anno venturo arriveranno a 22 milioni, forse di più-. Il funzionario dell'Ufficio censimento è convinto che bisognerà rivedere anche le proiezioni per il 2020, un anno individuato per programmare i cambiamenti delle strutture sociali, scuole, ospedali e via seguito. -Pensavamo che nel 2020 gli ispa no-americani sarebbero stati 36-37 milioni, il 12 per cento della popolazione-, ha detto Matley. -Ci sbagliavamo: il loro maggiore tasso di natalità, la maggiore crescita della loro immigrazione rispetto a quella delle altre minoranze mi fanno credere che ci avvi cineremo ai 45-50 milioni, a meno che il Congresso non ordini la chiusura dei confinì. Sarà la dimensione di uno Stato europeo popoloso-. Sarà anche il più massiccio afflusso di stranieri della storia Usa, pur cosi ricca di ondate immigratorie, che metterà a dura prova il mito dell'America crogiolo delle raz ze. Più ancora che l'invasione giapponese — che è però commerciale e tecnologica è l'invasione ispano-americana — culturale e fisica — a preoccupare non soltanto 1 wasps-, i bianchi anglosassoni e protestanti che rivendicano la paternità degli Usa, ma altresì tutti coloro che gli si sono allineati. La spagnoIlla comporta valori assai diversi da quelli ereditati dall'Inghilterra o dal calvinismo: dalla religione — la cattolica — alla lingua, alla forte resistenza all'assimilazione del costume «yankee». Philip Martin, un economista dell'università della California, ritiene che per la prima volta gli Stati Uniti dovranno scendere a patti «con degli stranieri.. E cita il caso delle città parzialmente bilingui, come Los Angeles, ricettacolo dei messicani, Miami, «l'altra Cuba., oggi una sorta di Zurigo del vicino Centro America, e persino New York, affollata dai portoricani. Ufficialmente, su 600 mila immigrati circa all'anno gli ispano-americani sono il 40 per cento, un po' meno degli asiatici, il gruppo più aggressivo e di maggior successo. Ma con l'immigrazione clandestina — la frontiera col Messico è una delle più lunghe del mondo, 3500 km, e praticamente incontrollabile — la loro percentuale si raddoppia. Essi formano potenti lobbies al Congresso e nei sindacati, controllano molte amministrazioni comunali e provinciali, e qualche governatorato, tipo quello del Nuovo Messico. Ormai, alle elezioni, il loro voto è corteggiato quanto e più di quello nero: non è impensabile che un giorno il presidente degli Stati Uniti abbia un nome come Alvarez o Rodriguez, «Fritz» Mondale, il candidato democratico alla Casa Bianca nell'84, prima di scegliere una donna per compagna di cordata, Geraldlne Ferraro, pensò a lungo a un ispanoamericano. L'economista Martin sostiene comunque che l'etnia è assai lontana dal potere. Ne paragona la condizione non a quella nera, che rimane oggetto di discriminazioni, ma a quella italiana di prima della guerra. -Sovente, gli ispanoamericani formano una sorta di sottoproletariato-, dice Martin. -In quanto ultimi venuti, devono adattarsi ai lavori rifiutati dagli altri e mal retribuiti. Contro di essi, esiste talora un triste pregiudizio: si reputa ad esempio che la nuova mafia parli spagnolo, come dimostrano i film di Hollywood-. A Los Angeles, nei loro confronti si usa un termine quasi spregiativo, «chicanos», non dissimile dal «dagos» impiegato una volta contro gli italiani. -A torto o ragione, molti americani percepiscono la spagnolità come antipatriottismo- conclude l'economista. -Non ammetto¬ no che si possa lavorare divertirsi vivere sema conoscere l'inglese-, L'Invasione neo-spagnola degli Stati Uniti è un fenomeno recente. Nel '50, gli ispano-americani erano si e no 4 milioni, concentrati nel Texas e nella California. Molti si sentivano in America solo di passaggio, come l'idei Castro, che studiò medicina ad Harvard, presso Boston, e abitò nella 46' strada a Manhattan. Adesso invece vengo¬ no per restare, e si estendono fino al Colorado e il Connecticut: il loro centro culturale è a Union City nel New Jersey, di fronte a New York, dall'altra parte del fiume Hudson, dove sorge la loro televisione, Sin, e dove si annidano i loro gruppi rivoluzionari di destra e di sinistra. L'immigrazione è esplosa dieci anni fa: un quarto di essi e entrato negli Stati Uniti dopo il '75, attratto dal miraggio della ricchezza e della fama. Gli ispano-americani fanno un fascio di tutte le altre etnie, chiamandole gene ricamente «anglos». Il sondaggio d'opinione Yankelovich ha accertato che i discendenti degli spagnoli sono giovanissimi — l'età media è di 23 anni — e appartenenti a famiglie numerose, per oltre la metà più di 4 persone. Ha aggiunto che di questo passo, nel 2000 circa, se si alleassero agli asiatici, metterebbero gli «anglos» in minoranza in Stati come la California. Ma il sondaggio Yankelovich ha anche evidenziato che gli ispano-americani non formano affatto il blocco granitico di cui si favoleggia tra i «wasps» della costa nord-occidentale: al contrario, sono divisi dalle nazionalità e dalle classi, non di rado in conflitto tra di loro. I meno fortunati hanno riprodotto nelle metropoli Usa i «barrios» nativi, ghetti al cui paragone Harlem o i South Bronx a Manhattan possono apparire tollerabili: i privilegiati si sono arroccati nei quartieri alti, come i Rockefeller e 1 miliardari ebrei. Il gruppo è quello in più rapida espansione, non solo oggi, ma nella bisecolare vicenda americana. La cosiddetta «cintura del sole», la parte meridionale degli Stati Uniti, contrapposta da sempre alla «cintura della ruggine», la più industrializzata, a Nord, ha perso la sua identità anglosassone. Miami è ispanica per il 64 per cento, il Nuovo Messico lo è per il 36 per cento. Quando il governatore dello Stato di Michoacan, nel Messico vero e proprio, condusse la campagna elettorale, pensò bene di tenere comizi anche oltre confine, in territorio Usa. La «success story». il trionfo dell'immigrato, riempie le prime pagine anche dei giornali in lingua inglese: non è un caso che nella provincia di Dade, in Florida, la media del reddito delle famiglie cubane sia di 25 mila dollari annui, superiore a quella nazionale. Il sondaggio Yankelovich ha concluso che il pregiudizio contro gli ispano-americani è • tanto diffuso quanto privo di fondamento-. La piaga della droga ha reso invisa agli «anglos» la nuova immigrazione: la cocaina proviene in massima parte dalla Bolivia, dalla Colombia e dal Perù, la marijuana dal Messico, e nel le testa della gente si forma l'opinione che tutti i nuovi venuti siano «narcotraficantes». -C'è poi la fola che non lavorino, e rimandino sempre a "mariana" o indulgano nella "siesta", o ignorino l'igiene-, dice Philip Martin. Dà fastidio infine il «machismo», il maschilismo, quel trattare le donne da esseri inferiori da un lato, e quel corteggiarle selvaggiamente dall'altro, secondo lo stereotipo dell'amante latino, tutto letto e chitarra. In realtà, ha ammonito Yankevolich, quando abbiamo chiesto agli uomini ispano-americani di definire la mascolinità. il 54 per cento ci ha risposto che consiste -nel provvedere alla moglie e alla famiglia- : solo il 33 per cento di tutti gli altri gruppi ha risposto in modo analogo. Martin osserva che la superpotenza ha sempre mantenuto un atteggiamento ambiguo verso gli immigrati. Cita un accademico a cavallo del secolo, Edward Ross, che li chiamava -uomini sconfitti di razze sconfitte, che rappresentano il fallimento peggiore nella lotta per la vita-. A Ross, una figura molto rispettata del suo tempo, gli ebrei apparivano -deboli, scarsamente muscolosi-, e gli italiani «con la fronte bassa, la bocca aperta, il mento molle, i lineamenti rozzi, il cranio irregolare, le spalle curve... incapaci di prendersi razionalmente cura di se stessi-. Ennio Carette INVITO A CENA ALLA CASA BIANCA Washington. Il Presidente e Nancy Reagan hanno appena dato il benvenuto al cancelliere tedesco Helmut Kohl e alla moglie Hannelore, giunti alla Casa Bianca per la cena data in loro onore durante la visita ufficiale negli Stati Uniti (Tel. Ap)