Quel fante di Omaha Beach

Quel fante di Omaha Beach PERCHE' EUROPEI E AMERICANI NON SI CAPISCONO Quel fante di Omaha Beach Europei e americani: che cosa li unisce e che cosa li divide? E' l'argomento di un pamphlet che Ernesto Galli della Loggia ha scritto, cercando nella storia politica e sociale del due continenti le ragioni di reciproche incomprensioni e sospetti. Lettera agli amici americani (ed. Mondadori) sarà in libreria il 28 ottobre. Ne pubblichiamo un brano. L'accordo fra parole c fatti, il far derivare immediatamente delle conseguenze pratiche da un principio astratto, a noi Europei non piace. Più che altro ci lascia sospettosi, diffidenti. Come negarlo? l'Europa non ama la coerenza. Eccola la parola-chiave, la parola fatale dei nostri rapporti: coerenza. Quante centinaia di volte ci avete accusato di non essere coerenti, di volere e non volere, di volere i fini, ma non i mezzi necessari a raggiungerli? Avreste forse voluto adoperare altre parole che vi venivano più immediatamente alle labbra, ma insomma, alla fine vi ldedcaltnfnespete dovuti limitare a quella, Eppure, a un accusa del genere li nthncM e- li tini c*mt-tit<-*» la risposta è la più semplice che si possa immaginare (peccato che nessuno — suppongo — o ben pochi Europei abbiano mai avuto il coraggio di darvela): «Certo che siamo incoerenti. E cos'altro potremmo essere con la nostra storia?». E' proprio cosi. Tutto quello che ho detto finora a proposito del machiavellismo e dell'ideologia serve a spiegare in buona parte anche quella che potrebbe definirsi la pro- " I pensione europea all'incoerai-1 za. Ma cè un altro elemento altrettanto importante e che invece, quando parliamo di «mentalità politica americana» e di «mentalità politica europea» tendiamo a dimenticare completamente: il fatto cioè che mentre l'America esiste viceversa l'Europa non esiste. L'America è gli Stati Uniti un solo Stato; l'Europa invece è una molteplicità di Stati. r ,. . ■'"'■Hfirhódo europeo<a pensarella politica e di farla è stato se- °ffiSt6"iH profondità' da questa frammentazione spaziale del suo retroterra storico concreto, idealmente rafforzato, tra l'ai tro, da un'analoga e forse an- lr° . ' ne maggiore frammentazione .interna, sociale, nonché da tutta una serie di contrapposizioni duali di fortissimo valore ideologico-simbolico (Oriente/Occidente, terra/mare, papato/impero, città/campagna fino a quella successiva al 1517 tra Vecchio e Nuovo Te stamento) nessuna delle quali ha, invece, la minima incidenza nelle vicende degli Uniti. Stati In un certo senso, dunque, è come se questa frammenta- zionc e questa dislocazione strutturale e ideale, con tanta insistenza suggerita dal conte- sto storico, si fosse incorporata nella mentalità degli Europei, fosse divenuta una matrice quasi irriflessa del loro pensa- re politico: una cosa, ma an- che subito il suo contrario, Quella che si dice la doppiezza, appunto. Ma se è vero che l'Europa moderna è stata caratterizzata da una quasi perenne ostilità tra le sue parti (com'è proprio degli universi frantumati per linee di contrapposizione), è anche vero che contemporaneamente, a bilanciare quell'ostilità, v'era poi un elemento del tutto opposto. L'Europa era una terra di hostes infatti, ma insieme di altissimo livello di comunicazione tra i diversi campi, grazie alla presenza di alcune strutture sociali per loro natura essenzialmente transnazionali. Fino a quando non hanno fatto comparsa la furia plebeo-barbarica dei duci nazional-fascisti e la cruda estraneità del bolscevismo russo, fintanto, vale a dire, che l'antica febbre ideologica non prese l'andamento convulso del delirio, fino a quel punto la presenza dell'organizzazione cristiana (di quella cattolica in particolare), dell'aristocrazia, dei legami tra i vari ceppi del le case regnanti, del circuito dei dotti e poi degli intellettuali, e, infine, dell'alta finanza (con la sua forte componente ebraica), assicurò comunque dei terreni d'incontro, delle possibilità agevoli di dialogare e di trattare. Da ultimo, l'invenzione di un diritto internazionale affidato diplomazia," che era" una" sorta di cpitomc sodale di tutti . ■* •>-'■' "m quei gruppi, fece il resto. oe e a o- npQuesta lunga storia ha sedimentato atteggiamenti e inclinazioni che durano in qual- . che modo ancora oggi. Ecco cperché noi europei sembriamo vessere sempre così propensi a l" I quella che voi chiamate incoe- fli-1 £~ Potse ]o è pure, ma di| Ao . , i . i. ' e di » oe oè e e. certo é anche qualcos'altro: ccredi di contristi feroci e figli ddella sconfitta cristiana, tutta- pvia (o invece proprio per que- psto, a guisa di controveleno?) scrediamo nella duttilità e nel bcompromesso, ci <siamo con- dvinti che «ci si può mettere sem- spre d'accordo», che le parole non pregiudicano e non determinano mai nulla, perché le i ce parole sono solo parole. rel-r - e- svcSenza contare che in Euro- pavi è stata sempre una pane | ta Pak, „ „ V a-' . el debole, a fare d. ncces- sita virru, a mostrarsi duttile e a piegarsi al compromesso, Poi, a un tratto, l'intera Euro- o, i n- ' pa si è trovata nella condizio¬ ne | £ d; ^ £, ^ tore nana al e ali nche tutto è cambiato, che tutto ha cominciato a sembrare (e in buona misura a essere) solo incoerenza Agli Stati Uniti, invece, la condizione di parte debole non è mai tocca- ta Voi vi siete sempre potuti pagare il piacere della coeren- za; e anche quando non lo ati avctc fatt0' pctché 11 prCZZ0 vi sembrava troppo alto (è sue- cesso, è successo...), pet vostra fortuna non c'era nessuno che potesse rimprovcrarvelo. Una spinta politica che ha potentemente del religioso, e un'esperienza statale mai ob- ue, bligata a compromessi di sorta- ta, vi hanno dunque reso eoene tenti. In più, la natura e il nta progresso vi hanno fornito i te- mezzi per manifestarla, questa ata coerenza a sfondo religioso, ei, nel modo classico, inevitabile ce (perché richiesto dalle circosa- stanze del mondo) in cui essa an- non può non manifestarsi: io, cioè nell'impiego della forza ezAvevo pensato di parlare di questo argomento più avanti, pa a proposito del ruolo politico ata mondiale degli Stati Uniti. Lo ità faccio adesso, invece, perché rio in un certo senso l'impiego per dclla forza finisce per contrad- dire e quasi distruggere agli occhi esopei (ma non solo, . r • , sospetto) quell intimo legame con un ispirazione religiosa che pure tanti aspetti dclla vo- stra immagine e del vostro modo d'intendere la politica suggeriscono. La incrinano e la contraddicono non perché tra la dimensione della religio- ne e quella della forza non possa esservi rapporto, che anzi è semmai vero il contra- i a e i e o . e e a. rio: tutte le grandi fedi mono- teistiche, infatti, sono state grandì matrici e strumenti di guerre, di espansioni, di con- quiste. La incrinano e la contraddicono perché la vostra forza si presenta sotto una straripante veste tecnica. La contraddizione non è tra la forza, tra il suo impiego, c l'ispirazione religiosa; è tra la tecnica al servizio della forza e lo sfondo etico-religioso dclla forza. Spinta a quel grado a cui voi siete riusciti a portarla ncl campo degli strumenti mi- litari, la tecnica ha l'effetto di disanimare la forza, cioè di to- glierlc ogni anima, ogni so- anza che la trascenda, in parcolare di cancellare senza riedio dal suo orizzonte qualasi traccia di quel carattere cro che l'umanità tende da mpre a considerare inerente la forza e alla violenza. C'è bisogno d'un volto, uno sguardo, c'è bisogno del rotagonista umano, perché alla forza possa tralucere n'anima, un'ispirazione. E inece l'ultimo volto d'uomo he l'Europa riesce a connettee alla forza americana risale rmai a più di quaranta anni a. E' il volto di un fante della Vcntinovesima Divisione deli Stati Uniti che, scmisommerso dall'acqua, gli occhi travolti dallo sforzo, arranca isperatamente verso Omaha Beach, in Normandia. Poi, ome se si aprisse un vuoto. Già allora peraltro, all'epoa della seconda guerra mon iale, cominciò a stamparvisi ddosso — anche per effetto ella propaganda nazifascista , più sottilmente, di quella ovietico-comunista — l'immagine di una forza, di un sercito, che vince senza com¬ attaci'le cui'vittoìici quindi, non possiedono in certo senso • una piena legittimità. Poco o nulla sapevamo noi Europei d: quel che stava accadendo nei grandi arcipelaghi del Pacifico. gnoravamo che ventitremila marines morti o feriti per con qui stare un isolotto di ventu chilometri quadrati nome Iwo Jima avrebbero ben potuto vantarsi di fronte chiunque, con i versi di Mei ville, della «lotta che sostenne a nostra bandiera contro il flusso potente / e_ la portò chlemdamSsudruscmsotemcmvropqmadtntgddpSdnbzgcfiAno al" mattino». Tutto"quel che vedevamo, invece, erano da un lato i generali americani preoccuparsi di risparmiare il più possibile le vite dei loro soldati, scatenando terribi': bombardamenti preliminari, dall'altro le nostre città rase al suolo. G auguravamo la vo stra vittoria, ma in molti trovavamo da ridire sul modo i: cui la stavate ottenendo. Un altro : tipico caso d'incoerenza europea, probabilmente, Ma 'dopotutto chi- avrebbe TT potuto rimproverarvi? E chi oggi lo potrebbe? Al vostro posto chiunque farebbe stesso: chiunque, probab mente, avrebbe scaraventato migliaia di elicotteri e di B52 sul Vietnam (peccato che mi litarmente sia stato disastroso), o nell'aprile scorso avreb be' colpito Tripoli e Bcngasi con un'incursione notturna dal cicl0. I russi non si comporta n0 cCtt0 diversamente i Afghanistan. Ciò non togl cne per un simile impiego dclla forza siatc costtctti a Pa" gate un prezzo che agli occhi di molti annulla buona parte di ogni possibile motivazione ideale, di ogni retroterra etico che pure possa esservi dietro \% vostra azione. Perché si tratta di una forza senza attori che si dispiega «mantenendo le distanze», per così dire; in maniera chirurgica. Non è la forza dei soldati, dei marinai o degli aviatori americani: è solo la forza degli Stati Uniti. E' un po' quel che succede con Israele, ma con la differenza che Israele, lo sanno rutti, rimane sempre un minuscolo Paese di quattro milioni abitanti circondato da nemici. Gli Stati Uniti, invece, sono la più forte nazione della terra: che mostrino la loro forè solo scontato, mentre è maledettamente difficile che ciò aggiunga qualcosa all'im maginc degli ideali e delle virtù che animano la loro coerenza. Naturalmente è fin troppo ovvio osservare che gli Europei che fanno discorsi come questo non capiscono che l'America è un Paese dove la vita anche di un solo soldato può diventare una faccenda di Stato, un Paese dove non è per nulla facile convincere a farsi tranquillamente ammazzare gente che in men che non si dica può inondare di migliaia di lettere inferocite il suo rap presentante alla Camera o al Senato, e che per farsi sentire dispone di giornali e televisioni implacabili nel rivedere le bucce all'amministrazione senza guardare in faccia nessuno, generali, ministri o presidenti che siano. In altre parole, è fin troppo ovvio osservare che 'America è una democrazia. Il problema, come vedete torna sempre allo stesso pun to. Gli Europei o non capisco no o non accettano (più spesso le due cose insieme) modo in cui l'America è una democrazia, il volto americano della democrazia Cè qualcosa in quel volto che li disturba li inquieta. Qualcosa che feri sce aloni tratti fondamenta! del loro immaginario sociale gerarchie simboliche, scale dì valori, stereotipi antichissimi che Sono verniti formando consistenza storica dei popol europei e della loro rappresen fazione di una collettività. La società nata e sviluppatasi ol tre Atlantico è percepita come una minaccia a questo retroterra oscuro, all'idea, in buon: parte inconscia, che lo spirito europeo è venuto formandosi nel corso del tempo di ciò che una società deve per forza essere. Non a caso sono stati sempre e prima di ogni altro gli intellettuali, cioè i custodi e gli elaboratori dell'idea che una società ha di se stessa, coloro che con più tenacia, forme talora reticenti e impal pabili, ma comunque al fondo decisissime, hanno manifestato il disdegno dell'Europa per l'America. E. Galli della Loggia

Persone citate: Ernesto Galli Della Loggia, Galli, Mei, Vecchio