Da grande farò il sindacalista di Ezio Mauro

n & % AH (à l'i PIO Da granii© fare il sindacalista Viaggio nella crisi delle organizzazioni sindacali: speranze e timori delle nuove leve n & % AH (à l'i PIO Da granii© fare il sindacalista I novizi hanno in media 32 anni, per T80 per cento sono maschi - Tra le molte difficoltà iniziali, anche l'incomprensione delle famiglie e degli amici - Trentin: «Teniamoli d'occhio, su di loro mi sento di scommettere» tOMA — Si può fare il sin-1ROMA — Si può fare il sin dacalista fino alle sei del venerdì sera, poi infilare le scarpe del rock acrobatico, radunare la squadra e partire per le balere del Bergamasco, dove verso le dieci l'orchestra la smette col Uscio, attacca il boogie. e cosi si comincia. Si può, ma è una specie di doppia vita, faticosa e pesante, assicura Piero Roncalli. 37 anni, ex insegnante, dal 1982 responsabile della formazione quadri alla Cgil lombarda: «So benissimo che qui dentro mi vedono come un compagno bravo e simpatico, ma un po' strano, mattacchione. Credono che quello del rock sia un pallino, e invece è una scelta consapevole e in un cèrto senso persino una testimoniamo. Perché io voglio far capire che il sindacato è importante, ma non è tutto. Insomma, io posso essere un bravo sindacalista, anche se il mio mondo non coincide con il mondo della Cgil: bello o brutto che sia, in regola con la tradizione oppure no, è mio, e io non ci rinuncio, voglio viverlo'. L'ultima leva è questa, sconosciuta, mimetizzata, ancora anonima. Cgil, Cisl e UH hanno appena incominciato a studiarla, scoprendo che il novizio ha trentadue anni in media, è maschio nell'80 per cento dei casi, diplomato quasi sempre, impiegato tre volte su dieci: la sua è una vocazione tardiva, convinta e testarda anche se spesso di- mezzata. perché il nuovo arrivato non accetta più di scambiare l'esperienza personale con l'appartenenza sindacale, confondendole e annullando la prima nella seconda, come voleva la tradizione. Insomma, ci sono tutti i caratteri — di novità, di rottura, di omogeneità — per parlare di una nuova generazione sindacale, che si sta facendo le ossa affacciandosi alla periferia della Cgil, stu oliando alla scuola quadri del la Cisl, arrampicandosi nella carriera TJil, e che domani uscirà allo scoperto. -Su questa gente, mi sento di scommettere — assicura Bruno Trentin —: hanno un buon bagaglio culturale, una domanda di specializzazione molto forte, e una carica notevole, se scelgono il sindacato in un momento in cui questo mestiere può dar ben poco in termini di status. Voglio dire: teniamoli d'occhio, perché la loro è una leva che promette bene». Tenerli d'occhio non è faci le. dispersi come sono tra le pieghe del mestiere, infilati dentro percorsi individuali, appesi a motivazioni personali, fatte di dubbi e ricerche, più che di certezze. L'ultimo arrivato, ad esempio, ha preso 11 treno ieri mattina da Ferrara per Aricela, dove c'è la scuola di formazione sindacale della Cgil, e prima ha spedito una lettera alla Móntedison, spiegando che rinunciava all'offerta di fare il ricercatore al Centro Himont per una ragione molto semplice: aveva deciso di trasformarsi in sindacalista a tempo pieno. -E' stata una decisione molto travagliata, ci ho pensato su più di sei mesi, quasi un intero anno — racconta adesso Beppe Ruzziconi, 30 anni —. Le ultime vicende non mi aiutavano certo a dire di sì alla Cgil. Il sindacato è diviso, debole, con una burocrazia interna che fa paura. Ma io ci credo. Cosi alla fine mi sono detto: andiamo dentro e vediamo cosa succede'. -Per me è stato più semplice — spiega Angela Cappuccini. 29 anni, che ha appena finito la scuola quadri della Cisl —. Venivo dall'Università, avevo la laurea, conoscevo le lìngue e la banca mi ha messo davanti a un terminale a batter tasti, mentre il sindacato ha utilizzato subito le mie competenze . e la mia voglia di fare. Prima c'è stata la soddisfazione del lavoro, poi è venuta la militanza, finché ho fatto il salto e ho lasciato il posto per la Cisl. Male che vada, ho pensato, anche nel sindacato si sopravvive, come in banca'. Il primo contatto con la crisi del sindacato, per la nuova leva, è al momento dell'ingresso, quando ci si scontra con gli amici, i parenti e i colleghi, che non capiscono più la scelta della militanza. -Mia moglie non voleva — ammette Ruzziconi — perché sa come lavorano i sindacalisti, e aveva paura di non vedermi più. E infatti, tanto per cominciare, eccomi per un mese qui ad Ariccia a fare il corso, lontano da casa'. «Gii amici che mi conoscono e condividono le mie scelte politiche mi hanno capito — aggiunge Raffaele Atti. 34 anni, segretario della Camera del lavoro a Ferrara — la famiglia no. E rimasta sconcertata davanti alla mia laurea in urbanistica inutilizzata, pensa alla professione tradita, all'occasione perduta'. -Ho ancora nelle orecchie i discorsi degli amici quando ho lasciato Venezia per venire al sindacato a Roma — racconta Gabriella Camozzi, 31 anni, dal 1985 segretaria nazionale dei tessili Uil —: ma perché? Chi te le fa fare? Ma sai dove vai? Io li capisco: in questi anni di yuppies, il lavr-o sindacale è controtendenza, perché non procura denaro, non dà successo, non fa fare carriera. Pochi oggi capiscono che si può diventare sindacalista semplicemente per una scelta di campo, politico-sociale. Gli altri scuotono la testa-. Poi c'è l'impatto con il lavoro e anche qui per i nuovi sindacalisti le cose sono più difficili che per la generazione precedente. Da Varese Simona Ghisaldl, 32 anni, parte ogni mattina in macchina per fare 11 giro delle 60 piccole aziende tessili della zona-laghi che la Filtea le ha assegnato. «Faccio 1800, 2 mila chilometri al mese, ma non è questa la fatica — spiega —. // fatto è che devi gestire non solo vertenze e rivendicazioni, ma cassa integrazione, riduzioni d'orario, cose senza speranza, che ti danno un senso di rabbia e d'impotenza. Questa è la parte dura, difficilissima, del mio mestiere'. 'Entri nel sindacato con una gran voglia di cambiare le cose — conferma alla Uil Angelo Coco, 27 anni, funzionario a Roma dal 1985 — poi la realtà ti fa capire che il sindacato è solo, e tutto il resto mortifica le tue attese. Ti telefonano i disoccupati, i licenziati, i ragazzi che non trovano una prospettiva e tu non sai che fare. Ti accorgi che se ieri il sindacato poteva difendere il lavoro, oggi deve cercarlo, inventarlo: 'Ripenso a me stesso, quando ero un giovane dirigente sindacale a Roma — riflette Ottaviano Del Turco —. Custodivo gelosamente le mìe prerogative, difendevo ogni vertenza che mi passava per le mani, perché volevo ohe ogni accordo portasse la mia firma, in quanto erano successi. Oggi, il Del Turco che sta allo stes¬ so mio posto di 1S anni fa so mio posto di 15 anni fa ha radicalmente cambiato atteggiamento, gestisce meno che può, cerca ogni volta di coinvolgere i piani alti del sindacato, per dividere i guaU. Però, intanto, la nuova leva è qui/Talvolta cerca dentro il sindacato pezzi di competenza nuovi, che non facevano parte del vecchio bagaglio' confederale. Spesso va a piazzarsi al confine estremo del mestiere, verso gli uffici studi e gli uffici stampa, dove pesa meno la burocrazia e conta di più la professionalità, cosi come la intende il mondo esterno, 11 mercato del lavoro. Quasi sempre, distingue tra il sindacato e 11 futuro. 'Oggi credo nell'impegno sociale e faccio questo lavoro — dice Gabriella Comazzi — Domani posso continuare, a credere nelle stesse cose, e fare un lavoro diverso: 'Appena laureata, ho deciso di collaborare con il sindacato — spiega Viviana Iacone, 33 anni, che lavora alla Firn di Milano — senza però diventare sindacalista. Do quel che mi sento di dare, controllo il mio tempo e le mie responsabilità, sono libera per domani. Ma oggi, sono qui: Quanto al futuro dell'ultima generazione sindacale, sembra scritto al neon sull'Insegna di quella balera dove Roncalli e 1 suoi rockettari cigiellini arrivano il venerdì sera. Parole da Tex Willer, più che da Luciano Lama: -Quien sabe?: Ezio Mauro

Luoghi citati: Ariccia, Ferrara, Milano, Roma, Varese, Venezia