Dibango e De Piscopo due Afriche in scena di Gabriele Ferraris

Dibango e De Piscopo ève Atmhe in scena Il concerto delle due star al Palasport di Torino Dibango e De Piscopo ève Atmhe in scena TORINO — La jam session finale, con Tullio De Piscopo scatenato dietro ai tamburi e Manu Dibango a cesellare note preziose al sax, è stata il momento magico della serata che al Palasport di Torino ha visto di fronte il batterista napoletano e il sassofonista del Camerun. Sulle note di Soul Makossa si è celebrato l'incontro fra due culture che in perfetta sintonia hanno creato quella situazione speciale che si chiama 'Concerto» e che non è la stanca ripetizione senza rischi e sorprese di un prodotto discografico. L'altra sera Manu Dibango e Tullio De Piscopo hanno rischiato e vinto con quasi quattro ore di musica davanti a duemila persone — circolavano anche biglietti falsi, indice sgradevole del successo di una manifestazione —, presente l'ambasciatore del Camerun. L'incontro avrà un seguito: nel futuro dei due protagonisti della lunga notte del Palasport c'è un disco e altri concerti insieme, forse anche in Africa. Intanto De Piscopo si occupa del lancio del suo ultimo 33 giri: s'intitola Drum Symphony, contiene uno dei temi più amati del batterista, il Dies Irae da Mozart, ed è la colonna sonora del Francesca è mia con Monica Vitti. Il megaconcerto nel segno dell'Africa s'è aperto con un'esibizione folcloristica — ma non 'turistica» — di danzatori e percussionisti del Camerun, i Génies Noires di Ngaiang Tchabong, il dj di colore che è stato l'anima della serata. Poi sul palco è salito Tullio De Piscopo con un ottetto che schierava alla chitarra l'eccellente Gigi Cifarelli e come voce maschile aveva Marcello Coleman: una splendida macchina al servizio 'dell'estro percussivo del leader. E De Piscopo ha fatto impazzire il pubblico ■ scegliendo, tra le tante corde del suo èssere musicista — jazz, rock, classica — quella che meglio si adattava alla serata: Radio Africa, per citare Vnp'jp» hrtmi che ^batterista fta\Xe^0tftiyai-3uoi fans. Àfrica''napoletana^ intendiamoci; un'Africa secondo De Piscopo che ricorda tanto Spaccanapoli. • Quando sono sfumate le ultime note del Dies Irae mozartiano trionfanti sull'assolo di batteria. De Piscopo ha chiamato sul palco anche Gigi Venegoni, chitarrista e guru del rock torinese, per un trascinante Stop Bayon che è diventato per tutti festa, allegria, danza: in una parola, concerto vero. Subito dopo è arrivato Di bango con la sua Soul Makossa Gang, il suo sax, la sua musica che rifiuta ogni eti¬ cPfftclbjaLsekrirn chetta. Manu Dibango vive a Parigi, si autodefinisce euroafricano, e quel che suona è il frutto di una situazione culturale nuova. I neri d'America hanno il jazz, gli africani la loro musica: quella di Dibango non è né Africa, né il jazz, ma l'espressione di un africano che vive in Europa. L'act del cinquantatreenne sassofonista è un viaggio emozionante fra raggae e souksous, jazz, salsa e rock, per riannodare i fili di una cultura nera dispersa fra tre continenti, tra i grattacieli di New York, le strade di Parigi, le città cresciute troppo in fretta della nuova Africa. Storie diverse che jn quella musica trovano una sintesi logica ed entusiasmante. Dibango è un intellettuale rigoroso, non ha l'odio viscerale di Miles Davis per i bianchi (A neri d'America hanno una storia diversa dalla nostra e quindi atteggiamenti diversi da noi», spiega), ma neanche sudditanze di nessun tipo. Il suo sax è la voce di un popolo che senza rinnegare il passato accetta la sfida dell'Occidente. Gabriele Ferraris