Olocausto a Berlino?

Olocausto a Berlino? Olocausto a Berlino? GIANNI VATTIMO La magistratura berlinese si sta occupando del caso di diciannove minorati psichici, persone tra j 14 e i 25 anni, in gran parte giovani donne, sottoposti a sterilizzazione forzata da un gruppo di medici che avrebbero agito con il consenso o su richiesta delle famiglie o dei tutori legali delle loro vittime. Come in molti altri Paesi, in Germania la sterilizzazione è punita dal codice come una lesione grave; negli anni passati, è stata praticata, per decisione dei tribunali, solo su alcuni condannati per crimini sessuali, e sempre con il consenso degli interessati. Non c'è dubbio che la mente corre immediatamente a Hitler, ai campi di sterminio, alla pratica dei nazisti di sterilizzare, e nei casi più gravi di sterminare, pazzi, minorati, malati incurabili o persone di razze considerate inferiori. Dobbiamo tuttavia, almeno fino a prova contraria, immaginare che i medici responsabili e le famiglie coinvolte abbiano preso la loro decisione anche con incertezza e strazio. Non possiamo presumere immediatamente che abbiano agito mossi da un'ideologia di tipo nazista. Per molti aspetti, il loro atto è paragonabile all'eutanasia, al fatto di provocare la morte di qualcuno che soffre senza speranza di guarigione. ■ E' sull'analogia e la differenza tra questo caso berlinese e l'eutanasia che conviene riflettere per provare a giudicare la questione al di fuori di troppe frettolose reazioni emotive. Ora, a noi pare che l'eutanasia debba essere moralmente, c anche legalmente, giustificata quando consegua a una libera scelta della persona interessata (per esempio, attraverso un «testamento biologi¬ co», con cui uno può decidere che, in certe condizioni di sofferenza estrema e di ingua-. ribilità, lo si potrà lasciar morire); e quando, comunque, sia motivata dal bene (per esempio, porre fine alla sofferenza) della persona stessa. Nel caso dei «minorati» di Berlino, mancava ovviamente il consenso libero degli interessati; ma, soprattutto, la decisione della sterilizzazione è stata presa non in vista del loro bene individuale di persone, bensì pei un interesse collettivo assai più vago e problematico. Ora, se è ammissibile che qualcuno liberamente decida di sacrificarsi per il bene della specie, della patria, della rivoluzione eccetera, non è (mai, crediamo) ammissibile che questa decisione sia presa, in vece sua, da altri. C'è dunque una differenza radicale tra il fatto di Berlino e altri casi solo apparentemente simili, come l'eutanasia, o per esempio l'aborto. Non vorremmo che questa vicenda venisse giocata polemicamente contro ogni atteggiamento che cerchi di disporre più liberamente della (propria) vita e morte: non è forse un caso che il primo giornale italiano a riportare con evidenza la notizia del fatto sia stato un quotidiano cattolico come t'Avvenire. Se le sterilizzazioni forzate di Berlino debbono essere condannate, ciò è appunto in nome del diritto di ciascuno a non essere sacrificato, per decisione di altri, a un interesse collettivo; ma per la stessa ragione, non si deve poter sacrificare l'individuo (per esempio, prolungandone inutilmente la sofferenza) a una problematica «legge di natura» che imponga la sopravvivenza a tutti i costi, anche al prezzo della sofferenza inutile e dell'infelicità.

Persone citate: Hitler

Luoghi citati: Berlino, Germania