Mina, splendori e miserie d'una Voce di Marinella Venegoni

Mina, splendori e miserie d'una Voce Sta per uscire il tradizionale album doppio, quest'anno intitolato «Sì Buana» Mina, splendori e miserie d'una Voce Un'occasione della memoria per tuffarsi nel passato - La parte migliore è quella dedicata a brani recenti o inediti - L'altro disco, con vecchi pezzi, sembra quasi vòglia colpire a morte i classici della canzone italiana Mina è come i pranzi di leva cosi magistralmente cantati da Paolo Conte nel Quarantennio-. Il suo disco arriva puntuale una volta l'anno, in un perìodo più o meno fisso, per motivi di vendita non troppo lontano dal Natale. Ed è sempre un'occasione della memoria per tuffarsi nel passato, per abbuffarsi e magari fare indigestione fra nostalgie, nouvelle cuisine e un po' di cattivo gusto. Il doppio album che uscirà fra qualche giorno s'intitola Sì Buana, titolo che non ha niente a che fare con le can- \ zoni che contiene. La voce di Mina si è scurita e abbrunata, conserva a lunghi tratti il suo fascino, qualche volta strappa tenerezza, qualche volta fa rabbia perché la si sente forzata, strapazzata piuttosto che curata come dovrebbe esser stato curato un tesoro cosi prezioso. La scelta del repertorio è duplice: da una parte vecchi successi, «classici», come ha appena registrato la Vanoni (addirittura, entrambe hanno inciso Ancora di MigliacciMattone, quella cantata da De Crescenzo, e la Vanoni surclassa l'antica rivale); dall'altra, brani recenti o inediti di compositori illustri o sconosciuti: ed è la parte più ricca, convincente e più adatta alla sue attuali capacità vocali. In assoluto, il meglio è Ritratto in bianco e nero di Jobim, parole italiane di Giorgio Calabrese, con il raffina¬ te pianoforte del vecchio e bravissimo Renato Sellani, tutta contenuta in un'atmosfera sospesa da glorioso night club: con L'altra metà di me dello sconosciuto Benda (sapori gustosi da Mina vecchia maniera) e con Ogni tanto è bello stare soli di Andrea Mingardi poeta misconosciuto, la canzone di Jòbim dà dignità e spessore a questa parte inedita di SI Buana. L'altra parte, cioè l'album di vecchi brani, sembra invece tradire una inconscia volontà della cantante di colpire a morte i classici della canzone italiana: martoriata Azzurro del grande Paolo Conte, tirata a «disco» come avrebbe fatto un ragazzino dieci anni fa; martoriata la voce, cui Mina tira la pelle in Bella senz'anima di Cocciante; martoriata la scelta, con l'inserimento di un brano cheap come Buonasera dottore, uno dei peggiori episodi della decadenza della canzone italiana negli Anni 70, allora eseguita da Claudia Mori, anche qui con accompagnamento di voce maschile recitante. E' ovvio che, nel mucchio, un paio di brani buoni si trovano: e sono i due di Baglioni, Picco/o grande amore e Tu come stai. Se Mina duetta piacevolmente con il vecchio, bravo, trascurato «negro bianco» Fausto Leali — e l'incontro tra le due voci fa di Via di qua un brano da ricordarci su un inverno — cade nella volgarità quando negreggia essa stessa in una Venus dai buoni arrangiamenti acidi, per biancheggiare poi senza convinzione in una improbabile Grease dei Bee Gees. Il talento della vocalità della cantante, non toccato dagli anni, si sciupa nella noia dei rifacimenti. Ma chi glieli ha fatti fare? Marinella Venegoni La voce di Mina conserva a tratti il suo fascino, qualche volta strappa tenerezza, qualche volta fa rabbia

Luoghi citati: Bee, Bella