Soyinka, tragico e beffardo cantore d'Africa di Claudio Gorlier

Soyinka, tragico e beffardo cantore <TAfrica UNO SCRITTORE RAFFINATO CONFRONTA TRADIZIONE ANCESTRALE E MODERNITÀ' EUROPEA Soyinka, tragico e beffardo cantore <TAfrica Era ora: l'Accademia Svedese si è ricordata dell'Africa, e va detto che lo ha fatto con coerenza c coraggiosa risolutezza. Wole Soyinka (il cui cognome si pronuncia addolcendo la esse come in «scena»), nigeriano dell'etnia yoruba, è indubbiamente figura di grande rilievo anche al di fuori dei confini del suo continente. Come sottolineava ironicamente in un'intervista concessa a chi scrive nel maggio scorso in occasione della sua venuta in Italia per il premio Grinzane Cavour ad Alba, Soyinka è figlio riluttante del colonialismo, ma anche protagonista intensamente impegnato delle vicende spesso tragiche del post-colonialismo, dei conflitti e degli scontri sia politici sia culturali che hanno lacerato la Nigeria, al punto di aver subito il carcere duro dal '67 al '69, come viene testimoniato dal suo diario di prigionia, The Man Died- Prison Notes, del '72 (per una felice coincidenza, il libro sta per uscire dalla Jaca Book con il titolo L'uomo è morto). L'opera di Soyinka, drammaturgo, narratore e poeta, scaturisce proprio da una serie di antinomie incessanti c al fondo irresolubili, senza contare la condizione primaria di io diviso che riguarda tutti gli uomini di lettere africani, i quali si esprimono in una lingua altra, o francese o inglese, paradossalmente la stessa im posta loro dai colonizzatori. Soyinka appartiene a un filone ben preciso de"a letteratura nigeriana di lingua inglese, in quanto la sua è una scelta per così dire colta, che filtra l'oralità vernacolare delle lingue locali rifiutando l'innesto tentato, supponiamo, da Amos Tutuola, altra personalità centrale della cultura della Nigeria: un tributo a una simile matrice, comùnque, emerge con chiarezza nella trascrizione inglese delle favole orali di Fagunwa, la cui versione italiana è apparsa abbastanza di recente da Mondadori con il titolo La foresta dei milie demoni. Intellettuale, accademico — ha al suo attivo saggi critici sottilmente articolati oltre alla e e a o — i a partecipazione a convegni shakespeariani, è stato'«Fellow» a Cambridge — Soyinka privilegia dichiaratamente il teatro: si rappresentano ormai sulle scene di tutto il mondo quelle che ci sembra ormai lecito definire tragedie. Qui si coglie il nocciolo di un'operazione complessa e originale, che comporta precisamente il recupero di un'autentica dimensione tragica, incentrata sul mito a a eo: e le eil ne he uoto e sull'evocazione religiosi The Read (La strada), dei '65; Death and the King's Horseman (La morte e il palafreniere del re) del '75, tanto per citare due testi capitali insieme ai precedente The Trial qf Brother Jero (Il processo di Fratello Jero, '60), incarnano la crisi quasi rituale di una società sostanzialmente malata, o se si vuole angosciata, nel suo confronto quasi lancinante tra passato ancestrale e presente antagonistico, gremito di interrogativi senza risposta," di lealtà soffocanti e di ipocrisie clamorose, ma in ogni modo fedele a categorie incuranti del tempo e soltanto intaccate dalla storia. Se, allora, Soyinka si affida a un linguaggio di grande rigore letterario, a una retorica drammatica di respiro quasi elisabettiano nelle sue scansioni ma innervata su diversi livelli di discorso, non meno che intessuta insieme di tensioni tragiche e di ironia persino beffarda, egli non consente una lettura in chiave riduttivamente occidentale. E infatti, la sua parola inglese si impadronisce deli-I crisi dell'individuo trasformandola in crisi della parola stessa intesa religiosamente come Verbo senza più certezze assolute e in Carne esposta alla corruzione: la successione di metafore riflette tra l'altro il dilemma tra il Cristianesimo dei conquistatori c la fede dei conquistati. La presenza rituale delle musiche africane, delle antiche liturgie, offre allo spettatore europeo un'emozione singolare, una forma inaspettata di straniamento, laddove lo spettatore africano vi trova rispecchiate le proprie verità, preziose, familiari eppure cariche di nuove inquietudini. Soyinka procede dunque come un equilibrista su! Filo sottile e teso di due culture che si affrontano e fatalmente si contaminano, ciò che gli "è stato rimproverato da qualche critico africano, ma in effetti senza mai abdicare ai valori africani più radicati. La sua ironia, la propensione alla sari ra talora aspra c amata, si devono alla sua inflessibile ricusazione di ogni indulgenza. E' il caso dei romanzi, The Interpreters (pubblicato esso pure da Jaca Book, Gli interpreti), del '65, di Season qf Anomy (ancora Jaka Book, Stagione di anomia) del '73, oltre all'autobiografico Aké: narrativa, si sarebbe detto un tempo, di conversazione, di dibattiti aspri e non sempre agevoli tra personaggi fortemente emblematici i quali, nella loro fisicità e nella loro funzione di maschere, esprimono il disagio intenso tra rivolta e acculturazione, tra compromesso e rifiuto, poli interni di una stessa dialettica caratteristicamente africana ma, nella sostanza, universale. Come Soyinka ribadisce in una sua poesia di A Shuttle in the Crypt (La spola mila cripta), del '72, non esistono confini tra verità e finzione, né una può sovrapporsi sull'altra. L'uomo è morto fornisce in una simile prospettiva una testimonianza tanto agghiacciante quanto lucidamente profetica. Non a caso si è fatto il nome di Gramsci a proposito di questo libro che, nell'intcrvisra di cui si parlava prima, Soyinka definiva come una serie di mattoni posti assieme a significare la sua stessa esistenza. Il prigioniero riferisce con naturale stoicismo delle sue vicende, non si abbandona mai a un'implorazione di pietà, ma con dererminazione assoluta progetta il proprio futuro, e si tratta di un futuro di cosciente creatività, dove ancora una volta la parola as sume un peso decisivo. Troviamo qui la conferma della partecipazione di Soyinka e della sua ricerca di distanziamento, di relazione tra presa di coscienza individuale pubblicamente espressa con il prezzo che essa comporta, e progettualità creativa perseguita senza alcun compromessa Trasfigurazione mitica e partecipazione alla storia coesistono ma salvaguardano la loro autonomia, in parallelo con il ricorso ai modelli europei riplasmati nel contesto africano: pensiamo alla libera rielaborazione della brechtiana Opera da tre soldi in Opera Wonyosi o all'adattamento dalle Baccanti di Euripide. Persino nei momenti più tormentati del suo impegno di intellettuale africano, Soyinka rivendica con straordinaria consapevolezza i diritti irrinunciabili dell'immaginario. Claudio Gorlier Parigi. Il drammaturgo e poeta nigeriano Wole Soyinka, poco dopo aver saputo la notizia del Nobel

Luoghi citati: Africa, Alba, Cambridge ? Soyinka, Grinzane Cavour, Italia, Nigeria, Parigi