Mezzo secolo di scuola torinese

Mezzo setolo di scuola torinese Mezzo setolo di scuola torinese Quattro premi Nobel sui 5 che onorano la Medicina italiana si sono formati nella nostra Università - «Non sono fiori sbocciati nel deserto, ma frutto di un vivaio ancora ricco», afferma Guido Filogamo, che lavorò accanto a Rita Levi Montalcini - Nel dopoguerra gli studenti erano un centinaio, oggi sono seimila - Nel frattempo, Io spazio e le strutture non sono cambiati Tra i cinque Premi Nobel per la Medicina che onorano il nostro Paese, quattro hanno consacrato scienziati d'origine o di formazione torinese. Primo in ordine di tempo, Camillo Golgi (1906) che, nell'Istituto di patologia generale, scopri la «reazione nera-. Secondo, Salvatore Luna ('69), Nobel per le sue ricerche sui batteriofagi. terzo, Renato Dulbecco C75). scopritore degli -oncogeni»: infine, Rita Levi Montalcini. Quattro biglietti da visita che se danno lustro al nostro ateneo, testimoniano la non casualità dei riconoscimenti e confermano la validità di una -scuola torinese, stimata forse più all'estero che in ambito nazionale. Ma la nostra Facoltà di Medicina e la nostra Università in tutte le sue articolazioni sono ancora un vivaio di -teste d'uovo-, possiedono ancora risorse umane, strutture, mezzi per alimentare la -riserva di scienza» accumulata nei 581 anni di vita? Il prof. Guido Filogamo, da 40 anni docente e da 2 preside a Medicina, è uno dei pochi professori ancora in attività che hanno lavorato a fianco di Rita Levi Montale! ni prima che la ricercatrice si trasferisse (1947) negli Stati Uniti. Dirige proprio il dipartimento (ex istituto) di anatomia dove operarono sia Lu ria, sia Dulbecco sia la ..Rita come familiarmente chiama la neo vincitrice del Nobel. •/ nostri quattro Nobel non sono fiori sbocciati nel deserto — osserva il preside, fra tello del noto ex presentatore Nunzio e di un campione del mondo e olimpionico di scherma, Carlo — . Luria, Dulbecco e Rita sono gli allie- l'i di quel grande maestro che fu Giuseppe Levi. Soltanto chi l'Ila conosciuto sa che cosa ha rappresentato questo scienziato nell'istillare l'amore e il metodo della ricerca'. Ma esistono ancora altri maestri e altre scuole cosi prestigiosi? -Ci sono i cervelli, manca l'organizzazione del lavoro — constata non senza rammarico il prof. Filogamo —. Chi vuol fare ricerca ad alto livello deve oggi recarsi negli Stati Uniti, rimanere anni oltre oceano. Abbiamo decine di nostri laureati che hanno scelto i laboratori americani per perfezionare gli studi. Quando tornano, spesso non trovano lavoro, costretti a sopravvivere fa¬ cendo endovenose. Come possono dedicarsi a tempo pieno alla ricerca, al lavoro di gruppo? Non deve meravigliare se continuiamo a esportare cervelli, una delle poche materie prime che l'Italia può vantare-. Per non parlare dell'Insufficienza di aule, laboratori, personale. ../li tempi della Levi Montalcini nella nostra Facoltà operavano una dozzina di docenti con poco più di un centinaio di studenti. Oggi vi sono' duecento professori e 6 mila iscritti, ma le strutture sono pressoché le stesse. Certo abbiamo più apparecchi e strumenti sofisticati, ma non un numero di tecnici in grado \di farli funzionare a tempo pieno come desidererebbero i ricercatori. Il ministero conosce perfettamente questa realtà, noi continuiamo a sperare...-. Nonostante le difficoltà, i ritardi, il difficile momento del passaggio da un'università d'elite a una di massa, il rettore prof. Mario Umberto Dianzani è convinto che l'ateneo sia ancora un contenitore e un distributore di scienza. Preferisce non citare nomi (-non vorrei dimenticarne qualcuno- si schermisce) per suffragare la sua persuasione, ma anche se non li elenca, sono sulla bocca di tutti. Personalità come Tullio Regge (Fisica), Norberto Bobbio (Scienze politiche). Oscar Botto (Orientalistica), Gianni Vattimo (Lettere), Giorgio Gulllni (Archeologia), Ludovico Geymonat (Filosofia) sono soltanto alcuni dei maestri di spessore internazionale formatisi alla scuola accamedica torinese e continuatori di una tradizione che annovera, tra le altre, figure storiche come Lagrange. Avogadro, Ruffini, Einaudi. -Se Luria, Dulbecco e Levi Montalcini sono stati costretti a recarsi negli Stati Uniti per coltivare le loro ricerche da Premio Nobel — rileva Dianzani — è indice del deterioramento della ricerca italiana negli anni della guerra e seguenti, ma testimonia che la formazione di base avuta a Torino era buona. Certo nei decenni passati gli scienziati avevano più tempo da dedicare alla ricerca, la didattica non li impegnava come ora. Oggi è carente l'organizzazione del loro lavoro, l ricercatori devono dedicarsi ad altre attività, tendono a chiudersi senza unire gli sforzi-. Professore, c'è nell'ateneo qualche -coltivatore di scienza» che studia -da Premio Nobel»? .Potenzialmente si ma non dipende soltanto da loro: il vero problema è di metterli nelle condizioni di esprimersi al massimo. Oggi in Italia e a Torino non è cosi». Guido J. Paglia

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