Mini-smobilitazione dell'Armata Rossa sette anni dopo l'intervento: 8 mila uomini su 120 mila

A Kabul per lo show del ritiro Mini-smobilitazione dell'Armata Rossa sette anni dopo l'intervento: 8 mila uomini su 120 mila A Kabul per lo show del ritiro Conferenza stampa con un generale sovietico e il ministro degli Esteri afghano: entrambi rifiutano di dire quanti soldati russi resteranno nel Paese - Indifferenza totale tra la gente nel bazar -1 progetti del successore di Karmal per la «riconciliazione nazionale» MOSCA — Alle a di Ieri ora italiana è incominciato il ritiro di sei reggimenti sovietici, ottomila uomini, dall'Afghanistan. Lo ha annunciato Il Cremlino, precisando che si tratta di due reggimenti motorizzati, tre antiaerei e uno logistico. E' stato chiesto al portavoce, generale Cervov, a che cosa servissero le truppe antiaeree, dal momento che 1 guerriglieri afghani non hanno aviazione: «Hanno svolto una missione molto responsabile nel coprire l'intero spazio aereo del Paese», ha risposto. Appellandosi al segreto militare, Cervov ha rifiutato di precisare quanti soldati dell'Armata Rossa restino nel Paese, e quanti siano morti nei sette anni di invasione sovietica. Ha respinto l'accusa di utilizzare armi chimiche rivolta alle truppe dell'Urss, pur ammettendo che queste armi sono In dotazione all'Armata Rossa «per uso personale», e l'ha ribaltata sui guerriglieri, «che sono stati trovati In possesso di proiettili chimici con l'etichetta "Macie in Usa"... NOSTRO SERVIZIO KABUL — Lo spettacolo, ieri mattina, è incominciato sotto gli occhi di una trentina di giornalisti occidentali invitati per l'occasione dal governo afghano: i primi contingenti dei sei reggimenti sovietici lasciano i loro acquartieramenti e tornano in patria. -Ai compiti di questi sei reggimenti, cioè circa ottomila uomini, provvederanno d'ora in poi l'esercito e il ministero dell'Interno afghani*, ha affermato a Kabul il generale Mikhail Sotskov. E' stata questa la prima volta in cui è stato quantificato il numero dei soldati che verranno rimpatriati entro la fine del mese, in base alla decisione annunciata nel luglio scorso da Gorbaciov a Vladivostok. Ed è una cifra corrispondente alle valutazioni occidentali fatte sul posto. Il generale Sotskov ha inoltre fatto capire, a modo suo, che in Afghanistan è in corso una guerra civile, dal momento che i militari dell'Armata Rossa vengono sostituiti non soltanto da soldati afghani, ma anche da poliziotti. La ricerca di .traspa- renza. da parte del'alto ufficiale sovietico non si è però spinta oltre. Sotskov si è quasi infuriato quando un giornalista britannico gli ha chiesto di precisare il suo grado e la sua funzione: •Che cosa le può importare?-, ha risposto. Nella conferenza stampa organizzata martedì sera in un vecchio palazzo annesso al ministero degli Esteri ci sono stati parecchi battibecchi di questo tipo. li governo afghano ha fatto 11 possibile per dare un tono quanto mal solenne all'avvenimento. Non meno di un migliaio di persone, tra le quali molti militari in divisa, circondavano 1 giornalisti occidentali nella grande sala dalle colonne bianche con enormi stufe di ceramica, il soffitto a preziosi cassettoni azzurri e oro. Alla tribuna, a rispondere alle domande dei giornalisti, c'erano 11 ministro degli Esteri di Kabul, Mohammad Dost, li primo vlceministro della Difesa Nabl Azimi e il generale Sotskov. Era proprio un generale? Si, sostenevano gli esperti occidentali dell'Armata Rossa. Un ufficiale di grado molto elevato, a giudicare dall'uniforme: almeno l'equivalente di un generale di Corpo d'Armata. Forse il comandante In capo delle forze sovietiche in Afghanistan, forse uno dei suoi vice, il cui anonimato sinora è sempre stato gelosamente rispettato? Molto seccato, l'interessato ha finito per dichiarare di -lavorare per il ministero della Difesa dell'UrsS'. Cosa che tutti sospettavano. Anche Dost ha fatto una serie di slalom sorprendenti. Gli è stato chiesto, e con insistenza, quanti soldati sovietici rimarranno nel Paese in seguito a questo ritiro parziale. Dopo avere tergiversato a lungo, il ministro si è limitato a .rivelare» che nel Paese re sterà 'il contingente limitato delle forse sovietiche stagionate provvisoriamente sul territorio dell'Afghanistan, meno i sei reggimenti». Nessun rappresentante ufficiale, né sovietico né afghano, ha voluto indicare una cifra complessiva. Le fonti occidentali a Kabul ritengono che le forze russe assommeranno ora a 110 mila uomini. L'avvenimento in sé, annunciato con grandi fanfare dai mezzi d'informazione del regime, sembra cadere nell'assoluta indifferenza della popolazione. Una passeggiata al bazar della capitale, nel pomeriggio, è Illuminante. C'è un'ampia gamma di argomenti di conversazione — dal cambio al «mercato libero» d3l dollaro. 11 triplo di quello ufficiale, alle celebrità francesi; ma 11 ritiro sovietico non è decisamente in cima alle preoccupazioni del commercianti locali, spesso piuttosto ricchi, né dei loro clienti. Un giovane che ha un negozio di tappeti e ha studiato al liceo franco-afghano Istiklal mi spiega che gli affari vanno bene, anzi benissimo. Ha fatto tre anni di servizio militare, ovviamente combat¬ tendo i guerriglieri, e si dice fortunato per esserne uscito senza un graffio. All'improvviso si precipita nel negozio vicino, dove sono esposte splendide pellicce di lupo e di volpe. Deve occuparsi anche di questa bottega, che appartiene al fratello: attualmente è lui sotto le armi, ma farà soltanto due anni di leva. Recentemente, la durata del servizio militare è stata ridotta di dodici mesi. LI vicino, un soldato controlla l'identità di due giovani stracciati. Quelli fanno ve¬ dere 11 'passaporto Interno», che assomiglia a quello richiesto In tutta l'Unione Sovietica, anzi è praticamente uguale. Possono andarsene: hanno soltanto 14 e 17 anni, l'età per la leva è diciotto anni. La via più famosa del bazar è Chicken Street, cosi chiamata perché un tempo ci si vendevano i polli, mentre oggi ci si trovano hi-fi giapponesi e jeans fatti a Hong Kong. Tutti prodotti che arrivano illegalmente, ma le autorità chiudono un occhio. Tre soldati sovietici fanno la ronda, kalashnikov a tracolla. Che cosa pensano della loro missione? Il più giovane sorride: -Non sono autorizzato a parlare-, dice indicando il compagno più alto in grado. Che affretta il passo. Un poliziotto afghano è più loquace: per lui le cose vanno benissimo, qui non esplodono mal bombe né piovono razzi. Invece, nella capitale afghana c'è stata la recrudescenza stagionale, consueta dell'autunno, dell'attività guerrigliera. Già a fine agosto uno dei capi dei Mujahed din, il comandante Abdul Haq. si è avvicinato con i suoi uomini a venti chilometri da Kabul e ha lanciato una gragnuola di razzi di fabbricazione cinese: ordigni da 122 millimetri, con portata di 12 chilometri; abbastanza imprecisi, ma molto manegge voli. Per un caso fortunato, un enorme deposito di munizioni è esploso: lo scoppio ha fatto saltare parecchi vetri nel centro della capitale, a otto chilometri di distanza. Soprattutto la notte, in città si sentono continue esplosioni e raffiche di kalashnikov. Ma ormai l'inverno si avvicina, e il comandante Abdul Haq, che alla fine di settembre era ancora a una quarantina di km da Kabul, verso Ovest, probabilmente se ne sta tornando in Pakistan con le sue forze. D'inverno sulle montagne che circondano la capitale ci sono trenta gradi sotto zero, e la neve arriva anche a un metro. Come tutti gli anni, 1 guerriglieri torneranno a primavera, dopo essere andati a trovare le famiglie, dall'altra parte della frontiera. •Non sono ottimista su una rapida conclusuione del conflitto-, confida un intellettuale membro del Comitato Centrale del ppda. il partito unico afghano. E' un giurista che ha studiato in Francia, dove era entrato nel pcf, ed è un buon .campione- dell'at- - tuale classe dirigente. Ateo e colto, si rende conto di far parte di una esigua minoranza, in un Paese la cui popolazione è nella stragrande maggioranza musulmana e analfabeta. In quanto comunista, poi, è ancora più isolato, nonostante il ppda vanti 150 mila membri. Non dice che 11 ritiro degli ottomila soldati sovietici non cambierà nulla, ma il suo silenzio su questo punto è eloquente. Il nuovo uomo forte di Kabul, Najibullah, che nel maggio scorso ha spodestato Karmal, è deciso ad avviare, in tempi brevi, una grande ope-i razione di • riconciliazione nazionale-. Già 11 prossimo Inverno potrebbe venire promulgata una nuova Costituzione, che abolirebbe l'attuale Consiglio della rivoluzione ponendo fine, tra l'altro, alle funzioni ormai nominali di Karmal a capo dell'organismo. Si procederebbe poi all'elezione di una Assemblea Nazionale nella quale entrerebbero molti non comunisti, religiosi, rappresentanti del bazar. Un'apertura che consentirebbe a Najib di presentare al mondo un'immagine migliore del Paese. Addirittura, alla guida dello Stato potrebbe essere designato un non comunista, anche se il potere reale, ovviamente, continuerebbe a essere esercitato dal ppda e dal suo Segretario generale, cioè Najibullah, uomo di assoluta fiducia dell'Urss. Dost ha confermato parzialmente questo progetto, i cui vari punti sono noti in via confidenziale. Il ministro degli Esteri ha inoltre esortato -le forse che si trovano all'estero e che sono disposte a partecipare alla costruzione dell'Afghanistan- a rientrare nel Paese: aggiungendo in modo vago — ma. pare, per la prima volta — che a queste forze verrebbe chiesto di avere un ruolo nel governo che verrà istituito dopo la promulgazione della nuova Carta. Il ritiro parziale sovietico si inquadra chiaramente in questa strategia di -riconciliazione nazionale-, anche se la decisione operativa è stata presa a Mosca. Dominique Dhombres Copyright l *: Monde.) e per l'Italia «La Stampa»

Persone citate: Abdul Haq, Chicken, Gorbaciov, Mikhail Sotskov, Mohammad Dost, Mujahed, Najib, Najibullah