Così muore Fleet Street di Mario Ciriello

Così muore Fleet Street LONDRA: LA STAMPA INGLESE ABBANDONA LA STORICA SEDE Così muore Fleet Street L'ha uccisa l'intransigenza dei tipografi verso le nuove tecnologie - Gli editori in cerca di nuovi spazi si sono trasferiti ai Docklands, un quartiere in degrado, carico di ricordi imperiali, che ora rinasce tra fervide iniziative - Qui nuove pubblicazioni rinverdiscono la tradizione un po' appannata dei «quality papers» : a a e a DAL NOSTRO CORRISPONDENTE LONDRA — Dopo 500 anni di tempestosa ma gloriosa vita, Fleet Street muore. Un decesso convulso, febbrile e soprattutto rapido, come quello di tanti Stati, demoliti da invasioni o rivoluzioni, costretti d'improvviso ad accettare la propria caducità. La 'Via della stampa», il tempio più famoso del giornalismo, è già in agonia, irriconoscibile, tra un paio d'anni, forse meno, sarà soltanto un ricordo. Un ricordo di uomini e di eventi straordinari, ma anche di battaglie esasperanti, di sconfitte umilianti. Questa settimana, è venuto alla luce il primo giornale nazionale «di qualità» dopo 131 anni, The Independent. un quotidiano ricco di virtù e di promesse. E' nato non a Fleet Street, ma a quasi due chilometri di distanza, nella City, e non è stampato a Londra, ma in quattro diverse città. Figlio di Fleet Street non è neppure Today, il foglio 'popolare» creato lo scorso anno da Eddy Shah. Era inevitabile. Fleet Street non era più un comodo club, un felice approdo, bensì und prigione. Bisognava evadere. E, adesso, tutto avviene in pochi mesi. Le nuove tecnologie hanno indicato ai carcerati la via della fuga. E qui occorre fare un po'di storia. ~Ma dove principiare? E' una vicenda che si snoda attraverso gli anni e i secoli. Rispondiamo allora alla prima domanda: perché Londra, unica città al mondo, ha una 'Via della stampa»? Perché, alla fine del '400, un apprendista del celebre Caxton, l'Aldo Manuzio inglese, abbandonò la stamperia, o meglio il monopolio, del suo Maestro, a Westminster, e aprì una propria bottega più a Est, alla soglia della City, vicino agli'amanuensi della cattedrale di San Paolo. Wynkyn de -Worde si chiamava questo giovane ambizioso e' irrequieto, e-poiché Worde significava »parola», il suo nome era un presagio. Morì nel 1535 e, quando chiuse gli occhi, Fleet Street non era più una strada come tutte le altre, èra il centro di una nuova industria, la stampa. Gli 800 libri pubblicati da Wynkyn de Worde e le iniziative zampillate nella sua scia avevano trasformato la via, poco più che un disordinato budello, meno di 400 metri. Nel 1702 comparve il primo quotidiano, il Daily Courant. Nel 1785 venne al mondo il Daily Universal Register che, tre anni più é a 0 l y l l ù tardi, il proprietario avrebbe ribattezzato The Times. Poi, tutti gli altri, i quality papers come il Guardian, i'Observer, il Daily Telegraph, e i popular papers, l'impetuosa marea della stampa scandalistica, a sensazione, pettegola e immaginifica, patita di sesso e di famiglia reale. Quest'ultima stampa è oggi descritta con un nome, tits and bums (tette e sederi), che ben riassume le sue preferenze fotografiche. Ma già nel 1632 un editore annunciava: •Pubblicherò ogni diavoleria pur di vendere». Tiranni Posto simpatico Fleet Street, in realtà un piccolo rione,, alla veneziana, tutto calli e callette, ricco di antichi pubs e wine bars. Il potere politico era a Westminster, qui era un altro potere, quello della carta stampata, di una voce irriverente, ora tonante ora sferzante, ora severa, ora scurrile, di una voce non rispettata come in America (dove è protetta dal- J la Costituzione stessa) ma sempre temuta e, soprattutto, avidamente ascoltata. Più che in ogni altro Paese, perché era a Fleet Street che si stampavano i diciassette giornali 'nazionali». Le ultime cifre, adesso? Dodici milioni ZOO mila di populars e due milioni 400 mila di qualities, totale quasi quindici milioni. E, ogni domenica, rispettivamente,, quindici milioni e due milioni e 600 mila, quasi diciotto milioni. C'erano soldi a iosa, per tutti, in questa Fleet Street pugnace, dinamica, brillante. Ma, con gli Anni 70, la convergenza di due mali comincia a ledere la muscolatura dell'industria. Primo: l'alterezza dei tipografi di Fleet Street, una vera aristocrazia, era divenuta tirannide. Non rispettavano più nessun accordo, avevano trasformato i giornali in feudi, che governavano con pugno di ferro. (In certe aziende determinavano il numero del dipendenti, gli orari, regolavano perfino l'accesso alla tipografia). Secondo: proprietari e dirigenti vivevano nel terrore di interruzioni, cedevano a ogni minaccio, accettavano ogni compromesso. Le nuove tecnologie bussavano alla porta, ma non potevano entrare. Contribuivano solo a rendere i poligrafici più inflessibili, più risoluti, più coriacei. Due uomini cambiano tutto, Eddy Shah e Rupert Murdoch. Entrambi capiscono che le Unlons di Fleet Street non accetteranno mai quell" trasformazioni tecnologiche sema le quali l'industria sarà inceppata da costi crescenti: e agiscono. Eddy Shah, un inglese d'origine iraniana, stampa fuori Londra il foglio popolare Today. Il quotidiano non ha successo, deve essere salvato da un nuovo proprietario: ma le sue debolezze di forma non incrinano il valore della sua lezione. L'australiano Rupert Murdoch, più grintoso, profitta di uno sciopero di cinquemila suoi dipendenti (quasi tutti, meno i giornalisti), li licenzia in massa e trasferisce le sue quattro testate — Times, Sunday Times, News of the World, Sun — a un nuovo superstabilimento, una 'fortezza elettronica» a Wapping, in Docklands. Docklands, ecco il nome da ricordare. Un'intera città, quasi trenta chilometri quadrati, a Est della City e della Torre di Londra. Era l'immenso porto dell'Impero, devastato prima dai bombardamenti tedeschi, indi da un tragico degrado economico. Ma, adesso, mille e mille iniziative cominciano a ridar vita a questo deserto urbano; sorgono nuovi quartieri, residenziali, commerciali, industriali; gruppi bancari e finanziari della City cercano spazi più ampi, sono pronti a investire miliardi in grattacieli e giardini; fi Tamigi sarà presto solcato da nuovi »autobus fluviali». E, qui, affluiscono i giornali. Addio FmvDfngp r e o a i i o Fleet Street e le sue pugnaci maestranze. Addio impianti vetusti e vicoli angusti. Viva Docklands e il computer. •La stampa salpa verso la foce del Tamigi», scrive ii Financial Times. / quattro giornali di Murdoch si sono dunque già installati a Wapping, subito a Est della Torre di Londra. Il Daily Telegraph e il Sunday Telegraph hanno cominciato a stampare in uno dei più vasti impianti del mondo all'Iste of Dogs—l'Isola dei Cani —tin un'ansa del fiume. (L'edificio incorpora due possenti gru, a ricordo del vecchio Milwall Dock). All'Iste of Dogs si trasferirà nell'88 anche il Guardian, mentre il Daily Mail metterà nuove radici sugli ex Surrey Docks. Il Financial Times andrà ancora più ad Est, oltre Londra, fino agli East India Docks, un nome ricco di echi imperiali, eternato da Kipling e Conrad. Il Daily Express e il Daily Mirror sceglieranno presto i loro scali. Salgono frattanto i profitti. E' l'effetto di due fenomeni. Calano i dipendenti (il gruppo Telegraph vuole ridurli da 3300 a poco più di 1000), mentre le vendite restano elevate o conquistano nuovi pinnacoli. Soprattutto i giornali di qualità seducono nuovi lettori. In meno di tre anni la tiratura del Times è cresciuta da 370 mila a 471 mila copie; quella del Guardian da 445 mila a 524 mila; quella del Financial Times da 211 mila a 251 mila; quella dell Observer da 754 mila a 778 mila. (Il Daily Telegraph è sempre attorno a un milione 120 mila). Per Murdoch la più voluminosa fonte di reddito resta il pedestre Sun, con i suoi quattro milioni e più di copie. Ha già creato una propria 'tradizione»: una formosa fanciulla topless, ogni giorno, in terza pagina. ppsiìAvventura La caccia ai lettori ha purtroppo imposto un suo prezzo. Il Times non è più quello di una volta, la sua autorevolezza si è appannata. Troppe virate verso destra, troppi luccichii di uno »stil novo» più brioso ma meno convincente. Tutta la stampa resta vivida e vivace, ma riflette l'intensa politicizzazione dell'Inghilterra, o meglio le sue polarizzazioni, nonché il diminuito interesse verso gli altri Paesi. Era inevitabile, affermano molti, il peso politico ed economico di quest'isola non è più quello di una volta. Non c't più l'impero e nulla lo ha sostituito. Ma vi sono due voci ascoltate e rispettate ovunque, oltre Manica e oltre Atlantico, il Financial Times e l'Economia t. E' su questa scena affollata e chiassosa che si presenta The Independent, un'avventura audace, eccitante. Non ha alle spalle gruppi o individui con ambiziosi interessi particolari, ma soltanto i di- ciotto milioni di sterline (trentasei miliardi di lire) versati da trentatré investitori istituzionali della City. E' il frutto, insomma, di un puro investimento. L'editore Andreas Whittam Smith, 49 anni, un giornalista finanziario, racconta: .Non è stato facile "vendere" il mio progetto, credo di averlo presentato, descritto, analizzato in oltre 350 riunioni. Ma. alla fine, abbiamo firmato e brindato.. Quei diciotto milioni potrebbero rivelarsi insufficienti, forse occorrerà una nuova iniezione, è una possibilità che gli investitori accettano. Era da 131 anni che non appariva in Inghilterra un grande giornale di qualità e solfante le nuove tecnologie hanno re io possibile l'impresa. I primi numeri del quotidiano, varato il 7 ottobre, alimentano le migliori speranze. Le trentadue pagine non hanno l'effervescenza tipica della stampa inglese, ma è una serietà che non stanca o irrita come quella dei fogli tedeschi. 1175 giornalisti, una minuscola pattuglia se raffrontata alle dense coorti delle altre testate, provengono in maggioranza dal Times, dal Sunday Times, dal Financial Times, dal Daily Telegraph. Slogan del quotidiano: «The Independent. It is. Are you?». Ovvero, noi siamo indipendenti, e voi? La domanda è rivolta al pubblico, perché The Independent, con ottimismo forse eccessivo, mira a divenire il vessillo di tutti quei lettori che non hanno più fiducia nei 'baroni della stampa». Ha subito preso due iniziative. Non permetterà ai suoi giornalisti di accettare viaggi o inviti offerti da aziende o governi: e non pubblicherà dichiarazioni ufficiose, di funzionari anonimi, attribuirà ogni notizia a una fonte precisa. «Faremo quello che fa la stampa americana. Metteremo al microscopio Vestablishment del giorno», spiega Whittam Smith. Per svolgere tale missione, iIndependent deve trovare, e serbare, almeno 375 mila lettori, metà dei quali dovranno essere sottratti al Times, al Daily Telegraph, al Guardian. Un record Insomma, {Independent deve aprirsi uno spazio: e non gli sarà facile. Il mercato inglese è pressoché saturo. Ogni giorno ben 727 persone su mille comprano qui un giornale, bello o brutto che sia. E' un record, perché in Germania i compratori sono 411, in Francia 184, meno ancora in America e Giappone. In Italia, 109. I minori costi della stampa computerizzata lasciano un più largo campo d'azione, ma i rischi non mancano. Grande è però l'ottimismo. Di tutti. E' finito un incubo, cominciano mille nuove avventure. Lo spavaldo vascello della stampa britannica salpa di nuovo, a vele spiegate, più agile, più libero. Mario Ciriello Londra. Fleet Street al tempo delle prime lotte sindacali che l'hanno colpita a morte