Ignoto veneziano di Lorenzo Mondo

Ignoto veneziano F & L: STRANO ROMANZO D'AMORE Ignoto veneziano Dopo l'escursione romanzesca a Siena, che adunava risentiti fantasmi intorno alla colorita contesa del Palio (//palio delle contrade morte), Frutterò e Lucentini hanno scelto, nell'ultimo libro, di trasferirsi a Venezia (L'amante senza fìssa dimora, ed. Mondadori). Hanno voluto misurarsi con la perla delle città profanata dal kitsch e riscattarne in qualche modo il destino, mescolandosi con le torme dei turisti poveri, segregandosi nei salotti degli ultimi inconsapevoli cicisbei e dogaresse. Calarsi pericolosamente dentro una montagna di cartoline per riscoprire la verità del muschio e della pietra levigata, delle ostinate marce dei flutti e del sangue. Raccogliere in altre parole i fili di un'avventura diversa, degna di quello scenario impareggiabile, intrisa di nobiltà e di malinconia, segnata come le quinte della città lagunare dallo struggimento degli evi. Siamo guidati in questa Venezia dall'enigmatico Mr. Silvera, non perché, ma benché si trovi occasionalmente a fare l'accompagnatore di una scalcagnata comitiva. Sui quarant'anni, profilo aristocratico, spalle leggermente incurvate, occhi trasognati, nebbiosi, l'impermeabile liso che «sbatte come un frusto vessillo grigio nel vento di novembre». Questo Mr. Silvera, che porta con disinvoltura l'impossibile nome di David Ashver, che è un incrocio' di diaspore ebraiche, incontra un fior di principessa romana che fa l'antiquaria ed è venuta a Venezia per esaminare, a scanso di rimorsi, una collezione di «croste». Tra i due avviene subito uno scambio di conente ad alto voltaggio. E' una passione romantica, di quelle estreme teorizzate da Denis de Rougemont, tanto più incandescenti perché destinate a non durare. Soltanto che al posto della •morte qui c'è un viaggio, ma ugualmente inesorabile, fatale. |Lui deve assolutamente partire, aspetta un ordine. Magari è un contrabbandiere o un agente del Mossad, il servizio segreto israeliano. Ma Silvera, che pure rivelerà tranquilla mente la sua stupefacente identità alla prima scema che glielo chiede, vuole che la sua donna ci arrivi raccogliendo disseminati indizi, attraverso l'acqua-fuoco dell'iniziazione amorosa che risveglia i sensi e l'intelligenza. Pronto a tagliare corto davanti a domande troppo stringenti: «Una volta passando da Leida ero andato a trovare Spinoza». E' facile inruire il partito cLndnalutpdzsbsq che sanno trarre Frutterò e Lucentini da una tale situazione, con eleganti insinuazioni e depistaggi che rafforzano in noi la falsa idea di trovarsi alle prese con un racconto poliziesco. Invece no, è soltanto una storia d'amore inconsueta, tanto più intensa perché resa possibile da una trasgressione di Mr. Silvera il quale, strizzando l'occhio a qualche deità superna, ha finto poco plausibili contrattempi per trattenersi un poco di più vicino a... E qui ci accorgiamo che nel ro¬ manzo la bella principessa non ha nome, la civetteria degli autori ha voluto conservare questo alito appena di mistero intorno a una figura che per il resto è tutta chiara e spiegata. Il contrario esatto di Mr. Silvera. Ma chi è davvero questo ebreo giramondo? F. e L se lo studiano e rivoltano da tutte le parti ricorrendo a capitoli alterni, uno gestito dalla donna in prima persona, l'altro affidato a una terza persona nella quale stanno rannicchiati, sornioni e informatissimi, due padreterni. L'idea che ci facciamo intanto di lui, è di uno che non ha mai terra ferma, 'frequenta posti e tempi remoti, ama gli indovinelli su pittori e poeti. E' oppresso, shakespearianamente, dalle minacciose «piramidi del Tempo». L'occhio esperto e giudicante di un portiere aalbergo, una specie di • Minosse dclli porrà girevole, sembri, andari gli vicino: «Quest'uomo, chiun que sia, è di quelli che sono a casa loro dovunque, qui o sotto un ponte della Senna o in un club di Piaadilly o in una traballante carrozza delle ferrovie indiane; che possono fare a meno di tutto, che non si lamentano mai per il fatto che piove o fa troppo caldo; che non fanno scene perché il gin-and-lime è tiepido; che non alzano mai la voce, che ti chiedono un servizio e ti danno la mancia con quella minima alzata di spalle, quella implicazione tra ironica e quasi affettuosa (...) di chi è abituato a considerare la vita una lotteria in cui le , i i i u , e , i i a o n e o o a e o; e o loa ele parti potrebbero benissimo essere invertite. Un uomo non di mondo, ma del mondo...». Ma perché quest'uomo dal «sorriso sottile come un filo d'erba» regala, come se fosse un biglietto da visita, una moneta d'argento che ha la singolare proprietà di essere falsa e insieme antica? Come può riconoscere a colpo sicuro, in un dipinto fatto ieri, i tratti del banchiere Fuggcr amico di Giorgionc? E clavvero ha potuto ammirare eccellenti affreschi del Pordenone negli attuali, nudi uffici del Genio militare? Senza contare lo stupore di quel volto rassegnato che si porta dietro mentre fende senza ostacolo la folla, con l'autorità dell'eroe simbolico o l'inconsistenza dell'aria. Silvera — questo è certo — appare instancabile a camminare con la sua compagna per calli, fondamente, campielli, amplificando fino a esiti fantomatici l'eco, così familiare e preziosa a Venezia, dei passi sulle pietre vive, risonanti. Una città supremamente amata («non viene in mente nessun altro punto della terra ... dove l'artificio tocchi questi vertici di naturalezza») anche per la li berta e leggerezza deambulateti! che custodisce ed esalta. Direi anzi die proprio questo continuo andare, che penetra con la pcrvasività dell'acqua nei recessi più preziosi della città, può offrire una delle chiavi metaforiche del libro: perché poi l'infrazione di Silvera, il suo fermarsi a Venezia, differisce dalla norma che guida la sua esistenza soltanto per l'indecisione del passo, curioso e pigro. Un altro suggerimento, ; essere sinceri, potrebbe anche venire dal nome del protagonista. Ma guai a dire di più, per non fare torto al lettore e ottemperare all'intimazione scherzosa ma non troppo che F. e L ci mandano dal risvolto di copertina. Basti sortoli ncare che É. e L, dopo 11 palio delle - contrade morte, .puntano: ancóra una-volta a urrtema alto, di forte valenza esistenziale e metaforica. Certo, muovono tra folle erranti, cocktail e salotti — un più e un meno accomunati dalla stessa mancanza di identità — con il piglio e il divertimento del ri trattista affilato, del collezioni sta di tic e banalità contemporanei. Ma in mezzo sta quella storia, incredibile, sconsolata, rigorosamente inattuale: quasi la verifica, sotto specie romanzesca, e con generose venature patetiche, di una suggestiva ipotesi borgesiana. Lorenzo Mondo arrcdp

Luoghi citati: Siena, Venezia