Le vie traverse di Frane Barbieri

Le vie traverse Le vie traverse A Reykjavik non ci sono stati né vincitori né sconfitti. Non ci sono più responsabili e meno responsabili per l'insuccesso. Non c'è addirittura nessuna contraddizione tra il positivo andamento delle trattative, arrivate sulle soglie dell'accordo, e il divorzio finale. Gorbaciov ha sentenziato che Reagan non è completamente libero di prendere decisioni. Lo stesso potrebbe sostenere l'americano sul conto del sovietico. Non tanto perché ambedue sarebbero prigionieri delle proprie «strutture» politico-militari. Neppure perché ispirati alle ideologie opposte. Fra Reagan e Gorbaciov si sono semplicemente scontrate due visioni diverse dello stesso desiderio di assicurare la pace, diverse al punto da annebbiare la pace stessa. Il Presidente americano intende aprire una nuova epoca nella sicurezza strategica: cercare l'arma «assoluta» capace di far diventare inutili tutte le armi. E' il concetto che rispecchia a sua volta la nuova era tecnologica in cui gli Usa sono già entrati. E' questa la filosofia dello «Sdi», che ha fatto retrocedere Reagan al di là di ogni previsione in tutu' i campi degli armamenti esistenti, sicuro delle garanzie promesse dal nuovo sistema di difesa cosmica (non importa neanche se solo difensivo oppure offensivo). Gorbaciov non ha potuto seguirlo su questa strada. Non ha potuto convertirsi alla nuova filosofia reaganiana, non perché lontana dal leninismo, ma semplicemente perché l'Urss non è entrata affatto in quella nuova era tecnologica da cui lo «Sdi» americano trae origini concettuali e materiali. Gorbaciov è arrivato a Reykjavik per ottenere un respiro strategico necessario per ristrutturare la disastrata economia sovietica. Era importante per i suoi disegni arrivare al taglio degli effettivi esistenti, creati a scapito di una articolata crescita economica. Ma la cosa decisiva per Gorbaciov era impedire la necessità di nuove spese e di nuovi sforzi in un campo paralizzante per lo sviluppo sovietico. Reagan, dall'ottica americana, ha argomenti validi per sostenere che la spesa dello «Sdi» in prospettiva promette un forte risparmio strategico. Sotto lo scudo spaziale teoricamente potrebbero essere aboliti e distrutti tutti gli armamenti. Nell'ottica di Gorbaciov, invece, l'Urss non solo non è in grado di costruirsi uno scudo stellare, anche se esso garantisse l'abolizione della futura corsa agli armamenti, ma se oggi si trovasse costretto a crearlo dovrebbe rinviare ancora la realizzazione del proprio mi raggio tecnologico. Gorbaciov, quindi, è andato a Reykjavik pronto ad offrire il massimo di disarmo in cambio di. quello che Reagan considera garanzia del disarmo,, cioè lo «Sdi». In altre parole Gorbaciov mirava a ottenere da Reagan la rinuncia americana a tradurre in meccanismi di strategia la superiorità tecnologica Usa, almeno fin quando l'Urss non fosse entrata anch'essa nel dominio delle supertecnologie. Anzi, aiutandola a raggiungere gli Usa nella nuova era post-industriale. Reagan a questo punto non se l'è sentita di essere cooptato nel Politburo del pcus. Gorbaciov ritorna a Mosca senza aver ottenuto il respiro per le riforme. Le sue difficoltà con i conservatori aumenteranno. Tuttavia, prima di seguire le orme di Breznev, conta senz'altro di poter togliere a sua volta respiro a Reagan. Da quanto avevamo potuto intuire non solo dallo stile ma ormai anche dalla dottrina Gorbaciov, bisogna aspettarsi che il segretario generale prima di rinchiudersi nel bastione orientale e nelle sue crisi cerchi di ottenere per vie traverse quanto non ha ottenuto nel confronto diretto. Sta per scattare con ogni probabilità la nuova strategia europea, già accennata in varie occasioni da emissari moscoviti. La filosofia dello «Sdi» Frane Barbieri (Continua a pagina 2 in quarta colonna)

Luoghi citati: Mosca, Reykjavik, Urss, Usa