Democrazia al borotalco

Democrazia al borotalco Democrazia al borotalco BARBARA SPINELLI Sospetto l'esistenza di una complicità profónda, fra la pubblicità offerta dal piccolo schermo e la catastrofe teletrasmessa. Nel primo caso è offerto in visione estatica un mondo cosi bianco che più bianco non c'è. Nel secondo caso il colore si fa rossosangue, apparentemente è l'altra pane della Luna che guardiamo e la fiducia si sfa. Ma si sfa per finta, perché la televisione è apodittico-ottimista anche quando ritrae la catastrofe, e non soltanto quando consiglia una crema ami-rughe. Non ammette cioè confutazioni, e per questo sempre consola: se non sappiamo la storia e l'albero genealogico del disastro la nostra utopia dell'Uomo Buono può restare intatta. Il disastrato e il telespettatore estaticamente si fondono. Tanto per fare un esempio, prendiamo le recenti dichiarazioni televisive degli ostaggi francesi detenuti in Libano. Ha detto uno dei sequestrati, il giornalista Jean-Paul Kauffmann: "Una democrazia non pud più chiamarsi Iole se non è in grado di salvare la vita di uno dei suoi, di liberarlo daWincubo che vive». E ancora: «Crederò che la democrazia fosse la capacità di abbreviare le sofferenze del singolo*. Non ci consta che la frase di Kauffmann sia stata contestata: è stata anzi ascoltata con notevole senso di colpa da giornalisti e responsabili politici. Ed ecco la democrazia trasformata anch'essa in un prodotto di bellezza, in un sapone o crema da barba che scandalosamente fallisce la sua missione. Doveva salvare la vita, e invece uccide. Aveva promesso la pace eterna, e invece guerreggia. Ragion per cui non è democrazia, sentenzia rostaggio terrorizzato dai sillogismi del terrorista: se non è Roberts non è borotalco. Fortuna che c'è la memoria storica, a smentire certezze così idilliche. Se la democrazia fosse *il partito della vita», probabilmente non avrebbe deciso di resistere a Hitler. Avrebbe fatto come il maresciallo Pétain quando si arrese ai nazisti pur di salvare "tanti francesi innocenti». Si sarebbe guardata dal dire, con Winston Churchill, che nella pace non c'era modo di salvare l'onore: "ih tal caso avrete e la guerra, e il disonore», ammoni il bellicoso britannico: chi era più democratico, lui o Pétain? Alcuni diranno che le bombe terroriste non sono una guerra. Ma che fare, se l'avversario non ha la stessa, convinzione? La democrazia può morire, di utopia. Lo ha detto Freud, in una lettera ad Einstein del settembre '32 che vale forse la pena di rileggere. La democrazia e il diritto — egli scrive — non sono il contrario della forza, della violenza: ■'■Una strada condusse dalla violenza al diritto, ed era quella che passava per l'accertamento che lo strapotere di uno solo poteva essere bilanciato dall'unione di pia deboli» e aggiunge: "L'unione fa la forza, purché sia unione stabile, durevole». Purché «sia retta dalle leggi», e non dalla "illusione bolscevica di far scomparire l'aggressività umana». Paralizzati dalle accuse degli ostaggi, i giornali francesi scrivono, coraggiosamente: "Siamo tutti Kauffmann. Siamo tutti ostaggi». Per parte mia sottoscriverei senza esitare, ma a condizione di imitare davvero gli antifascisti, quando proclamavano "Siamo tutti ' ebrei tedeschi»: rutti pronti a difenderci dal male, non a sognare una democrazia al borotalco.

Persone citate: Einstein, Freud, Hitler, Iole, Kauffmann, Paul Kauffmann, Winston Churchill

Luoghi citati: Libano