«Io, figlio delle due Ungherie» di Roger Boyes

«Io, figlio delle due Ungherie» Incontro con il figlio di Laszlo Rajk, il ministro protagonista, e vittima, dello stalinismo «Io, figlio delle due Ungherie» Laszlo junior è architetto e editore di libri proibiti - La penosa ricerca della verità su un uomo che non ha mai conosciuto (aveva pochi mesi quando il padre fu arrestato e giustiziato) - Un'infanzia randagia, sotto falsi nomi • Il ricordo del funerale che innescò la rivolta NOSTRO SERVIZIO BUDAPEST — Capita che nell'assordante traffico di Budapest una voce gridi -Istvan!'. Un nome comune, un richiamo frequente. Laszlo Rajk. un uomo imponente in giubbotto di pelle, i capelli tagliati a spazzola, si volta disorientato, come in un momento di amnesia, come un cane che risponda al fischio sbagliato. Una volta lo chiamavano Istvan. ■ E ha avuto molti altri nomi nel periodo in cui il suo Paese tentava prima di coprire, poi di guarire la ferita dell'arresto, del processo e dell'esecuzione di suo padre. Ora è tornato a essere Laszlo Rajk, e a scavare in cerca della verità sul suo celebre padre. L'altro Laszlo Rajk, che lui non ha neppure conosciuto. Un nome che richiama troppe cose e ossessiona. L'estate scorsa, Laszlo junior abitava nella via che portava il nome di Laszlo senior: la riabilitazione del padre è arrivata anche nella toponomastica della capitale ungherese. Padre e figlio, un legame che nel caso dei Rajk è anche la storia del comunismo in Ungheria e nell'Europa del- l'Est. Una storia di lotte sotterranee, tìi manovre di potere, di processi e di torture, di ordine imposto, di cauti cambiamenti, di ristagno morale. Dire che Laszlo Rajk abbia una crisi di identità è un eufemismo. Lo scenario è una strada di Budapest, nel 1953. Una donna attende in un angolo: sono state le autorità a darle l'appuntamento. Una limousine nera, di quelle ufficiali, con le tendine che nascondono i passeggeri, accosta e si ferma. Si apre una portiera, un bambino viene depositato sul marciapiede, la macchina si allontana. La donna si inginocchia, prende il bimbo per mano, gli parla con dolcezza. -Quel ragazzo — ricorda Rajik — ero io. Non rispondevo a quello che mi diceva. Ero come un cagnolino randagio che le si strusciava contro le gambe». Quella donna era sua zia, e soltanto grazie alla sua ostinata insistenza con le autorità Laszlo venne fatto uscire dall'orfanatrofio nel quale era «scomparso» quando aveva soltanto quattro mesi, dopo l'arresto dei genitori. Anni dopo, il giovane Rajk scopri che il suo nome era stato cambiato con una stampigliatura sul certificato di nascita in Istvan Kovacs, l'equivalente ungherese di Giovanni Rossi. Per anni il ragazzo credette che la zia fosse sua madre: la donna non aveva il coraggio di dirgli la verità. Poi, la vera madre venne scarcerata. Stalin era morto, il blocco del l'Est incominciava il penoso lavoro di riscrivere la storia delle grandi purghe, compre sa la vicenda dell'ex ministro degli Interni ungherese ed eroe del partito comunista, Laszlo Rajk. Per un'ironia della sorte, furono proprio la riesumazione del corpo di Rajk da una tomba anonima e il suo funerale, il 23 ottobre di trentanni fa, a innescare la solleva zione dell'Ungheria. A quell'epoca Laszlo junior aveva sei anni: andò con la madre e migliala di persone sul luogo in cui era sepolto l'uomo che non aveva mai conosciuto. L'altro giorno la televisione dello Yorkshire, in Inghilterra, nel programma First Tuesday, ha sentito Rajk junior, 10 ha accompagnato alla riscoperta del padre attraverso 11 ricordo di quanti hanno vissuto l'ottobre di Budapest, e a ripercorrere le tensioni che precedettero e scatenarono la rivoluzione del '56. Laszlo è un dissidente, anche se preferisce essere definito uno stampatore: di opere proibite. Il padre era un comunista fervente che, per il suo incarico di ministro degli Interni e responsabile della polizia, ebbe una parte considerevole di responsabilità nei primi grandi processi del dopoguerra/ Ma egli- stesso divenne una vittima, venne destituito e torturato, confessò pubblicamente di aver tentato di rovesciare il sistema e il 14 ottobre del 1949 fu giustiziato. Fu forse la vittima più illustre dei grandi processi nell'Europa dell'Est, e un terribile esempio di come la verità venisse capovolta a piacere dagli stalinisti locali per liberarsi dei fautori di un comunismo più nazionalistico. Ci sono sempre state tesi contraddittorie sul motivo per cui il ministro abbia confessato: ma per Laszlo junior, nato nove mesi prima che il padre venisse impiccato, una spiegazione deve tener conto di tutti i risvolti della vita del padre. «Sa, era un fanatico: dice. Sediamo in una stanza che si affaccia sul Danubio, bevendo birra austriaca. 'Era un convinto, die si assunse dei rischi'. Aveva combattutto nella Guerra civile spagnola, la sua compagnia fini in un campo minato e lui rimase ferito. Venne internato in Francia: l'Ungheria fascista fu uno dei pochi Paesi che non chiese la liberazione dei suoi cittadini. Scappò, e per quasi tutta la Seconda guerra mondiale fece la spola tra il carcere e la clandestinità. Era un fanatico che giunto al potere assunse alcuni tratti caratteristici dei suoi persecutori. Quando ha incominciato a capire la figura del padre, Laszlo junior ha sco¬ perto un uomo che non era un eroe nazionale né positivo né negativo, e ne è rimasto disorientato. «Fu un uomo duro, molto duro negli anni passati al ministero degli Interni, e giorno dopo giorno rinunciava alla sua personalità. Il vero interrogativo è perché avesse accettato quei metodi per arrivare al potere». Rajk si era battuto perché la polizia segreta. YAHV, non passasse sotto il controllo diretto della leadership ungherese. Il suo maggior nemico era proprio il capo della polizia segreta, Gabor Peter, che divenne poi il suo carceriere e il suo aguzzino. Rajk perdette la sua battaglia — nel giro di poco la polizia segreta divenne libera di agire al di fuori di qualsiasi controllo istituzionale — e perdette anche la guerra. Il 3 giugno del '49 quattro agenti lo trascinarono in una Buick nera. Allora era ministro degli Esteri, ma non gli fu consentito di vedere Matyas Rakosl, leader — e Stalin — dell'Ungheria. I Rajk erano molto amici di Janos Kadar. l'uomo che guida il Paese ormai dal 1956. Si sa che Kadar andò effettivamente a trovare Rajk in cella poco prima del processo. Propose una sentenza meno dura in cambio di una piena confessione? Laszlo junior lo ritiene improbabile; ma soltanto l'enigmatico Kadar conosce la verità. Una spiegazione più verosimile è che Rajk, sconvolto dalle torture, si sia aggrappato al principio-guida di tutta la sua vita: 11 partito ha sempre ragione. Il fatto che la famiglia Rajk fosse ancora una simbolo politico nel 1956 fu dimostrato dal grandioso secondo funerale dell'ex ministro. Decine di migliaia di ungheresi parteciparono alla cerimonia: quei resti rappresentavano una rivoluzione comunista che divorava i suoi figli. E ricordava come, con quanta crudeltà e ipocrisia un rigido sistema stalinista fosse stato trapiantato nel Paese. La rivoluzione del 1956 parti di 11: e quando i carri armati sovietici soffocarono la vampata di Budapest, il 4 novembre. 1 Rajk vennero fatti espatriare clandestinamente in Romania, con l'aiuto dell'ambasciata jugoslava. Dopo l'esecuzione del leader ungherese Imre Nagy. nel 1958. «il nostro ritorno venne considerato sicuroSotto il regime di Kadar Laszlo junior ha intrapreso una vita normale, con il suo vero nome. Mentre la maggior parte degli ungheresi, però, si è adagiata in un tacito accordo con la nuova leadership — tranquillità e un certo consumismo, pagando qualcosa in restrizioni alle libertà personali — Rajk figlio non si sentiva a suo agio. E' un uomo versatile: ha studiato architettura, ma è anche designer e produttore televisivo. E ha una passione politica, l'esigenza del pluralismo, cosa che lo ha fatto entrare nel piccolo gruppo degli oppositori. Per alcuni anni non è potuto andare in altri Paesi comunisti, ed è stato autorizzato a fare un viaggio a New York soltanto perché era invitato da un miliardario di origine ungherese, un uomo che le autorità non volevano urtare. Ma ha dovuto aspettare il passaporto tre anni. Nel giugno scorso è stato licenziato dall'ufficio statale nel quale lavorava. Un po' come il padre, che è ora un eroe proletario, e la cui salma riposa nel Mausoleo del Movimento operaio. Laszlo apprezza quest'ironia della sorte, e va spesso a portare un mazzo di fiori alla tomba di quel padre che non ha mai conosciuto. Roger Boyes Copyright <• Times Ntuspuptrs,, v per l'Italia >-ìjx Stampa» •