Rétro, gloria d'attori

Rétro, glorici d'attori Lo Stabile di Torino ha aperto con Galin al Carignano Rétro, glorici d'attori De Ceresa, Albani, Carli e Piaz, un grande quartetto d'anziani - Delicata regia di Sciaccaluga TORINO — S'è inaugurato ieri sera con festoso successo il cartellone dello Stabile di Torino, al Carignano, con la commedia di un drammaturgo sovietico contemporaneo, Rétro di Aleksandr Galin, allestita dal Teatro di Genova, per la regia di Marco Sciaccaluga. Rétro non è tanto una commedia sociologica sul contrasto vecchi-giovani in un'odierna metropoli sotto il regime comunista (siamo, per la cronaca, a Mosca, nel 1980); non è neppure una commedia postcecoviana sulla solitudine e sull'incomunicabilità tra individui: è soprattutto una «pièce pour acteurs», costruita con solido artigianato, miscelando di continuo il guizzo a sorpresa del comico e l'indugio nelle lande del più tenero patetismo. Il settantaduenne vedovo conclatettl Cmutln ba accettato controvoglia di abbandonare la natia campagna per convivere a Mosca con la figlia Ludmila e il genero Leonid, antiquario di Stato, che nell'appartamento ammassa mobili d'epoca comprati per poco o nulla da vecchiette povere o decadute. E' proprio questo genero, egoista e aggressivo, che tenta di accasare Cmutin, invitando a casa tre sue clienti anziane e sole, all'insapu¬ ta del riottoso misantropo. Ma le tre arrivano tutt'e tre insieme (e qui Galin echeggia scopertamente Feydeau e Labiche) col marasma che potete immaginare. Quando tutto sembra compromesso, quasi nottetempo, le tre fide ninfe fanno ritorno, solidarizzano in ameno quartetto col vecchio ora ammansito, si lasciano andare ad una ridda di ricordi, stordite tenerezze, fragili emotività. Cmutin, che s'era osti¬ nato a tornarsene a casa, in campagna, tra fiumi e alberi, se ne andrà in effetti alla stazione, ma con tutt'e tre le sue lusingatrici: a voi di decidere liberamente se resterà scapolo o diverrà, meglio tardi che mal, poligamo. Il regista Sciaccaluga tiene 11 copione in delicato equilibrio tra ironia e malinconia, evitando soprattutto accenti troppo deliberatamente farseschi: un tocco appena di grottesco è nella scena di Gianfranco Padovani, un'improbabile sala-deposito, quasi un labirinto di credenze, sofà, divani. Il quartetto degli anziani, dopo un anno di routine (la prima genovese data esattamente ad un anno fa), non solo non ha perso smalto, ma ha stretto 1 tempi e affinato gli effetti della recitazione, che è tutta sul filo di una quasi sportiva performance. Ferruccio De Ceresa è semplicemente magnifico negli scarti di stizza, nel livore quasi infantile, nei radi abbandoni ad una mal repressa sete d'amore. Grandiosa per vitalità e ironia Elsa Albani (tornata a teatro dopo undici anni d'abbandono) nel ruolo della vivente Rosa; pudica, elegante, Laura Carli nei panni di Diana, già insegnante, ora per necessità guardiana notturna; e un bellissimo risalto dà alla sua infermiera Mina Gianna Piaz, che pare starsene in un angolo, tra spigolosità e timidezza. La coppia giovane è interpretata da Elisabetta Carta e Stefano Lescovelli: non so se proprio si divertono in questi due ruoli un poco stereotipi, ma ci mettono un impegno, una dedizione che vanno tutti a lode della loro professionalità. Risate continue, applausi caldissimi. Guido Davico Bonino sqbs

Luoghi citati: Mosca, Torino