«Temo che lo arrestino»

i Temo che lo arrestino» Settimo segue con ansia la sorte dei lavoratori in Libia i Temo che lo arrestino» Lo ha affermato il padre di Angelo Actis Giorgetto: «In fondo è lui il responsabile del cantiere» - Nulla di nuovo dall'ambasciata italiana a Trìpoli - Forse l'ostacolo sarebbe la mancata conclusione dei lavori alla caserma Tagioura, una minima parte (100 milioni) della commessa da 9 miliardi che la ditta fallita aveva avuto dall'esercito SETTIMO — «Temo che lo arrestino da un momento all'altro. Chi sa quali provvedimenti potrebbero prendere i libici nei suoi confronti: in fondo, è lui il responsabile del cantiere». Alla cascina San Giorgio di Settimo il geometra Stefano Actis Giorgetto e la moglie Emillenne non nascondono la preoccupazione per la sòrte del figlio Angelo, di 24 anni, «prigioniero» da tre mesi delle autorità libiche che non gli rilasciano il visto di uscita. Con lui, altri sei Italiani e un somalo sono bloccati presso l'aeroporto di Tripoli nel cantiere ormai chiuso dopo 11 fallimento della Carpenteria San Giorgio. «Da un mese ci battiamo per risolvere la situazione, finora senza risultato. Ho parlato poco fa con la nostra ambasciata di Tripoli: nulla di nuovo-, dice Emillenne Actis. La vicenda ha contorni ancora confusi e non sono ancora chiari 1 motivi che tengono gli otto lavoratori «prigionieri» nel Paese di Gheddafi: manca solo 11 rinnovo dei permessi di residenza oppure la causa è di natura fiscale? •Al momento del fallimento — dice 11 geom. Actis Giorgetto — avevamo laggiù 12 operai, sei sono rientrati in Italia dopo una settimana; per gli altri non riusciamo a trovare una via d'uscita. Io credo che l'ostacolo maggiore sia la mancata conclusione dei lavori della caserma di Tagioura, una piccola fetta della commessa del valore di 9 miliardi che avevamo con l'esercito' libico. Credo che con 100 milioni si potrebbe ultimare l'edificio, ma la nostra legge fallimentare non lo consente». I sette operai dell'ex Carpenteria San Giorgio vivono con Angelo Actis Giorgetto al campo base che la ditta aveva allestito nella zona delle Colline verdi, a due passi dal quartier militare dell'esercito Hanno ricevuto una prima assistenza dall'ambasciata italiana che ha consegnato loro 4 milioni per le esigenze Immediate. Ora però i soldi sono finiti. Drammatica è anche la situazione delle famiglie, che da luglio non ricevono più lo stipendio. Dei sei operai italiani, Giuseppe Pulica. Roberto Medda e ' Giuseppe Atzori sono di Sant'Antioco, in provincia di Cagliari; Donato Savino e Giovanni Modesti risiedono a Torre Orsara (Salerno), mentre Antonio Torrente è di Filetto, in provincia di Chietl.

Luoghi citati: Cagliari, Filetto, Italia, Libia, Salerno, Sant'antioco, Tripoli