Sulla nave del dolore

Sulla nave del dolore FOGLI DI BLOC-NOTES Sulla nave del dolore «Q UANTI anni ha 1 /'Achille Lauro.;*», . domando al comandante. Tutti i depilanti^ che i giovani democristiani mi hanno'dato al momento di salire sulla nave, sono silenziosi in materia. Illustrano, con dovizia di particolari, gli arredi, gli addobbi, le avventure lontane e recenti della nave, ormai legata per sempre a quella tragica avventura terroristica; ma nessuno reca la data di nascita. «E' nata nei cantieri olandesi su commissione italiana poco prima dello scoppio della seconda guerra mondiale, mi dice il comandante della nave, Gerardo De Rosi E lo scafo è stato nascosto dagli olandesi, per evitare che i tedeschi potessero trasformarla, dopo l'occupazione dell'Olanda, in nave trasporto ad uso di guerra*. Singolare destino. Solo \ professionista di una piccola città olandese sapeva il luogo esatto dove era stata nascosta. Fu catturato dalle SS, fu torturato. Ma resistè. Preferì morire piuttosto che rivelare il luogo dove la nave era stata interrata. Il racconto del comandante, chissà perché, mi riporta all'ombra di Klinghoffer. E' una nave nata nel dolore e che ha continuato a marciare nel dolore. CHIEDO al comandante di accompagnarmi sul luogo dove è stato ucciso Klinghoffer. Il mio dibattito, appassionato ma rispettoso, coi giovani democristiani sui temi della pace e della guerra, del volontariato e dell'obiezione di coscienza, delle caserme buone e di quelle cattive, è finito. Con singolare precisione alle U ò scattato l'otdine di recarsi rutti nella cattedrale di Genova per una Messa officiata dal cardinale (l'arcivescovo Siri, che conosco da tanti anni, non è uomo da aspettare, e quei giovani lo sanno bene, pur lontani dallo stile e dal mondo del presule). La nave si è improvvisamente vuotata. Solo qualche uomo dell'equipaggio che ,mi saluta con affettolTfjg1f^daet< ti agli stand democristiani, abbastanza artigianali anche nel campo dei libri (compro un volume su La Pira, mio vec chio e mai dimenticato professore, il credente più credente che io abbia conosciuto). Arri viamo presto alla poppa dell nave. Il comandante mi indica la traccia su una transenna, in taccata da una fitta profonda, E' la balaustra su cui fu scaraventata violentemente la car rozzella dell'ebreo americano paralitico, quando iniziò l'olocausto. Tutti i passeggeri con centrati nella grande sala da pranzo: trasformata in un orrendo dormitorio, senza neanche la facoltà di accedere servizi igienici. E poi l'assassinio. Due col pi, il primo al petto, il secon do alla testa. E il corpo gett; to in acqua: De Rosa mi fa vedere che la manovra fu condotta così male che quel relitto umano urtò una balaustra del piano sottostante, dove lasciò una traccia di sangue SpsusacMdcspmpSqvmdsm Solo saltato quell'ostacolo, piombò in mare. . T) ERCHE' KlinghofC\ f: ferì*, domando al comandante. La risposta è imbarazzata, De Rosa ha un attimo di perplessità. «-Forse perché era lontano dagli altri, a causa di quella carrozzella, e il capo dei terroristi palestinesi, Molqi, poteva portarlo via e ucciderlo, senza che nessuno se ne accorgesse*. Interpretazione opinabile. I sequestratori fecero sapere al porto siriano di Tartus che i morti americani erano due, i uno: volevano premere per una capitolazione degli Stati Uniti, per uno scambio o qualcosa di simile, magari favorito da Damasco. Probabilmente la spiegazione più vera 1 comandante la sfiora quando mi dice, quasi parlando fra sé e sé: «Klinghoffer è il nemico. Ebreo e americano. Il MA com'è che la moglie non si accorse di nulla, non ebbe il sospetto dell'assassinio del marito fino al giorno successivo, al giorno della «liberazione»? Il delitto avviene nelle prime ore del pomeriggio dell'8: «American Kaputt*, è il primo vanto dei terroristi. Il cadavere gettato in acqua dopo 16,30, quando la nave leva le ancore verso la Libia. E il comandante prigioniero che lo apprende se ne preoccupa, teme l'ombra di Gheddafi. i C£ *-.uru pietoso inganno. '«Hospitdhì'diCòno alla signora che interroga, ansiosa, i carcerieri. Solo il giorno successivo, nelle ore incerte del negoziato, tocca al comandante avvertire la signora Klinghoffer. «Sembra che suo marito sia stato ucciso*. «Perché non io?»: e un pianto dirotto. Poco dopo sapemmo che la signora era gravemente malata. (pddfsddtscsM: A chi era Abu Abbas? domando all'uomo che lo ha incontrato in una posizione così singolare. Lo chiamavano Abu Aled. «Solo dopo ho capito che era Abu Abbas. Mi avevano spiegato che questo era un capo, non un secondo Arafat. Avevano anche fatto una specie di grafico, tirando una linea e dividendola poi in diversi segmenti. Di un segmento mi avevano detto: questi è Arafat. E questi sono gli altri fra i quali Abu Aled. Solo che non zi può contare secondo l'ordine tradizionale uno, due, tre e te: non c'è un rapporto di gerarchia, sono tutti capi». D . a , , e n Si . capisce perfettamente 'arcipelago del terrorismo palestinese; tutte schegge impazzite. Gli accordi con l'uno contraddetti da quelli con l'altro. L'estrema difficoltà di trattare con un fronte così variegato, così composito e sfuggente I Abbas il comandante De Rosa ricorda soprattutto un punto: il dialogo, che egli chiama «assurdo, diplomatico e folk*, col capo dei negoziatori, che era anche il capo dei sequestratori (ed ora è confermato che essi puntavano al porto israeliano di Ansholt, solo lo sguardo indiscreto di un cameriere fece fallire quel progetto, che presupponeva di fare una strage di ebrei e poi rornarc a bordo). Alla domanda di Abbas se tutti stavano bene, «io risposi soltanto: stavano bene tutti quelli che erano a bordo. Avevo i terroristi con le armi puntate alle spalle*. L comandante ha una vena di superstizione. Attribuisce il suo salvataggio — più volte fu minacciato di morte — ad un uccellino, il messaggero di Allah secondo un'antica tradizione islamica, che gli si posò su un braccio proprio nel momento in cui diceva a uno dei terroristi, con un'esortazione a non uccidere: «Se io sto sbagliando, potresti uccidere me*. E quell'uccellino cambiò tutto. Non voglio smentire l'ottimismo, retrospettivo, del comandante che ha provato quelle ore terribili GLI chiedo se è vero quello che ho letto su vari giornali americani, che due ebrei degli Stati Uniti debbono a lui la vita. «Sì, è la risposta. Li ho salvati presentando una qualunque tessera di circolo come un passaporto austriaco». Il terrorista non aveva capito il termine Austria. «5/, Austria; Vienna». E l'incubo finì. I ? o o ad. u e no do n to a i zi an a, RANDE tragedia' del nostro temperi 5 questa1 della Lauro, che quasi non trova eco nel dibattito dei giovani democristiani. La Lauro è una vicenda scomoda per tutti; si tende a dimenticarla. Implica, in fondo, una espiazione collettiva. dqMnulnXVEDO un manifesto Beirut della fine di set tembre, dove mi si indi ca ancora una volta alla «giustizia» terroristica. «Ricercati vivi o morti»: è il poster che lasciato anche in un uffic AtW'Ansa. Il bersaglio è preci so. Ripenso alle minacce di Abbas, ripenso alle minacce di Gheddafi e di taluni suoi di gnitari, e mi radico ancora d: più in una convinzione: vuole una nuova convenzione universale contro il terrori smo. Con un palazzo di vetro che stabilisca nuove norme che le sappia difendere. Forse la distensione fra Mosca Washington riserverà questa svolta alla generazione che verrà dopo di noi. Giovanni Spadolini «Achille Lauro» in navigazione