Otto lavoratori «prigionieri» in Libia di Claudio Giacchino

Otto lavoratori «prigionieri» in Libia Otto lavoratori «prigionieri» in Libia Dipendenti delle Carpenterìe San Giorgio di Settimo, fabbrica di hangar e capannoni industriali, sono bloccati a Tripoli da quando la ditta è fallita, 3 mesi fa - Senza soldi, passaporti sequestrati Otto dipendenti delle Carpenterie San Giorgio, una ditta di Settimo Torinese, che produce hangar e capannoni Industriali, sono «prigionieri» In Libia da quasi tre 1 mesi. Le autorità di Tripoli hanno bloccato tutti i passa; porti subito dopo che 11 tribunale di Torino (17 luglio) ha dichiarato fallita l'azienda. I lavoratori sono: Angelo Actls Glorgetto, figlio di Stefano, ex amministratore delle Carpenterie San Giorgio; Giuseppe Pullca, 'Roberto . Medda, Giuseppe Atee-ri, Donato Savino, Giovanni Mode' sti, Antonio Torrente e Abdl ~'Schelk. Tranne Actis Glor1 getto, responsabile dei due cantieri che l'azienda ha in Libia, gli altri sono operai montatori. Pullca, Medda e Atzori sono di Sant'Antioco .(provincia di Cagliari); Savino e Modesti abitano a Torre '.. Orsaia (provincia di Salerno), , Torrente a Filetto, nel pressi di Chieti. Abdl Schelk è di nazionalità somala. La loro situazione pare precaria. Hanno detto la madre di Angelo Actls Glorgetto e Luigino Zo, del consiglio di fabbrica: «Dapprima la no¬ stra ambasciata di Tripoli li ha aiutati, adesso si limita solo a fornire i pasti. Giorni fa abbiamo avuto l'ultimo contatto telefonico con Angelo, ci ha raccontato che lui e gli altri vivono con le razioni militari e che non hanno più un soldo. Appena scoppiata questa grana ci siamo subito mossi, contattando l'ambasciata, il ministero degli Esteri ed i sindacati. Sappiamo che il leader della Vii Giorgio Benvenuto ha interessato Craxi: però, sinora, non è stato raggiunto alcun risultato». Perché sono stati séquestratl 1 loro passaporti? -Per lavorare in Libia sono necessari visto d'entrata e permesso di residenza. Questo è scaduto, le autorità hanno preso i passaporti, i documenti sono in mano alla polizia ■libica. Per rimettere in regola i passaporti bisognerebbe pagare circa quaranta milioni. Che non ci sono, essendo la ditta fallita». n fallimento s'aggira sui 7-8 miliardi. Sarebbe stato causato, stando al sindacati ed ai dipendenti, anche dal credito che le «Carpenterie San Giorgio» vanterebbero nei confronti delle banche libiche: circa due miliardi. Tale ritardo nel pagamenti avrebbe provocato una crisi di liquidità dell'industria e fatto precipitare la situazione, facendo perdere alla fabbrica una commessa, di. nove miliardi dell'esercito italiano. Secondo il curatore fallimentare, Nicola Carbone, 11 blocco del lavoratori italiani e del sòmalo non è dovuto a questioni di permessi scaduti ma al mancato pagamento di oneri fiscali.* -Le Carpenterie debbono corrispondere agli istituti libici diritti previdenziali per circa 120 milioni». A detta di altri. Invece, questa somma sarebbe molto più alta: -La Libia è in debito di miliardi. Se non si trova uno sbocco per via politica e diplomatica, quegli otto lavoratori torneranno a casa chissà quando. 17 loro caso è drammatico: tutti hanno famiglia, tutti non percepiscono più lo stipendio. Particolarmente grave la situazione dell'operaio Antonio Torrente: ha due figli piccoli, poiché è divorziato di loro s'occupa una parente anziana che vive già in ristrettezze e che da luglio, da quando c'è stato il fallimento, non riceve più una lira». L'azienda di Settimo (sorge in località San Giorgio) fu fondata nel 1969. Contava una cinquantina di dipendenti tra impiegati ed operai. Specializzata nella costruzione di hangar e capannoni, ha lavorato parecchio in Africa. Un cantiere ha funzionato sino a qualche anno fa in Ghana, dal 1982 due cantieri erano stati aperti in Libia: a Marea El Brega (per conto della Sirte Oli Company) nei pressi di Trìpoli, nella zona delle Colline Verdi dove sorgono le caserme di El Tekbala. Claudio Giacchino