E Parigi mugugna di Barbara Spinelli
E Parigi mugugna E Parigi mugugna i e . i e a a o o DAL NOSTRO INVIATO PARIGI — L'accordo italolibico sullo scambio di prigionieri, avvenuto la notte scorsa, ha suscitato non poca irritazione nel governo francese. Ad amareggiare Parigi e il modo «sbadato» in cui hanno agito le autorità italiane e soprattutto il momento prescelto per la liberazione dei tre sicari di Gheddafi: poche ore prima, sul piccolo schermo, milioni di francesi avevano visto le facce terree di tre connazionali sequestrati dai terroristi hezbollah, avevano ascoltato i loro rancorosi Sos (cosi simili alle lettere di Aldo Moro dalla prigionia, imploranti il cedimento e la vita salvata), avevano misurato l'impotenza del proprio Stato democratico. Mi ha detto ieri mattina un alto funzionario del ministero degli Esteri, che chiede di mantenere l'anonimato: «Davvero non era il momento giusto, mi creda. Non era il caso di demoralizzare ancor più l'opinione di un Paese alleato, sotto choc da quando ha visto le videocassette inviate dai terroristi. Né di eccitare i rapitori, dando l'esempio di come Parigi potrebbe capitolare. Forse gli italiani non sapevano quel che stava accadendo a Parigi, anche se tanta sbadataggine è sorprendente. Potevano però sospettare che il baratto con Tripoli avrebbe riconfortato gli hezbollah. Potevano ricordare che già una volta il comportamento di Palazzo Chigi ci stupì, il 18 settembre, quando rifiutò di chiedere l'estradizione del terrorista A hdal Idi>. L'alio funzionario che abbiamo interpellato non è l'unico a interrogarsi. Stamattina, i bollettini radio commentavano con stupore egualmente acre la simultaneità degli eventi: la facilità con cui Roma otteneva la liberazione dei suoi, la recrudescenza ormai proteiforme delle minacce contro la Francia Le videocassette mostrate in tv trasformano il Paese intero in ostaggio — si osserva nelle redazioni, negli ambienti politici — e il loro messaggio è chiaro: a Mitterrand in prima linea, che con più vigore sostiene la linea della fermezza, ma anche a Chirac, accusato di aver «tradito le speranze» dei sequestrati, si chiede di rinunciare alla presenza in Libano, all'aiuto dato all'Iraq nella guerra del Golfo, di liberare svariati terroristi e di intervenire presso il Kuwait perché rilasci 17 prigionieri dell'opposizione irachena Non per ultimo, si chiede la rottura con Israele, alla vigilia del viaggio di Peres a P?rigi: ieri i terroristi hanno promesso di assassinare Mitterrand «l'israeliano», e Jean-Paul Kauffmann, il giornalista sequestrato che i comunicati definiscono «agente sionista». Accanto a Kauffmann, sono sfilati in televisione altri francesi imprigionati, i diplomatici Marcel Fontaine e Marcel Canon. «La nostra capacità di resistenza morale è a pezzi, fate qualcosa per salvarci», hanno detto con voce spezzata, fissando attoniti e sfatti la telecamera trasformata in canna di pistola. La decisione italiana non viene condannata: «Capiamo benissimo che l'Italia cerchi una sua soluzione — aggiunge il mio interlocutore — e nessun occidentale a ben vedere può scagliare la prima pietra. Anche Reagan negozia, come mostra il caso Daniloff. Anche noi negozieremmo, se sapessimo esattamente quanti soldi ci chiede l'Iran (il prezzo aumenta ogni giorno) e cosa vuole esattamente la Siria». Ben altro segnala l'unilateralismo italiano, agli occhi di Parigi: «Segnala quanto saranno difficili misure europee concordate, nel caso il processo di Londra contro il terrorista della Et Al confermi le responsabilità siriane. Segnala che l'Europa è una fandonia, che l'egoismo è ormai sacro e che tutto questo blaterare di coordinamento intemazionale, fra alleati Cee, fra i sette Grandi industrializzati, è una gigantesca Barbara Spinelli
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