Fuga dal sindacato per delusione di Ezio Mauro

Fuga dal sindacalo per delusione Viaggio nella crisi delle organizzazioni sindacali; quando se ne vanno i dirigenti Fuga dal sindacalo per delusione Dopo gli anni dell'entusiasmo, molti non hanno retto alle speranze tradite ■ Ora fanno un lavoro autonomo o sono manager ROMA — Ieri mattina, pesca media a Su Pallosa Quand'è rientrato, il Proteo ha scaricato otto chili di saraghi e tre chili e mezzo di dentici piccoli, quelli di prima qualità. Ma, l'altro giorno, Proteo ha tirato su quaranta chili di pesce in un'uscita sola. Vuol dire che Gianni Usai è fortunato, in questo periodo buono per i saraghi: ma vuol anche dire che ha imparato a mettere giù bene i palamiti, con gli ami legati alla lunga lenza, a portare la barca, a capire il tempo che comanda le uscite, a trasformarsi definitivamente da sindacalista in pescatore. Fino all'agosto dell'80. Usai era nell'esecutivo del consiglio di fabbrica alla Fiat Mirai iori. Poi due mesi di aspettativa, passati in Sardegna a fare il marinaio a un corallaro. Quindi il ritorno a Torino, l'idea di metter su una cooperativa di pescatori che non se ne va dalla testa e alla fine la decisione di piantar tutto. «Sei matto, mi dicevano, pensaci bene — racconta adesso Usai —.Maio sapevo che certi anni devono essere vissuti in un modo, certi altri in un altro». Lui è stato il primo, o quasi: ma sulla scia del Proteo, silenziosamente, quanti hanno detto addio al sindacato e se ne sono andati? Sei anni dopo, Cgil, Ciaf e Uil incominciano s contare le fughe. Se ne vanno segretari confederali e uomini di periferia, leader di categoria, pedine dell'apparato. La segreteria della Cgil si era appena abituata all'addio di Gastone Sciavi, 47 anni, segretario dei chimici passato a lavorare per la Montedison negli Usa, che Antonio Pizzinato ha dovuto riunirla, a luglio, per discutere l'abbandono improvviso di Ettore Ciancico, 33 anni, ben deciso a lasciare 11 posto di segretario dei metalmeccanici Fiom per quello di responsabile delle pubbliche relazioni alla multinazionale elettronica Ericsson. Giorgio Benvenuto ha visto uno dei suoi segretari confederali, Giampiero Sambucini, mollare tutto per andare a dirigere 11 centro studi della Conicommercio. Franco ' Marini ha allargato le braccia davanti a Daniele Corbari, 43 anni, che piantava il sindacato e la segreteria nazionale dei tessili Cisl per gestire con il fratello il ristorante Biffi, in galleria, a Milano. Ai piani più bassi del sindacato, l'esodo cresce, anonimo e silenzioso, e cresce la coscienza di una separazione: •Sempre più spesso, ormai, ci vediamo tra di noi, gente che è uscita dal sindacato, perché con gli amici che sono rimasti dentro abbiamo ormai poco da dirci — spiega Gianni Argentano, 35 anni, che a Torino ha lasciato nell'81 la Fiom e si è messo a vendere computer —. Troppi non capiscono questa scelta, dicono che abbiamo voluto fare i padroncini, inventano storie, come quella su di me, che andrei in giro su una Mercedes 190 mai vista. Ma io non mi sento né reduce, né traditore, né ex. Il sindacato era importante, ci credevo, l'ho vissuto. Poi mi sembrava fuori dal mondo, e il mondo mi offriva più possibilità: cosi sono uscito». I perché ■ della fuga sono tanti, mescolati e confusi. Privati o pubblici, compongono comunque una storia collettiva che va dal sentimento al risentimento, dà la prima versione esistenziale di una crisi — quella del sindacato — vissuta fino ad oggi soltanto come fatto politico, chiama in causa, ancora una volta, la generazione del Sessantotto, la più colpita dalla voglia di fuga, disorientata dalla prima, grande sconfitta in un'esperienza cominciata negli anni ruggenti dell'onnipotenza sindacale. Ci sono gli addii politici, con Gianni Usai che si è jpnti » •stanco, nel vedere che nessuna delle nostre speranze si realizzava» e con Carmelo Ini, dirigente a Torino della V Lega Mirafiori per la Fim-Cisl, che quando a fine '83 ha visto •restringersi gli spazi in un sindacato che diventava troppo flessibile, morbido e disponibile» ha preferito andarsene in una cooperativa che si occupa di adolescenti difficili, figli di famiglie sfortunate. Poi ci sono le storie personali, che cozzano contro un costume di vita sindacale impermeabile a tutto ciò che è esterno: -Da quando sono diventato segretario nazionale dei tessili Cisl — racconta Daniele Corbari — ho dovuto dividermi tra Roma, dove lavoravo, e Milano, dov'erano rimasti i miei. Una vita da pendolare, con le sere a Roma da solo, i figli che non vedevo mai, i weekend schiacciati tra la famiglia e le riunioni, e un senso di provvisorietà, di insoddisfazione crescente. Dopo sette mesi non ce l'ho più fatta e mi sono tirato fuori.. Ma, soprattutto, spunta l'idea — fino a qualche anno fa inconcepibile-— che il sindacato non basta a riempire una vita, a racchiudere in sé tutto l'orizzonte del lavoro, a rispondere a parole nuove che si chiamano professionalità, autonomia, creatività, e che per l'ultima generazione sono diventate la vera misura di un mestiere. •Avevo fatto tutto il giro degli incarichi sindacali — spiega Mimmo Uliano, 40 anni, prima segretario dei tessili Cgil a Milano, poi capo della Camera del lavoro a Sesto San Giovanni nel periodo del terrorismo, quindi responsabile del terziario avanzato —, capivo che la routine mi portava ormai a ripetere le stesse cose, il sindacato stava diventando ur,a sistemazione tranquilla, pronta a coprire il rìschio e l'errore, a garantire il futuro. O adesso, mi sono detto, o mai più». Uliano, anche lui. è uscito. A un picchetto, aveva conosciuto Mariuccia Mandelli, la «Krlzia» del mode in Ualy: sei mesi fa ha accettato la sua offerta, e adesso come responsabile dei servizi logistici cura tutta l'organizzazione tecnica delle sfilate, sentendosi ogni tanto in colpa, •perché andar via in un momento durissimo per il sindacato sembra quasi un tradimento, così come tutta questa cura per la bellezza e per l'immagine ti fa sentire in contraddizione con la vita precedente». Ezio Mauro (Continua a pagina 2 in quarta colonna)