Fisco impotente di Stefano Lepri

Fisco impotente Lo ha dichiarato Visentin* al convegno IresrCgil Fisco impotente «Solo per questo, ora, sono contrario alla patrimoniale» - Un problema urgente è quello di «dare stipendi più decenti ai funzionari» ROMA — Invitato dalla Cgil a discutere dì imposta patrimoniale. Bruno Visentlni conferma che non ha nessuna intenzione di adottare un tributo del genere finché resterà ministro delle Finanze (ossia «per gualche settimana o qualche mese», fino alla caduta del presente governo). Visentlni, questa la novità, non si oppone alla patrimoniale (imposta da calcolare sulla somma delle ricchezze: case, titoli, oggetti di valore, auto, beni industriali) perché la ritenga ingiusta, o pericolosa; anzi, in linea di principio, sarebbe favorevole a introdurla. Il motivo per non procedere è un altro: il nostro sistema fiscale non sarebbe in grado di sopportare un'innovazione di questa portata. Scrissi a suo tempo il "libro bianco" sul fisco — dice il ministro — perché la situazione era grave; oggi è molto più grave. La fragilità delle strutture legislative e amministrative è tale che sono timoroso di tutto». Il dissesto non è una buona ragione per gettare la spugna: «C'è sempre la possibilità, e il dovere, di fare gualche cosa». Occorre far funzionare l'amministrazione tributaria, innanzitutto; e «non servono maxi-progetti, non serve una riforma giuridico-formale». Il vero problema è che bisogna pagare meglio gli impiegati, dare loro •stipendi più decenti»: 'Funzionari valorosi e onesti ne abbiamo ancora molti, ma l'esodo è imponente». •Giorni fa — ricorda Visentin! — abbiamo letto sul quotidiani quali sono gli stipendi di alcuni alti amministratori di enti e aziende pubbliche: si arriva a 350-400 milioni l'anno ciascuno. Bene, questa cifra è più alta di quanto prendono tutti i direttori generali del ministero delle Finanze messi insieme; e alcuni di essi sono persone di grande valore, più di chi prende quei compensi cosi elevati». Se si continua cosi, non si avranno uomini nuovi neanche per sostituire i dirigenti capaci che andranno in pensione: •Dobbiamo stare attenti agli impiegati che hanno oggi fra ì 30 e i 40 anni: se ne vanno, non tutti per fortuna, se sono bravi. Le imprese offrono loro 4-500 mila lire in più il mese». L'unica soluzione è sganciare i dipendenti delle finanze dalla normativa generale del pubblico impiego. E' possibile? •Ha il Paese — chiede Visentlni — il coraggio di rispondere si a questa domanda? Ce l'hanno i sindacati? E il ministro della Funzione pubblica?.. •Se questo si farà — promette il ministro delle Finanze — allora si che potremo mettere in piedi un corpo di ispettori contro l'evasione fiscale, non composto di poche persone come gli attuali super-ispettori che non hanno funzionato granché, ma un migliaio di giovani laureati alla Bocconi o in altre buone facoltà di economia, che facciano verifiche globali per tutte le imposte». Visentin! non ha obiettato alla tesi di fondo dell'Ires, l'istituto di studi della Cgil che organizzava il convegno di ieri: siccome i patrimoni sono distribuiti in modo molto più ineguale dei redditi, sarebbe grande opera di equità fiscale tassare i patrimoni e nel contempo alleggerire le imposte sui redditi. Da diversi anni le confederazioni sindacali chiedono che si adotti un'imposta patrimoniale, ma quella di ieri dell'Ires-Cgil è la prima proposta concreta. Secondo i ricercatori dell'Ires le difficoltà ci sono, ma sor-montabili nel giro di qualche anno: approvando una legge nel 1987, l'imposta entrerebbe a regime nel 1990-91. Il patrimonio da tassare è enorme: tremila milioni di miliardi. Quasi metà di esso è ih mano di un decimo soltanto delle famiglie. •Perfino Einaudi invocava l'imposta patrimoniale» ammette Visentin!. Se si riuscirà a salvare il fisco dal disastro, potrà anche venire il momento di un ampio riordino di imposte, e della patrimoniale: •Magari tra cinque anni». In altri Paesi, come la Germania, c'è e funziona. Però quando ci si muoverà, avverte il ministro delle Finanze, occorrerà stare attenti che ne valga la pena, ed evitare l'minfelice esperienza» dell'imposta francese sulle grandi fortune, che ha fruttato appena mille miliardi di lire all'anno. Qual è il rischio? «Cosi come vanno oggi le cose, il nostro Parlamento esenterebbe pressoché tutto». Stefano Lepri

Persone citate: Bruno Visentlni, Einaudi, Visentin

Luoghi citati: Germania, Roma