C'è pure la «bistecca e rognone» di Paolo Bertoldi
C'è pure la «bistecca e rognone» VELA Curiosità fra le barche degli iscritti alla Coppa America C'è pure la «bistecca e rognone» Questo il nome del «12 metri» di Sydney ■ Miliardi di spesa per una tecnologia da fantascienza FREMANTLE — «Ho scalato l'Himalaja, perché farlo ancora?» ha detto John Bertrand dopo il trionfo di Neurport. Se il timoniere di Australia II si è ritirato, Alan Band è rimasto al comando più deciso, più glorioso e più ricco che mai. Ha fatto varare Australia III, che ha vinto il campionato mondiale del febbraio scorso, ed ora con Australia IV, anch'essa disegnata da Ben Lexcen, punta al più favoloso tris nella storia della vela. In casa ha un fortissimo e scomodo alleato, il Sindacato Task Force 87 presieduto da Kevin Parry, miliardario come Band, di modesta origine come Band (da ragazzo faceva il falegname) e tenace come il suo consocio. Entrambi i gruppi derivano dalla stessa società, '. Royal Perth Yacht Club. Le barche di Parry si chiamano Kookaburra ed hanno attrezzature da fantascienza. Una tv a circuito chiuso controlla le vele sulle quali è tracciata una sottile riga nera. Le immagini sono rinviate al compiuter di bordo che traduce la linea orrizzontale in una cifra. Con una semplice occhiata al visore, il timoniere Iain Murray sa se randa e fiocco sono perfettamente a punto. Gli altri defenders vengono da Adelaide (barca South Australia) e da Sidney. Quest'ultimo sindacato presenta un battello curiosamente battezzato Steak & Kidney, bistecca e rognone. Complessivamente gli australiani sceglieranno il 12 metri della finalissima tra otto scafi tutti ultramoderni. Oggi però si pensa più agli sfidanti che appartengono a sei nazioni, Canada, Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti, Italia e Nuova Zelanda e dispongono complessivamente di venti battelli, ognuno dei quali vale quanto un galeone carico d'oro. Il maggior sforzo è sostenuto dagli americani, che voglionl riconquistare un primato tenuto per 132 anni. Il New York Yacht Club, che a Newport ha perso la Coppa, ha licenziato il timoniere sconfitto Dennis Conner, assumendo al suo posto Kolius, un velista che ha più volte regatato in Italia, vincendo tra l'altro un Campionato Mondiale. Poi si è installato a Fremantle comperando sedi a terra, capannoni a bordo mare. Ha fatto arrivare .12 metri, in serie, tutti con il nome di America n in onore dei quella lontana goletta America che, trionfando sulla Manica nel 1851 diede origine alla leggenda della Coppa. Gli sponsor sono Cadillac, Newsweek ed Amwy. L'altra potenza velica Usa ha sede a San Diego (California) ed ha accolto a braccia aperte l'esiliato Conner, il quarantaquatrenne timoniere che ha trionfato in due edizioni della Coppa America, ma è famoso soprattutto per aver perso la terza. Conner ha guidato i suoi ad una dura preparazione alle Hawai a solo all'ultimo momento ha portato a Fremantle una serie di Stars and Stripes, tutti .12 metri» di eccezionale rendimento, tra dui pare il numero tre sia il più riuscito. Blackaller (San Francisco) e Rod Davis (Newport Eagle) sono pure pericolosi tra gli sfidanti. Gli inglesi sono stati a lungo incerti tra i loro due Crusader. Uno è progetto di Howlelt, quello che disegnò nel 1983 Victory comprata poi dagli italiani e diventata mondiale a Porto Cervo. L'altro .12 metri» è opera di David Holm, il quale in precedenza aveva progettato soltanto modellini lunghi al massimo due metri. Solo dopo una serie di rifiuti è riuscito a farsi accettare nel campo dei grandi battelli. Gli altri assi di Coppa America sono il neozelandese Chris Dickson che porterà l'unica barca in vetroresina (mentre tutte le rimanenti sono in lega di alluminio) e Marc Pajot su Frenck Kiss. Per gli italiani vale l'esperienza di Pelaschier e la grinta del giovane Chieffi. Entrambi, in certe circostanze, hanno lottato alla pari con i migliori. Paolo Bertoldi
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