Statue scandalo

Statue scandalo F LA SCULTURA: NUOVE DISPUTE Statue scandalo F Chi avesse voglia di riprendete l'antica disputa sul primato tra le arti sostenendo le ragioni della scultura troverebbe acqua pel proprio mulino nella stagione di mostre appena spirata. Primato della scultura a Firenze con le celebrazioni del Sesto Centenario di Donatello alle quali per renderle memorabili è mancato forse un maggior coordinamento tra le istituzioni cittadine. Mentre c'è stata di troppo la smania della scoperta, dello scoop, che da qualche tempo in qua s'è appiccata agli storici dell'arte e stavolta ci ha fatto vedere, tra il rumore dei giornali, aggiunta in fretta alla mostra del Belvedere, una Madonna pretesa di Donatello e come tale, grsdlol'tnotPdtcBcMMMCtea tìnteci imbarazza%t8."«b °|WcspatddctlmcdppcE primato della scultura a aové si sono succedute, anzi per qualche tempo sovrapposte, due mostre di grande intetesse anche nel loro confrontarsi. La scultura francese del XIX secolo al Grand Palais è stata un atto di riparazione e l'annuncio di una resurrezione. Come ci ricorda Anne Pingeot, introducendo il catalogo, l'Ottocento fu in Francia — e non solo in Francia — il secolo della scultura. Sollecitato dalla larga committenza borghese, un popolo di statue scese nelle piazze e s'inerpicò per le facciate degli edifici pubblici e privati; ovunque tta le fronde di giardini e cimiteri presero a occhieggiare facce di bronzo e di marmo dalle barbe intemerate, cavalli a impennarsi sui fastigi dei teatri, e ragazze discole a inar carsi su quelli delle banche nazionali. Ai Saloni lo Stato comprava statue in abbondanza per rifornirne ministeri, ambasciate, prefetture, musei di provincia; i cittadini si riunivano in comitati e aprivano sottoscrizioni per erigere monumenti; statuine e busti trovavano un caldo ricetto negli interieurs del ceto medio. Il crepuscolo di questi dèi borghesi, di eroine dal petto nudo e di eroi serrati in marmoree redingotcs, fu rapido e crudele. I musei per sbarazzarsene allestirono vere e proprie discariche dell'arte. Più brutali, o compassionevoli, i governanti di Vichy che mandarono in fonderia vagoni di monu menti di bronzo? Anna Pingcot ricorda, applicandole al moderno oblio della statuaria ottocentesca, le parole che i Goncourt nel secolo scorso scrissero a proposi tS di Chardin: «Un gran senso di tristezza, una sorta di melan cìnica rabbia... davanti a questo portentoso aenfio di oblio, davanti all'eccesso d'ingratitudi-e all'insolente disprezzo da parte degli immediati posteri... Q domanda se sia soltanto la moda a guidare il nostro gusto». Il cambiamento nelle ani del nostro secolo rispetto al precedente è stato' ancor più radicale nella scultura che in pittura e la ragione può essere proprio la stessa che spiega " successo della scultura ottocentesca. E cioè il più docile integrarsi dello scultore quella società borghese in condamata separazione dalla quali! riasce l'arte moderna. Non caso Zola — è ancora la Pin geot a ricordarlo — nell'Oeuvre raffigurava proprio in uno scultore, Mahoudeau, il tipo dell'artista che si piega ai vaori del tempo. E non a caso l'altra mostra parigina, dedicata questa alla scultura moderna (al Bcaubourg, fino al lì ottobre) ne pone a capostipiti tre pittori: Gauguin, Matisse, Picasso. La mostra s'intitola con una domanda, «Che cos'è la scultura moderna?» e la risposta che offre parrà tendenziosa. Basti dire che tra gli italiani si cercherebbero invano non solo Martini e Manzù ma anche Marino; dai futuristi si passa a Melotti, Leoncillo, Fontana, Colla e all'Arte Povera annettendo alla scultura anche gli escrementiJnscatQU,di Piero Wamoni. *!a 4'aggewiVo w|cjerno non' -ruote -avere- quij unsenio cronologico bensì quello polemico di contrapposizione al passato, di rottura con la tradizione, un senso che «modernista» potrebbe forse ren dcr meglio. * * Questa rottura col passato comporta il discredito di materiali prediletti nell'800 (tra le 263 opere esposte quelle di marmo si potrebbero contare con una mano) e l'abbandono di funzioni e compiti ritenuti proprio della scultura. Quelli, per esempio, di celebrare, commemorare, educare, che si adempivano nella statua tipica dell'800: il monumento. La storia del rapporto tra scultura moderna e monumento — afferma Rosalind Krauss in un saggio compreso nel catalogo — è una storia di fallimenti, a cominciare dai progetti non realizzati di Picasso per un monumento ad Apollinare le cui maquettes filiformi, straordinarie per genialità plastica e ironia, sono esposte in mostra. Ma la discrepanza fra modernità e monumenti non pare aver frenato la voglia di cele- w| a o a e o , , i a a a n o a n n e e . oe - brare in bronzi e marmi così impetuosa in Italia: non c'è Paese occidentale dove si possano vedere altrettanti ircocervici compromessi, altrettanti comici innesti tra forme modernizzanti e retorica monumentale. Conosciamo una cittadina in Lunigiana che ha ricordato i caduti della Resistenza con una stele astratta fusiforme brancusiana (si fa per dire) e con una statua classicheggiante di partigiano poste una accanto all'altra. Ora che la modernità, come vogliono molti aitici e la stessa mostra del Bcaubourg assevera, è finita, ora che è cominciato il postmoderno, an che il discorso sui monumenti potrebbe perdere le muffe e ri tornare attuale. Ma non sono certo considerazioni di questo tipo ad aver rinfocolato da- noi nei mesi caldi la smania di monumenti. Come è noto, a suscitare il grande scalpore e a germinare feconda fu l'intenzione degl' anarchici canarini di erigere un monumento a Gaetano Bresci. Quanti han trovato motivo di scandalo nella'celebrazione di un omicidio politico potrebbero acquetarsi considerando che il primo monu mento profano nella storia occidentale fu elevato quasi due millenni e mezzo fa nella piazza di Atene a due omicidi, omosessuali .per giunta, Armodio e Aristogitone uccisori di Ipparco. Meraviglia se non scandalo potrebbe destare semmai il fatto che a promuovere l'impresa siano proprio gli anarchici, i quali agli occhi delle genti figurano piuttosto come eversori di monumenti. In realtà un monumento anarchico non è una contraddizione in adjecto ma gli occorrerebbe l'artista capace di tradurre in forma (o in antiforma) un grande progetto intellettuale sostanziato di riflessione autocritica, un progetto che avrebbe-potuto-tentare uno 'SWiHhP' no pare, una timida eco del passato, un cippo, una stele o un piedistallo senza statua (il libertario Proudhon detestava piedistalli!) a testimonianza dell'affabile tono ottocentesco che patina i marmi dell'anarchia carmina. Più allarmante il progetto milanese, venuto a strascico e a integrazione del primo, di un monumento alle vittime di Bava Beccaris. Allarmante perché, visto il gusto di chi decide in città, rischia di aggiungersi alla recente ghirlanda di opere che fanno di Milano la città europea con i più brutti monumenti. Un monumento, poi, tira l'altro, e magari qualcuno verrà a proporre di innalzarne uno anche alle vittime dell'attentato anarchico al cinema Diana che nel '21 contribuì non poco a spianare la via al fascismo. E da un punto di vista pedagogico avrà anche ragione perché le tentazioni della stupidità eversiva sono altrettanto e forse ancor più forti di quelle della stupidità repressiva. Mario Spagnol ripc Picasso: «Figure» (1928, per un monumento ad Apollinare) c

Luoghi citati: Atene, Firenze, Francia, Italia, Milano