La «Tass» tace su Orlov di Emanuele Novazio

La «Teass» tace su Ortov L'agenzia sovietica batte sul tempo Reagan - L'annuncio dell'incontro è accolto con sollievo in America La «Teass» tace su Ortov Dopo la notizia del prevertice in Islanda, quelle della liberazione di Zakharov e, con 24 ore di ritardo, dell'espulsione di Daniloff - A Mosca l'impressione è che Washington abbia ceduto DAL NOSTRO CORRISPONDENTE MOSCA — L'annuncio del «prevertice», o meglio dell' «incontro, di Reykjavik tra Gorbaciov e Reagan, è stata l'agenza Tass a darlo, per prima; con uno sprint — certo concordato, dal momento che l'Iniziativa del summit è sovietica — che le ha fatto battere sul tempo la dichiarazione di Reagan. Subito dopo, in successione, l'agenzia ha dato notizia (anche questa volta con anticipo sulle fonti americane) della liberazione di Ghennady Zakharov e della sua partenza da New York; e quindi dell'espulsione di Nicholas Daniloff (ma questa volta con buon ritardo: -ventiquattro ore sulla partenza del giornalista americano). Nessun cenno invece (almeno finora, ma fonti ufficiose sovietiche anticipano che nulla verrà neanche nelle prossime ore) alla liberazione e alla prossima partenza dall'Urss del dissidente Yuri Orlov, il fondatore del •Gruppo.di controllo per gli accordi di Helsinki» arrestato nel '77, e che il 7 ottobre la scerà il Paese per gli Usa. - Questa successione di notizie e di silenzi, di informazioni e di omissioni, è probabilmente la miglior chiave di lettura della posizione sovietica: dei suoi motivi di soddisfazione e dei suoi imbarazzi, delle sue concessioni e delle sue «vittorie», sostanziali o di facciata. La Tass, infatti, ha parlato di «espulsione», a proposito del giornalista americano: la decisione, scrive l'agenzia, è stata presa perché Daniloff era stato 'incarcera' to per attività illegali» (poche ore prima, Sovletskaja Rossjia insisteva: •L'amministrasione americana ha scatenato un polverone propagandistico sull'agente da detenuto a Mosca; e Daniloff non è l'unico agente segreto a nascondersi dietro l'accredito del giornalista-). La parola spionaggio — nel dispaccio Tass — non c'è; ma non c'è neppure a proposito di Zakharov. L'espulsione del fisico sovietico dagli Usa, inoltre, è taciuta: l'annuncio Tass dice semplicemente che •dopo un accordo con la parte americana, Ghennady Zakharov, trattenuto negli Stati Uniti, è stato rilasciato e sta tornando in patria». I due casi dunque, fa chiaramente intendere Mosca, se non sono legati, come del resto il Cremlino ha sempre sostenuto (gli annunci, ieri, sono stati dati separatamente, non riuniti nella stessa notizia) certamente sono ac¬ comunati. Anzi, la successione offerta al lettore e all'ascoltatore sovietico (liberazione e partenza di Zakharov, quindi liberazione e partenza di Daniloff) e 11 silenzio sulla liberazione di Orlov, vogliono enfatizzare 11 cedimento americano sulla vicenda. L'Impressione degli osservatori occidentali, a Mosca, è infatti che nel caso Incrociato Daniloff-Zakharov, Washington abbia davvero ceduto: una corte americana ha accettato l'istanza di non colpevolezza del fisico; i sovietici hanno ottenuto Zakharov, come chiedevano fin dal primo momento; e lo «scambio» non sarà diretto (per l'ingresso di Orlov nella vicenda) ma certo scambio resta. L'aspetto vertice, o meglio prevertice o — secondo l'espressione della Tass — «incontro» di Reykjavik, ha avuto un impatto, e un risalto, diversi a Mosca. La Tass sottolinea che è stato Gorbaciov a invitare Reagan, e che Reagan ha accettato; come dire: tutte le iniziative le prendiamo noi, dal progetto di disarmo globale ai progetti intermedi sugli armamenti, alle conferenze sul Mediterraneo senza navi militari, alla moratoria unilaterale sui test nucleari. L'occasione è, dunque, ancora una volta buona per offrire la sperimentata immagine, conciliante e ragionevole, dell'interlocutore sovietico. Certo, fino a pochi giorni fa, durante il suo tour caucasico, Gorbaciov aveva ripetuto con durezza che non c'era senso a vedere Reagan se non per firmare un accordo sul disarmo, eventualità molto improbabile in questo caso. L'annuncio del vertice, inoltre, è stato dato con sorprendente rapidità, dopo la soluzione del caso DaniloffZakharov: dando l'impressione, forse errata, che l'ostacolo, in realtà, fosse proprio quest'ultimo, anche per Mosca. Ma a Reykjavik Gorbaciov potrà fare, ancora una volta e al massimo livello, pressioni su Washington perché aderisca alla moratoria. Come l'inserimento del caso Orlov nella vicenda Daniloff, la formulazione stabilita per il vertice (che sarà soltanto un «incontro» in vista di un vertice vero e proprio, sottolinea la Tass) suona dunque come una via d'uscita: una scappatoia per consentire a Gorbaciov di non contraddirsi e inseguire altri vantaggi politici. Se, come è probabile, da Reykjavik uscisse una bozza d'accordo su cui lavorare toccherebbe — ancora una volta — al leader del Cremlino gran parte del vanto: è stato lui infatti a sollecitare Reagan a un incontro. Se, al contrario, le cose andassero male, Gorbaciov potrebbe sempre farsi schermo col «prevertice»: non c'era alcun impegno, potrà dire; ho fatto di tutto per convincere Reagan, ma la sua opposizione a un accordo è stata troppo netta. Non sarà una vittoria anche questa, forse, ma certo le assomiglia. Emanuele Novazio