Ottobre '56, Budapest brucia di Paolo Mieli

Ottobre '56, Budapest brucia —■ , — I GIORNI DELLA RIVOLUZIONE CHE L'URSS SOFFOCO' NEL SANGUE Ottobre '56, Budapest brucia —■ , — Trent'anni fa l'Ungheria chiedeva che i sovietici se ne andassero - Comizi, cortei, poi la rivolta - Con studenti e operai, anche l'esercito - Il generale Maleter: «Non crediate che non siamo socialisti» - Con l'assenso di Mao, Gomulka e Tito, Krusciov ordinò un'invasione che avrebbe fatto migliaia di morti - Anche questa volta Togliatti difese l'intervento di Mosca / primi segnali del grande incendio che stava per divampare in Ungheria si ebbero il 6 ottobre quando per le vie di Budapest sfilarono in silenzio trecentomila persone. In testa al gigantesco corteo, Imre Nagy e Julia Rajk. Nagy aveva allora sessantanni, da quasi quaranta era iscritto al partito comunista e diciassette ne aveva trascorsi in Urss; nel dopoguerra era stato ministro dell'Agricoltura e poi capo del governo tra il '53 e il 'SS quando lo «Stalin ungherese», Matyas Rakosi, che se lo era visto imporre dagli stessi sovietici dopo la morte del dittatore georgiano f«Se continuate di questo passo 11 popolo vi caccerà a colpi di forcone». Io avevano minacciato i dirigenti di Mosca) riuscì a buttarlo fuori prima dal governo e poi dal partito. La signora al suo fianco era la vedova di Laszlo Rajk, il rivale di Rakosi che nel '49 era stato mandato a morte dopo un incredibile processo nel quale, per salvare la vita ai familiari, s'era dovuto autoaccusare di aver ordito complotti in complicità con la «banda di Tito» per riportare l'Ungheria sulle «orme di Hitler.. Quel giorno, agli inizi d'ottobre di trent'anni fa, si celebravano la riabilitazione di Rajk e i suoi funerali. Ma nessuno si aspettava che di II sarebbe iniziato /«ottobre ungherese». Anzi, i sovietici erano convinti che quella solenne cerimonia dovesse esser considerata come l'atto conclusivo del processo di riparazione alle «violazioni della legalità socialista» iniziato dopo che in febbraio, al XX Congresso del pcus, Krusciov aveva denunciato i crimini di Stalin e aveva invitato i leader dei Paesi satelliti a fare altrettanto. Una denuncia che aveva avuto \ Brandi zis^us.sionlCÌn -Po-' Ionia, a Poznan, il 28 giugno ostiìt^u'^^r^fldé^V0l-. to popolare; ' in "Ungheria' grazie soprattutto ai surriscaldati dibattiti promossi^ dal circolo intitolato al poeta Sandor Petòfi caduto nella rivoluzione del 1848 in battaglia contro l'esercito russo, il movimento che voleva saldare il conto con il passato staliniano era cresciuto a dismisura. . I sovietici si sentivano a tal punto sicuri che proprio quel giorno, il 6 ottobre, avevano convocato a Mosca V'Uomo nuovo» al quale avevano affidato i destini dell'Ungheria dopo che in luglio avevano destituito Rakosi Ernò Gero. Già braccio destro dì Rakosi, Gero era, se possibile, peggiore di lui; aveva lavorato a lungo per la polizia segreta russa anche durante la guerra civile spa- gnola dove s'era distinto nella liquidazione degli oppositori di sinistra e aveva avuto anche un ruolo non marginale nell'assassinio di Andrés Nin, il capo del Poum in Catalogna; tra i suoi meriti vantava il reclutamento di Ramon Mercader, l'uomo che nel 1940 assassinò Trotzkt. Il boia m l trinlmu.ini *»i Gero s'era messo a fianco come numero due un •liberale», Janos Kadar, ex ministro dell'Interno che aveva conosciuto prigione e torture negli ultimi anni della dittatura di Rakosi; s'accingeva poi a riammettere Nagy nel partito e a restituirgli probabilmente il ministero dell'Agricoltura; infine avrebbe arrestato l'odioso ministro della Difesa Miklos Farkas, un cecoslovacco catapultato da Stalin in Ungheria dove tutti, a cominciare dai suoi stessi collaboratori, lo avevano soprannominato «il bota»; Gero pensava insomma di essere il vero gattopardo della situazione, si sentiva in una botte di ferro e in tal senso quel giorno andava a rassicurare i leader del Cremlino. fsPEdmddrrS Ma sulla brace accesa ai funerali di Rajk cominciò a soffiare un forte vento dalla Polonia. Qui lo stalinista Edward Ochab stava cedendo il passo a Wladyslaw Gomulka che a metà ottobre, dopo essere uscito vincitore da un braccio di ferro con i russi, riconquistò la segreteria del partito e, al suo primo riforma JkVPnffll/chA ^-A'.Efc Stabilimento parziale di regole democratiche. Incoraggiati dalla vittoria di Gomulka, gli studenti ungherei e il circolo Petòfi avanzarono una piattaforma in cui chiedevano il ritorno di Nagy alla guida del governo, il ritiro dei sovietici dall'Ungheria, processi pubblici ai dirigenti stalinisti ed elezioni a cui potessero partecipare tutti i partiti. Culmine di questa campagna doveva essere una manifestazione di solidarietà con la Polonia convocata per il 23 ottobre. L'appuntamento era alle tre del pomeriggio sotto la statua di Petòfi. Ma questa volta il corteo, non sfilò in silenzio. I manifestanti abbatterono la statua di Stalin, demolirono tutti i simboli della presenza russa in Ungheria e, dopo un minaccioso discorso radiofonico di Gero, diedero l'assalto alla radio perché trasmettesse la loro piattaforma. Verso sera iniziò la battaglia; non solo a Budapest, anche in altre città del Paese. Nella notte fu convocato d'urgenza il comitato centrale che in tutta fretta nominò Nagy capo del governo e chiese all'esercito russo di intervenire a sedare la rivolta. Dall'Urss, dove giungevano continue richieste di misure energiche da parte dell'ambasciatore sovietico in Ungheria, Andropov, arrivarono quella notte Suslov e Mtkojan; ma era tardi; l'indomani, nonostante la presenza di carri armati con la stella rossa, piazze e strade continuarono a esser piene di manifestanti, in tutte le fabbriche si formarono consigli operai, nacquero le prime milizie popolari armate e in molti cast i soldati russi fraternizzarono con i rivoltosi. Gli agenti dell'Avh, la polizia politica, presero a sparare contro la folla e, se già prima questo genere di persone era poco amato, da quel momento anche chi era semplicemente sospettato di appartenere a quel famigerato corpo quando cadeva nelle mani dei rivoltosi veniva linciato senea pietà. Il 25 ottobre anche Gero fu destituito dalla carica dt segretario e rimpiazzato da Kadar. Krusciov e i tuoi speravano che il duo Nagy-Kadar potesse restituire in poco tempo la pace all'Ungheria. Ma non fu cosi. / consigli di fabbrica esigevano il completo ritiro dei sovietici dal Paese. E cari i militari; dalla caserma Kilian il generale Maleter annunciò che avrebbe aperto il fuoco contro i mezzi militari russi e diventò in breve uno dei più celebrati eroi di questa rivolta. Rivolta che, a dispetto di come la definivano t comunisti di tutto II mondo, assunse da subito la fisionomia di una rivoluzione: coloro che erano scesi in piazza si mostravano si decisi a combattere l'oppressione sovietica (una delle richieste era di non esser più derubati e di altre materie I Vtktihìànistl fllomó^ scoviti, ma. con la costituzione di consigli rìvoluzionan nelle campagne e nelle fabbriche, oltreché nei loro proclami, davano prova di ispirarsi a un socialismo autogestionario sul modello jugoslavo; tra loro erano una trascurabile minoranza i nostalgici del regime parafascista dt Horthy. «Non crediate che non siamo socialisti, perché lo siamo», urlava Maleter: «Questa ribellione non è fatta da capitalisti che cercano di restaurare il vecchio regime». Alla fine di ottobre Nagy ottenne finalmente il ritiro delle truppe sovietiche. Contemporaneamente annunciò l'intenzione di indire Ubere elezioni e dt far uscire l'Ungheria dal Patto di Varsavia. Dappertutto tornarono in vita i partiti del dopo-liberazione: quello dei piccoli proprietari, il socialdemocratico, quello dei contadini che prese il nome di partito Petofi. Ma proprio in quei giorni gli insorti della via Prater diedero l'assalto alla sede del partito di Budapest, uccidendo qualche decina di militanti tra t quali ti segretario della federazione. Alcuni gruppi come quello di Dudas che non si fidavano neanche di Nagy ebbero scontri coi militari ungheresi. Appena liberato di prigione, il cardinale Mtndszenty chiese per radio che alla Chiesa fossero restituiti i beni espropriati nel '45. Tradimento 'Deleterio fu in queste circostanze il ruolo giocato dagli americani. La loro Radio Europa libera, per la voce del colonnello Bell (pseudonimo dietro il quale si nascondeva un profugo ungherese) continuò ad incitare alla rivolta facendo intendere il falso e cioè che truppe occidentali sarebbero presto giunte in soccorso degli insorti. Da un'indagine fatta su un miglialo di emigrati dopo il fallimento della rivoluzione, risultò che il 96 per cento di loro avevano creduto fino all'ultimo che l'Occidente sarebbe intervenuto. A quel punto Krusciov si convinse che l'Ungheria era in procinto di passare al campo occidentale e ritenne che ciò mettesse in pericolo lui stesso restituendo argomenti ai nostalgici di Stalin sconfitti con il XX Congresso. Ottenuto l'assenso di tutti i leader comunisti, compresi Mao, Gomulka e Tito, e tiratosi dalla sua Kadar, ti 4 novembre procedette a una nuova invasione dell'Ungheria. Ai soldati russi fu detto ^ che andavano a reprimere un moto fascista in Germania e questa volta l'azione fu spietata. Nel giro di un mese gli invasori ebbero ragione della rivolta provocando migliala dt morti. Nagy trovò ospitalità nell'ambasciata jugoslava che lo riconsegnò ai sovietici solo quando Tito ebbe assicurazioni sulla sua lo, quella parola fu tradita e immunità. La stessa promes- & # fatta nei- cfmlronWdi-|'.Maleter. Ma. nel giugno de} ' '58. Edipo un processo ridico- i due furono assassinati. Dall'Italia, Palmiro Togliatti, che aveva sempre difeso l'operato dei sovietici, trovò parole di giustificazione anche per quell'ultimo, inutile, criminale episodio. Quanto all'Ungheria del dopo '56 va detto che quello di Kadar è stato il regime più liberale in senso politico ed economico dell'intero Est '-europeo:-'* -dì'rtètìfte come quella dt trent'anni fa non ce ne sono Mtè pili. •sn Paolo Mieli Budapest, 1956. Le mililizie popolari armate affrontano i carri sovietici: ai soldati russi fu detto che andavano a reprimere un moto fascista in Germania