Come essere scrittori nell'India delle cento lingue

Incontro col romanziere Amitav Ghosh mentre esce in Italia «Il cerchio della ragione» Incontro col romanziere Amitav Ghosh mentre esce in Italia «Il cerchio della ragione» Come essere scrittori nell'India delle cento lingue Attualità MILANO — Più di 3 milioni di chilometri quadrati, quasi 700 milioni di abitanti, 22 Stati e 9 tenitori, 225 lingue e un numero imprecisato di dialetti. Da quell'immenso Paese che è il subcontinente indiano, secondo solo alla Cina per popolazione, ci arrivano ogni tanto, attraverso il Mar Arabico e il Mar Rosso, sporadici messaggi in bottiglia. Li firmano nomi esotici. Ieri quelli prestigiosi di Narayam, Naipaul, Rushdie. Oggi quello, nuovissimo, di Amitav Ohosh. Il messaggio di Amitav Ohosh è un grande romanzo picaresco che parla dell'India, degli Emirati del Golfo, dell'Egitto, del deserto algerino. In questo mutevole paesaggio, animato dalle voci di decine di personaggi che sembrano usciti dalle Mille e una notte, si snodano le avventure transcontinentali di Alu, un orfano che deve il suo nome (alu significa «patata») alla forma irregolare della testa, tutta bernoccoli e protuberanze. Allevato da uno zio nel culto della scienza, dopo una serie di tragicomiche vicende Alu ne riprenderà le utopistiche aspirazioni fondando una bizzarra comunità che sarà dispersa dalla polizia. Il finale si svolge tra le dune dorate del Sahara. Là si incontrano finalmente inseguito e inseguitore, scoprendosi fratelli davanti all'insondabile mistero della morte. Il cerchio della ragione (Garzanti, 472 pagine. 26.000 lire) segna li- de butto letterario di AmitaV-JQnoshy. questo trentenne ricciuto e sorridente, con gli occhi vivi e la faccia da monello, che si è messo a scrivere, sotto l'Influsso di Melville e di Poe, dopo essersi laureato in antropologia, e che oggi divide il suo tempo tra l'Insegnamento e la letteratura. Nato a Calcutta, figlio di un piccolo funzionario statale originario di quella se- Mitteleuropa a Gorizia GORIZIA — E' In corso a Palazzo Attems il ventesimo Incontro culturale mitteleuropeo, dedicato quest'anno al tema «La scuola viennese di storia dell'arte», e aperto giovedì da una relazione di Carlo Ludovico Raggiranti. Sono presenti studiosi tedeschi, austriaci, ungheresi, cecoslovacchi e jugoslavi. Fra gli italiani interverranno Simone Vlani, Arturo Carlo Quintavalle, Vittorio Fagone e Annamaria Conforti. Fotògrafi a Maratea MARÀTEA — Domani si conclude la manifestazione »Maratea'otografxa», premio internazionale che ha per tema il Mediterraneo, vale a dire usi, costumi, storia e ambiente naturale dei Paesi che vi si affacciano. Nel suo ambito, ansi suo clou, diverse conferenze e tavoi le rotonde dedicate a 'Il libro e la fotografia» con la partecipazione, fya -olii altri, di Emo Sellano su 'Il mestiere di editore», di Luigi Ghirri su 'Il futuro del libro fotografico in Italia e in Europa» e del francese Gilles Mora, editore di Le Cahier de la Photo, su *Approccto critico ai grandi libri di fotografia». L'iniziativa è stata organizsata dal Comune, dalla Regione Basilicata e dall'Istituto Francese a Napoli. Il nuovo volto della cantante, possibile scrivere un romanzo realistico perché in inglese, in francese o in italiano si possono rendere le inflessioni di chi parla, caratterizzare un personaggio come meridionale o settentrionale, rappresentare le diverse forme dialettali esistenti nella stessa lingua. In India questo sarebbe impossibile, perché le differenze linguistiche sono assolute. Donde la necessità di abbandonare il realismo per un discorso di tipo metaforico. Ma proprio quel multilinguismo che a un europeo farebbe gridare al caos è, secondo me, il gran dono della civiltà indiana. La conoiW scensa della diversità in se stessi è infatti l'esperienza più. ricca e fruttuosa che si Amitav Ghosh (Foto Sanjeev Saith) Possafare». Stupisce apprendere da Ghosh che l'industria editoriale indiana è seconda solo a quella degli Stati Uniti, che monopolizza il mercato africano, che permette agli scrittori di successo di vivere, con i diritti delle riduzioni cinematografiche e televisive delle loro opere, come pascià. Basti una cifra: alla Fiera di Francoforte, in quest'anno dedicato al suo Paese, saranno presenti 600 editori indiani. Come mai, allora, questa discontinuità, questa insufficienza europea di informazioni su una produzione cosi vasta, questi libri pubblicati col contagocce, questi messaggi in bottiglia con tanta parsimonia? Ghosh sorride e si schermisce. Forse preferirebbe non rispondere. Ha capito tendenzialmente monolinguistici, definirebbero sbrigativamente «un pasticcio», per Ghosh e per gli altri scrittori indiani è una sfida e un'avventura. 'Plurilinguistici come stiamo diventando» — lui, per parte sua, di lingue ne parla cinque, ma già il trenta per cento della popolazione indiana è bilingue — «dobbiamo trovarci una lingua in cui scrivere i nostri romanzi. In un Paese dove il dialetti cambiano ogni sessanta chilometri, e dove l quattro gruppi linguistici fondamentali sono completamente diversi tra loro, è inevitabile che questa lingua, se è l'inglese, si rivolga alle classi più abbienti. Confesso che non è questo il pubblico che vorrei per il mio libro, che parla di zione orientale del Pakistan che costituisce l'attuale Bangladesh, Ohosh scrive in inglese. -Un inglese», ci spiega nell'albergo dove lo incontriamo, -che non ha nulla che fare col colonialismo, come molti credono ancora, ma che è solo una specie di lingua franca, una scelta dettata dalla necessità». Quello della lingua è un problema tecnico che ogni scrittore indiano si trova a dover affrontare, prima o poi. 'Mentre un italiano può conoscersi solo in italiano», dice Ohosh, «e questa è la sua unica lingua, la lingua del lavoro, dei sogni, della letteratura, e anche quella che parla con sua madre, per noi la questione è molto più complessa. Noi sappiamo di essere divisi, e sappiamo di essere divisi, e non rispondere. Ha capito contadini e di muratori, di ogni indianodeve, pe^è'énóo barcaioli.«eWHt rrtefcontt^dtv.itofctoOROQ.:bejBe l'eurocaa-iscetti? leónoscere ameno poliziotti e di prostitute, fn-i:"*rJsmo; dei Suointervistato*j*< Il t ifi re. 'Il nostro», osserva infine, «é già in se stesso un mercato immenso che soddisfa le esigenze morali e materiali di molti scrittori. Non abbiamo bisogno dell'estero. Per chi scrive buoni romanzi, in India, l'oscurità non è un problema. Forse i nostri autori sono oscuri solo per voi». . Vincenzo Mantovani somma di povera gente che lavora. Ma ho fiducia nelle traduzioni». Fiducia ben riposta, se si pensa che lo hindi e parlato da quasi 150 milioni di persone, 11 marathi da 34, il bengalese da 33, il gujarati da 20,11 rajastani da 25. il punjabi da 11. Scrivere in inglese pone altri problemi, però. »In Europa», osserva Ghosh, «è due o tre lingue diverse. Le faccio un esempio: mio padre con gli amici si esprime in bengalese, che è la lingua del suo Paese d'origine; con i fratelli in hindi, perché sono cresciuti nel Nord; in ufficio adopera l'inglese, che è ancora la lingua della burocrazia; e con mia madre un altro dialetto». Ma quello che gli europei, attesa in Italia, in un disco e nell'autobiografia