Giudici, la poesia alla ricerca dell'ultima maschera di Giovanni RaboniGiovanni Giudici

Giudici, la poesia alla ricerca delPiMma maschera Giudici, la poesia alla ricerca delPiMma maschera .■ T 9 ANTICHISSIMA, mitica estraneità tra l'uomo e il << |. mondo» fu esperienza fondamentale nella vita e nell'opera di Gottfried Benn, uno fra i maggiori poeti dell'espressionismo tedesco. Questo tema' trova una delle sue espressioni più caratteristiche nelle singolari storie del dottor Rónne: scritte nel 1915 e pubblicate l'anno successivo con il titolo Cervelli, esse costituiscono una delle prime tappetiti lungo viaggio intellettuale ch& il poeta tedesco intraprese alla ricercatili un ponte tra la realtà inesistente e i frammenti dell'io. L'opera, ardua e spesso oscura, arricchita di alcune lettere dell'autore e di un suo saggio del 1934, viene proposta oggi dall'editore Adelphi nell'ottima traduzione di Maria Fancelli, mentre illuminanti osservazioni di Roberto Calasso facilitano l'approccio al testo. Racconto, saggio, -prosa assoluta», le storie del dottor Rónne non si lasciano classificare in un ben definito genere letterario: sono immagini, pensieri del protagonista che, come Benn, è medico e, come lui, tocca ogni giorno il confine tra la vita e la morte, tra la forma e la dissoluzione. Rónne è una personalità dissociata, un -io schizoide»; sente che la realtà esteriore, priva di consistenza antropologica, non esiste, che le parole del linguaggio quotidiano con le quali crediamo di tenerla stretta, sono vuote di sostanza, mere -ciance da poltrona». La sua vita si smarrisce nel flusso fugace delle sensazioni, urta contro il guscio duro dei concetti, attende il miracolo della parola nuova, capace di farsi -autoincontro della creazione», unità ritrovata di io e mondo. Nell'azzurro di lontananze mediterranee, nell'irrealtà del sogno, il miracolo si avvera e, per brevi attimi, Rónne riesce a incontrare sé stesso: - Talvolta è un'ora, e tu esisti; il resto è ciò che accade. Talvolta i due mondi si innalzano in un solo sogno». Ada Vigliani Gottfried Benn: «Cervelli». Adelphi, 121 pagine, 9000 lire. * » ■■ -sa» oi.u>j.u »; tìvwajn unitaria sostanza dentro diversi stampi . o maschere (la maschera del piccolo borghese querulo e frustrato, la maschera del libertino timorato di Dio, la maschera quasi invisibile dell'io spudoratamente «n>is à nu»,..). Ad esse corrispondevano, via via, altrettante funzionali alterazioni della voce, altrettanti «falsetti», altrettante «imitazioni» dell'eloquenza o dell'afasia, che genialmente non coincidevano mal né con se stessi né col proprio contrario, realizzando ogni volta un tipo nuovo e sottilmente complementare di verità-simulazione espressiva. IL salutz o salut è un genere dell'antica' poesia provenzale; anzi, per essere più esatti credo non si debba parlare d'un genere a sé stante (come sono, mettiamo, 11 sirventes o Valba, la pastorela o la fenso), bensì d'una forma particolare e abbastanza rara del più diffuso fra i generi trobadorici, quello della canso (canzone), nel cui ambito il salute si caratterizza per la struttura esplicitamente epistolare e per l'uso del cosiddetto metro epico, cioè del decasillabo, corrispondente all'lncirca all'endecasillabo italiano. Chiedo scusa per questo piccolo sfoggio di erudizione a buon mercato; ma qualche chiarimento terminologico mi sembra davvero utile, se non indispensabile, per accostarsi all'ultimo e per diversi aspetti stupefacente libro di Giovanni Giudici, che si intitola appunto Salutz e reca, sùbito sotto il titolo, due date (19841986) che suggeriscono un ritmo di composizione assai serrato, addirittura ossessivo, attorno a un nucleo estremamente compatto di ispirazione tematica e formale. E' lo stesso autore a raccontarci, In una breve nota, come quella parola — salutz — gli sia entrata quasi fortuitamente nell'orecchio e nell'immaginazione. Il salute va inteso, suppongo, come una parte per il tutto, cioè come emergenza acuta e istantanea di una vasta e complessa memoria letteraria che comprende, accanto alla tradizione trobadorica, quella della lirica cortese altomedioevale d'area austro-bavarese: tant'è vero che Giudici, oltre alle parole provenzali Midons (cioè «mea domina», madonna) e Domna, usa con non minore frequenza la parola Minne (amore), estrapolata con ogni evidenza dai testi dei Minnesanger germanici. Ma. fatte queste doverose premesse, occorre uscire risolutamente e senza indugio dal cerchio angusto e incantato della filologia per vedere come le squisite suggestioni di cui s'è fatto cenno abbiano agito nell'organismo, nel corpo vivo della poesia di Giudici, e fino a che punto ne abbiano modificato o cristallizzato lo sviluppo. Perché, in primissimo luogo, non dobbiamo dimenticare d'essere qui di fronte all'episodio più recente di una storia poetica che dura da decenni e che ha prodotto libri di grande importanza e bellezza come La vita in versi (1965) o II male dei creditori (1977) o Lume dei tuoi misteri (1984), e non già all'exploit di un letterato d'ingegno che abbia fiutato nell'aria l'insorgere o risorgere di determinate inclinazioni del gusto. Bisogna, Insomma, saper distinguere l'eventuale tempestività «esterna» di Salutz (una tempestività che ne situa la comparsa sullo sfondo di quel revival o riuso — non sempre ironico e non necessariamente regressivo — di forme metriche e linguistiche del passato, che ha mobilitato contemporaneamente, negli ultimissimi anni, poeti di più generazioni) dalla sua tempestività «interna», vale a dire da ciò che 11 libro rappresenta e significa come parte terminale, per ora, di una lunga e già complicata vicenda di travestimenti e metamorfosi. La poesia di Giudici è divenuta e si è formata, sin dai primi esiti riconoscibilmente autonomi, attraverso successive «colate» della propria Inconfondibile e A questa straordinaria agilità e spregiudicatezza linguistica (oltre che, si capisce, a una non meno articolata ricchezza di motivi esistenziali e di motivazioni etiche e intellettuali) dobbiamo alcuni fra i testi poetici più emozionanti e perfetti di questi decenni. Ebbene, a me sembra che Salutz, lungi dal significare un'improvvisa, «scandalosa» ritrattazione della storia formale che lo precede, ne costituisca uno scatto ulteriore, una nuova e Inaspettata e Inevitabile accelerazione: all'ultima delle sue maschere, Giudici ha sostituito o sovrapposto la maschera estrema e remota — atrocemente impassibile e patetica come 11 volto di Buster Keaton — del trovatore, del poeta cortese, dell'amante gotico... Ciò che veramente conta è dunque, anche stavolta, riconoscere lo strazio, localizzare la piaga aperta e sanguinante sotto lo splendore buffonesco e mirabile del paludamento. E per questo basta aprire il libro, soffermarsi via via sulle settanta lasse (suddivise in sette sezioni o canti di uguale consistenza, e completate da un lais di venti versi che ne sottolinea il tono testamentario nello stesso momento in cui serve a raggiungere lo score magico e prefissato dei mille versi complessivi) di questo poema d'amore splendido, mortuario e maniacale. Un bisogno feroce di confidenza e di pietà, un magma ondoso, ripugnante di suscettibilità e di dolore strisciano e ribollono sotto una superficie tanto apparentemente tesa e impeccabile quanto, a saper guardare, segnata come 11 sudario di un torturato da un fittissimo reticolo di lividi e ferite, di spaccature e secrezioni. Inventata, mai finta, la lingua di questi versi corrode di continuo la propria pàtina antiquariale, organizza infaticabilmente la trasgressione di se stessa e della sua stessa trasgressione, nutre da viva i vermi della propria corruzione e •modernità». E' difficile credere che Giudici si attesterà su questa incarnazione; anzi, già nei venti versi del congedo sembra di cogliere un impeto diverso, una scabra, macabra ruvidità da gesso funerario. Ma certo il punto cui è arrivato con Salutz è un punto molto alto e) nel più forte e nobile del sensi, senza ritorno. Giovanni Raboni Giovanni Giudici, «Salati», Einaudi, 106 pagine, 16.000 lire.

Persone citate: Ada Vigliani, Benn, Buster Keaton, Einaudi, Giovanni Giudici, Gottfried Benn, Maria Fancelli, Minne, Roberto Calasso