E' Dio, dunque ha molto da raccontare di Furio Colombo

Dall'America «Il mondo creato», romanzo di Franco Ferrucci «né laico né religioso» Dall'America «Il mondo creato», romanzo di Franco Ferrucci «né laico né religioso» E9 Dio, dunque ha molto da raccontare di rivolte terribili, di crisi angosciose amhe per i santi, li capisco perché sono parte dell'impeto inarrestabile e non reversibile della creaziom, del suo crescere stupendo ma amhe da incubo, una volta compiuto il gesto-pensiero iniziale; il suo spandersi in ogni modo, lato, faceta ed evento. Perché il gesto di creare, essendo di Dio, neppure da Dio può essere fermato e non perché manca potenza, ma perché la potenza si è riversata e si attua continuamente mi gesto. Il Dio di Ferrucci ha una dolce e disincantata tendenza a riflettere e, riflettendo, a narrare la sua opera, perché gli viene assegnata una ansia che è la trascrizione in termini di sentimenti dell'teterno presente*, del vivere mi prima e nel dopo per sempre, che i teologi distinguono come tratto peculiare di Dio. La sua ansia è la tensione che lo lega a questo tutto che è sempre stato e sempre sarà, esaltato e angosciato dagli svolgimenti che non sono imprevisti, ma sono così enormi, diversi e impliciti, che chiedono ogni volta, pur essendo stati creati, pur essendo, fra un minuto, creabili, una contemplazione meravigliata. Ecco, Ferrucci aggiunge a tutti gli attributi la meraviglia. E' un sentimento insieme intellettuale e di conoscema (Dio prende e riprende continuamente possesso del suo creato attraverso la meraviglia per quello che ha fatto e quello che accade), un intento di meditazione da «dio oiorane* (altra grande intuiziom di Ferrucci: Dio maturo e nel pieno della sua saggezza-potenza non dimentica il Dio giovam dentro se stesso, proprio perché tutto esiste e vive netto stesso tempo infinito). E' una passiom narrante da osservatore troppo onesto per fare un .editing- al suo creato; troppo acuto per non vedere tutto, compreso le deformazioni della faccia di Dio messe su dalle religioni; troppo intellettuale per non voler spingere fino al punto critico la sua riflessione. NEW YORK — Dio riflette su se stesso, sul suo pensiero, il suo agire, sul mondo creato, come in certe novelle yiddish, come mi delirio di certi rabbini dei racconti di Singer, come nei canti indiani dei templi Vedanta, come nelle •storie esemplari* che i saggi narravano in Cina agli imperatori, come mlle infinite variazioni scettiche dell'Occidente Cristiano. Nelle storie yiddish marna il «se» («se Dio adesso riflettesse, pensasse, si domandasse*). Nei racconti e mlle cantilene orientali è dallo stupore e dalla imperfezione del creato e non dal pensiero di Dio, che inizia la riflessione. Nel sarcasmo occidentale, il racconto è carico di humour. Ma humour e innocenza, meraviglia, passione e scetticismo sono una miscela nuova mi raccontare europeo. Si deve aggiungere la presenza di un enciclopedismo riscoperto (un filone che in Italia è stato tenuto vivo e teso come un tamburo, a disposinone dei più giovani, a partire da Umberto Eco) e un viaggiare a zig-zag fra la tensione del pensiero religioso (il pensiero di Dio come ossessione pubblica, politica e di conversazione) che viene dall'America contemporanea, e unimsorabile revisione multidisciplinare del sapere e del saputo che è invece una infastidita risposta all'America delle specializzazioni e dei dipartimenti universitari, per cui o sei specialista di questo o sei conoscitore di quello e non contamini mai_due campi. Tutto questo sarebbe «Il mondo creato» di Franco Ferrucci, uscito da poco in Italia (Mondadori, pag. 406, L. 22.000), se non ci fossa amhe altro, per esempio un narrare festoso, bellissimo, un narrare a colori con una paziente dolcezza da grande letteratura, infantile, una febbre adolescente di continua scoperta, la limpida cultura dello scrittore di saggi (Ferrucci è stato spesso discusso come narratore ma è stato subito riconosciuto come il miglior saggista letterario della sua gemraziom) e un paio d'occhi in più, insieme ironici e affettuosi, che restano attentamente puntati sul lettore per rassicurarlo e sostenerlo in questo viaggio di meraviglia. Ma c'è anche di più. C'è il personaggio. Dio. E raramente un personaggio è stato più affettuosamente autobiografico (Dio pensa se stesso attraverso l'intimo sentimentale e intellettuale di Franco Ferrucci, Dio diventa il suo autore narrante e gli presta una grazia tollerante e svagata, una curiosità capricciosa e insaziabile che sono limmagim di uno che pensa in presenza di tutti i canoni delle teologie, ma non con le regole di questo pensiero). Raramente un personaggio è stato più amato dall'atto creativo del suo autore, cosi che la vicenda è continuamente speculare, Dio crea il mondo e lo scrittore lo pensa e crea Dio, nella simmetria insieme elegante e angosciosa di una narrazione che svela subito la sua passiom centrale, la sua motivazione profonda. E' il gesto di creare come gesto irrinunciabile, sema scetticismi, sema ironie laiche, che lega Dio e lo scrittore e che fa dello scrittore un frammento stordito e imantato di Dio. Un fosso, è stato saltato. In Ferrucci non c'è né fede né Voltaire, né laico né militante, né irrisione né adorazione. C'è affetto per il Grande Collega che porta a una strana forma di comprensione-identificazione: capisco, Dio, gli errori del creato che a volte sono incomprensibili e frutto Illustr Furio Colombo Illustrazione di Escher

Persone citate: Ferrucci, Franco Ferrucci, Occidente Cristiano, Singer, Umberto Eco

Luoghi citati: America, Cina, Escher, Italia, Mondadori, New York