Pirandello e tutti i suoi nemici di Ernesto Gagliano

Anteprima: la figura del «maestro» in uno scritto di Marta Abba Anteprima: la figura del «maestro» in uno scritto di Marta Abba Pirandello e tutti i suoi nemici del rapporto fra il maestro e il suo primo testimone. Il libro, che aveva avuto varie edizioni Mondadori, ed era uscito ancora una volta da Vito Bianco nel 1962, è stato ripreso da Marta Abba, dopo la morte del Nardelli, avvenuta nel 1973. E a sua cura viene pubblicato oggi nei Tascabili Bompiani (210 pagine, 6 mila lire), in un volumetto che potrà dire molte cose, ai lettori come ai critici. Nuove in assoluto, e polemiche, son le pagine che la stessa Abba, dopo un luogo silenzio, ha scritto per la prefazione: ne anticipiamo la parte conclusiva, per concessione dell'editore. pieghe della sua opera; e mettendone in luce i puntuali riscontri. Lo stesso Pirandello approvò il manoscritto prima che divenisse libro, ringraziando il biografo «della sapiente delicatezza con cui ha trattato la mia dolorosa umanità segreta». Non è una biografia nel senso classico del termine. Ricca di notizie, anche molto saporose, nella prima parte, abbandona man mano l'atteggiamento critico per un'adesione totale che rischia di scivolare nell'agiografia: evitata soltanto per il progressivo pirandellismo del linguaggio. Ed è un documento singolare perdita del disinteresse proprio del vero artista, di assurdo protagonismo. E diveniva sempre più. amaro — questo argomento potrà essere debitamente approfondito soltanto quando sarà pubblicato il corpus di tutte le lettere che egli mi scrisse, sfogando la sua pena, in quegli ultimi anni della sua vita, mentre tristemente errava da una ad un'altra città europea, da una ad un'altra camera d'albergo, 'Viaggiatore senza bagagli-, com'egli si definì una volta. Egli potè anche dire: «sema più casa né fissa dimora in alcun luogo*. (Tornò a Roma soltanto sul finire del 1936: e dopo pochi giorni mori). Fu in tale periodo che egli mi consigliò, con ogni energia, di andare a lavorare oltre oceano, negli Stati Uniti d'America. A quel periodo rimonta la scoraggiata desolazione di Quando si è qualcuno, in cui il protagonista si vede come imbalsamato, ridotto a statua, respinto fuòri dalla vita, dacché la celebrità lo ha toccato. E quanti piccoli fatti sgradevoli. Rammento il dispiacere che Pirandello provò quando, avendo egli ideato il film Acciaio, che egli desiderava diretto da un regista italiano, la Cines testardamente si oppose e scelse un regista tedesco e per la protagonista donna, che dovevo essere io per come il Maestro aveva creato il personaggio, fu scelta altra attrice. Rammento un'aspra polemica con un Av- Inuovi lettori dell'Uomo segreto debbono sapere che, nella I edizione, il testo del capitolo XXXII era sostituito da due righe di punti di sospensione. E una nolicina a pie di pagina avvertiva: -Dal 1932 in poU. Nel giugno 1932 era apparsa la prima edizione dell'opera. Ma perché, dopo, non aggiornarla secondo lo stesso ritmo narrativo? Tutti sanno quali drammi Pirandello creasse e pubblicasse, dopo il luglio '32; ma pochi sanno con esattezza quale altro dramma egli, nella sua vita intima, vivesse. Collocherei verso il 1928 l'inizio della grande sofferenza che il Maestro dei Giganti della Montagna visse, a causa delle sempre peggioranti condizioni del teatro — e, per vari aspetti, della cultura in genere — nell'Italia sua Patria. I grandi successi esteri di lui costrinsero gli Italiani a guardarlo più da presso, e riconoscere la sua importanza, volenti o nolenti; ma egli si affliggeva: non soltanto per la guerra sleale, slealissima, che si muoveva, contro la sua opera, da tanti, e anche da persone che ostentavano, dinanzi a lui, il sorriso dell'amicizia; ma, non meno, per l'imbarbarimento della cultura, che egli vedeva avanzare. Antivedeva le sopraffazioni dei registi sulle opere; ravvisava l'abbassamento della vita culturale in giochi di interessi: clans e chiesuole in meschina lotta; vedeva negli attori — almeno, in molti di essi — segni di disaffezione dall'arte vera, di vocato Giordani, che dirigeva un'agenzia teatrale dedita ad importare commedie straniere (la compagnia nostra tornava allora dall'America del Sud). Intorno a sé sentiva veri odii. Per non dilungarmi, citerò qualche riga di una lettera che egli mi scrisse nel 1930: «... Gli odii m'inseguono dappertutto, forse è giusto cosi, che me ne vada dalla vita, cosi cacciato dall'odio del vili trionfanti, dall'Incomprensione degli stupidi che sono la maggioranza. I fischi degli idioti e dei nemici non mi farebbero nulla. Ma ho perduto l'amore anche della mia sconsolata tristezza... «Sono rimasto con due occhi inesorabili, fissi nella disperazione, così fieri, cosi stanchi, gravati d'una pena che nessuno potrà mai intendere né dire, una grande assoluta immobilità...». Egli si sentiva dunque al di là d'un muro ben crudele. Gli «odii» lo avevano ferito, gli «odii» lo avevano costretto a disprezzare in¬ ERA un eroe romantico, incarnava nei film il personaggio aitante e buono che conquista le donne. Un misto, qualcuno ha detto, di -on-ìstà e torso nudo-. Ma aveva anche un'altra vita, quasi segreta: amori omosessuali, ricevimenti con giovani atletici dagli occhi azzurri, un codice per dire «ti amo» al partner dì turno: 1,2,3 battuti con le dita sul tavolo. Il dramma di Rock Hudson matura tra queste due parti: l'immagine pubblica e il libertino occulto. E quando l'attore sembra ormai in declino, si riaccende la luce dei riflettori perché è colpito dall'Aids, la «peste del secolo». Un nuovo simbolo. I panni del divo che non amava le interviste e non lasciava neppure fotografare la sua casa ora sono stesi in un libro che sta per uscire da Longanesi. Si intitola •La mia storia- (341 pagine, 20.000 lire), è firmato da Rock Hudson e dalla scrittrice americana Sara Davidson. -Hanno scritto un sacco di balle sul mio conto — lui si sfogava verso la fine — è ora che la mia storia venga raccontata-. E aveva invitato gli amici a dir tutto alla Davidson che ha scavato tra la gloria del «set» e l'ombra dell'alcova. Non ha costruito un monumento né gridato allo scandalo. Ha raccolto testimonianze e messo insieme un puzzle dove Rock Hudson (che in realtà si chiamava Roy Scherer) campeggia con il suo linguaggio un po' sboccato, i suoi scherzi, la passione per la musica e i Martini tripli, lo sci nautico e il ricamo a mezzopunto, gli amori durevoli e quelli occasionali, la generosità e l'incostanza. Lui non si confidava e non amava esporre teorie. -Non ho una filosofia particolare sulla recitazione e su qualsiasi altra cosa. Faccio semplicemente le cose e basta. E voglio dire proprio questo: si fanno e basta-. Il cinema lo affascinava fin da ragazzino, andava a vedere un film di Chaplin magari dieci volte. Cresciuto in una famiglia modesta a Winnetka (Illinois), dopo gli studi, due anni in Marina, e vari mestieri, approda a Los Angeles a fare l'autista e sosta davanti agli stabilimenti cinematografici. Ha corteggiato ragazze, ma frequenta volentieri ambienti gay: la sua bisessualità gradualmente prenderà una direzione unica. L'inoontro con un talent scout, Henry Wilson (un tipo abile negli affari che In una biografia, con dichiarazioni del protagonista e testimonianze degli amici, il dramma del divo colp Luigi Pirandello e Marta Abba nel 1927 a Rosatimamente certuni che passavano per suoi vecchi amici. Il tragico mito dei Giganti della Montagna, che era già concepito nella sua mente nel 1928, quando Pirandello concesse una rilevante intervista al giornalista Bottazzi del Corriere della Sera (13 ottobre 1928), era un'allegoria chiarissima della «idea centrale- che lo tormentava lungo gli Anni Trenta: il mondo rimbarbarito diventava sempre più incapace di comprendere i veri Valori dell'Arte, ed era diretto a cancellarla. l'Giganti- rozzissimi sono inetti a distinguere ì fatti reali dalla finzione scenica (e vogliono far soccombere i personaggi che a loro riescono antipatici); ma, nel pensiero di Pirandello, altre forme, meno appariscenti, di rozzezza spirituale, non sono meno pericolose: quella del fanatico che voglia asservire l'Arte ad una ideologia politica, ma anche quella degli astuti dalla coscienza elastica che si valgono dell'Arte per crearsi amicìzie, carriere, derieuavdodrrachziququselaFPotrcag sario di Santa Fé durante una tournée teatrale denaro, potenza. Insomma egli vedeva in pericolo ormai i valori essenziali della civiltà europea; che, rispettando quei valori, tanto aveva realizzato nei dominii dello spirito. Si comprende dunque che egli non abbandonasse il progetto di quel suo disperato dramma, anche se, fra il 1928 e il 1936, l'ispirazione prepotente gli suggerì altre opere, che risultarono di molto più rapida realizzazione, e allontanarono il compimento di quella. Egli non poteva certo lasciare cadere quella «idea centrale- che gli si era imposta sempre più duramente: nella figura di Use, la dolce e devota interprete della Favola del Figlio cambiato, egli piangeva la morte della Poesia... E la sua ultima notte febbrile, mentre la polmonite lo uccideva, fu tutta dedicata ai Giganti. Hudson è dominato dalla paura e dalla vergogna. I gay nella società americana stanno conquistando un loro spazio, ma lui teme di essere smascherato, sente di aver tradito il suo pubblico. -E' come la peste. Mi sono beccato la fottuta peste-. Ne parla solo con pochi intimi. Spedisce tre lettere anonime a giovanotti con cui ha avuto «incontri». «... Ho appena scoperto di avere l'Aids. Mi dispiace proprio darti questa notizia. Ti consiglio di farti visitare... ». Partecipa, inagrissimo e irriconoscibile (dice di avere l'influenza) a uno show dedicato a Doris Day, lavora ancora ad alcune puntate di Dynasty e in una scena bacia Linda Evans, sfiorandola appena con le labbra chiuse, il che più tardi solleverà polemiche. Aveva diritto di dare quel bacio? Il momento decisivo, prima ancora della morte annunciata, forse è il crollo della sua immagine. Accade a Parigi, all'Ospedale Americano dove Hudson è ricoverato, e lo staff medico decide di comunicare alla stampa che il paziente è affetto da Aids. Gli amici preparano un comunicato. Lui approva. • Okay. Adesso esci e dà la notizia in pasto ai cani Una cronista inglese esclama: -E'finito!.. Un brivido, con un'ombra di delusione attraversa l'opinione pubblica. Lo riporteranno in California con un Boeing 747 speciale (prezzo 250 mila dollari) e trascorrerà gli ultimi mesi prima in ospedale, poi a casa. Gli arrivano trentamila lettere e telegrammi. E" diventato di nuovo un emblema: stavolta non la figura vincente, ma l'uomo colpito da un nuovo male terribile che dev'essere combattuto. Un amico gli dice per consolarlo: «Ora devi recitare la parte della fatalità-. Muore, a 59 anni, 11 2 ottobre dell'anno scorso e le ceneri vengono gettate In mare da un panfilo in una giornata grìgia. La sua villa si rianima ancora per un grande party funebre. Ci sono attori, amici ed ex amanti, Elizabeth Taylor, dopo la commemorazione, invita tutti a un brlndldl: .Rock ci avrebbe voluti felici!-. E' la storia amara di un'ascesa e di una caduta. La ricostruzione di Sara Davidson, senza veli, esplora miti e Ipocrisie hollywoodiane. Ma c'è una cosa che alla fine rimane di quest'uomo precipitato dal piedestallo: la scia degli affetti. Ernesto Gagliano ito dall'Aids • • * Credo di non dover tacere, qui, che la guerra sleale e gli odii contro Pirandello si La collana « Astrea» della Giun esperienze e racconti di donne

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