Beckett, prima dell'ultima parola

Tutto libri Tutto libri Novità e ristampe per gli 80 anni del grande drammaturgo Beckett, prima dell'ultima parola ROMA — Natalino Sapegno. uno fra 1 maggiori storici della letteratura italiana, autore di fondamentali studi su Dante. Boccaccio e Manzoni, è il vincitore del premio internazionale «Tevere», giunto alla seconda edizione (lo scorso anno era stato premiato il medico americano Robert Gallo). Per il premio nazionale, dedicato quest'anno alla saggistica, sono entrati in finale otto libri: Legioni di giornalismo di Niello Aiello (Garzanti), / Savoia ultimo atto di Domenico Bartoli (Einaudi), Il testimone scomodo di Cesare Cases (Einaudi), Bestiario di Roma di Alfredo Cattabiani e Fuentes (Newton Compton). Cosa farò da grande di Furio Colombo (Mondadori), Storia e critica del futurismo di Enrico Crispolti (Laterza), Vestire i giornali di Sergio Ruffolo (Gutemberg 2000). La filosofia con,-, temporanea di Emanuele Severino (Rizzoli). Il premio sarà consegnato il 1* ottobre al Teatro dell'Opera. ANCHE se i biografi lo descrivono come un atleta che in gioventù è stato un buon dilettante di cricket e di tennis e i rari amici che hanno il privilegio di frequentarlo assicurano che è giunto in piena forma al traguardo degli ottant'anni. come scrittore Samuel Beckett assomiglia a quei valetudinari che sembrano sempre sul punto di esalare l'ultimo respiro e invece trovano ogni volta inattese e rinnovate risorse di vitalità. Non e un'impressione esteriore, determinata dal lento sovrapporsi di tutta quella corte dei miracoli degli storpi, dei derelitti, dei segregati da cui ha preso le sue incarnazioni letterarie all'immagine di quella sua figura alta e asciutta, di quel profilo grifagno, dì quegli occhi luminosi e severi che tante fotografie hanno divulgato. E' una sensazione lancinante. comunicata dall'impervietà di una ricerca che. fin dall'inizio, si e tagliata alle spalle i ponti dell'ovvio e del già detto e si è confrontata con i vicoli ciechi dell'indicibile. Non proprio dall'inizio, forse, perché nei primi te¬ spegneva in suoni indistinti, in neutre emissioni di fiato. Con gli ultimi due libri — Compagnia e Worstward Ho e Mal visto mal detto — Beckett sembra tornare alle situazioni e ai personaggi dei suoi primi romanzi. In Mal visto mal detto una vecchia distesa su un giaciglio guarda spuntare Venere, esplora con metodicità la distesa sassosa su cui si apre la sua capanna, si siede alla finestra e contempla la luna che sorge. Non succede nient'altro. o quasi. Ma lutto assume un'evidenza e una misteriosa significala perché l'occhio di uno spettatore scruta, non visto, quei gesti minimi e ripetitivi, si fissa sui dettagli più anodini, trasmette loro un illusorio surrogalo di vita. Ancora una volta, secondo il detto di Berkeley più volle citato da Beckett. evie est percepì. Più riconoscibile ancora la situazione evocata in Compagnia: c'è qualcuno disteso nel buio che ascolta una voce che gli parla del suo passato, ma non è più il moribondo Malone che con questo stratagemma colmava il tempo interminabile della sua ago¬ sti narrativi — Murpliy, Watt. Mercicr e Cramier — il senso dell'inattirigibilità di qualunque certezza e dell'inutilità disperante di ogni ricerca trovava ancora una sona di compenso consolatorio o di accanito esorcismo nell'esercizio della parola: ma certo già alla soglia degli Anni Cinquanta, con Molloy. Malone muore e L'innominabile che proprio ih occasione dell'ottantesimo compleanno dello scrittore vengono riproposte in un unico volume. Lungo il filo di questi tre romanzi non soltanto la narrazione, già incoerente e frammentata, perdeva definitivamente ogni legame con la realtà che era deputata a rappresentare e commentare, ma. nell'atto stesso in cui la istituiva come sua necessaria reduplicazione o alternativa, la denunciava come vacua e impossibile. Il personaggio vagabondo di Molloy diventava in Malone muore un giacente ridotto all'immobilità e al vaniloquio per disintegrarsi infine ne L'innominabile, dove, secondo quanto confida lo stesso Beckett in una delle sue rare interviste, non vi sa¬ ne, e il miracolo e che nessuno di essi ha contraddetto o anche soltanto ignorato quella lontana condanna, ma l'ha per parte sua aggravata, ne ha ribadito l'intollerabile irrevocabilità, ricavando 10 spazio di un'opera necessaria e a suo modo grandiosa nel margine impercettibile in cui cominciano l'inutilità e la risibilità della letteratura. » Ogni volta sembrava che la parola definitiva fosse stata pronunciata, che lo scrittore si sarebbe arreso di fronte alla duplice concomitante impossibilità di dire il mondo e di dire «io», e ogni volta si assisteva a un nuovo scavo nella desolazione dell'uomo e. parallelamente, a una rarefazione, a una progressiva riduzione dei mezzi espressivi a una nuda, allucinante essenzialità: dai testi narrativi alle creazioni teatrali, da queste ai radiodrammi, alle poesie, ai frammenti, ai testi per magnetofono. 11 personaggio perdeva ogni connotazione grottesca, abbandonava la sua condizione larvale e si riduceva a semplice bocca che parla: la parola si frantumava in balbettii, si Elémirc Zolla L'AMANTE INVISIBILE Alta merci delle presenze erotiche sovrannaturali In lurida noria di un archetipo dell'amore Saggi, pp. 144.1. 16.001) Alain Mine EUROPA, ADDIO /.; resistibile decadenza del pnm'uto europeo -Viva l'Udita* Sàggi. l>|> 22». I. 2MU» Luciano De Maria LA NASCITA DELL'AVANGUARDIA Sag%i sul futurismo italiano Saggi. p|> 224. L 22.U0O nia. E' un'entità dubbia e precaria, priva di consistenza reale, cosi come ne e priva la voce che gli si rivolge e come ne è privo l'ascoltatore estraneo che. assistendovi (esse est fiercepi) dovrebbe dare validità al dialogo. L'unica esistenza ipotizzabile è quella di un ^inventore della voce e del suo ascoltatore e di se stesso- che. più verosimilmente, non é altro che un ..inventore inventato che inventa tutto ciò per compagnia...-. E' qui. a questa vertiginedi astrattezza, il limite attuale dell'esplorazione di Beckett. Perché ci sembri valicabile, dobbiamo attendere che lo scrittore abbia trovato modo di dar lorma ancora ad un'altra -parola inune un po' più vicina all'ultima-. Giovanni Bogliolo Samuel Beckett: «Molloy», «L'innominabile», «Malone muore», SugarCo, con un saggio di Theodor W. Adorno, XLVTI144.1 pagine, 30.000 lire. «Compagnia e Worstwà'rd Ho», Jaca Book, 93 pagine, 9000 lire. «Mal visto mal detto», Einaudi, 83 pagine, 8500 lire. te», scrive Giuliani. «Quando ci spinge oltre i propri inevitabili limiti, quando cioè le cose che hanno ispirato le sue parole ci inducono il senso di altre cose e di altre parole, provocando il nostro intervento; si deve poter profittare di una poesia come di un incontro un po' fuori dell'ordinario*. Ma come si accende il contatto nella poesia di Giuliani e si mette in moto l'onda di energia coinvolgente che mobilita /il lettore? Per rendersene «^eonto occorre'riflSttere sul trattamento che nella poesia di Giuliani è riservato al linguaggio. Io mi figuro Giuliani come un folletto che nel suo laboratorio — un po' fumoso antro delle streghe, un po' severo gabinetto scientifico — convoca le parole e con esse ingaggia una allegra lotta. Le provoca, le lusinga, le spaventa, le minaccia, le mette in fuga, le spiazza, le torce, le sfigura e, vinta l'aspra tenzone, si abbandona a un ghigno di soddisfazione: ma nel momento in cui si accorge di aver avuto la meglio sa che è la parola che ha vinto, che la parola, dopo gli sforzi cui si è sobbarcata, ha secreto quella goccia di energia che mai più si scancellerà. Giuliani è una sorta di buffone al servizio del Regno della Lingua: le sue impertinenze, se non vuole essere punito, devono soddisfare il Re-Parola, restituendogli il senso del tempo (del Fato) al di là delle distraenti incombenze quotidiane. E come quella del buffone l'allegria di Giuliani è severa e per nulla tollerante: è il risvolto del dolore, quando questo, fattosi insopportabile, si rivolge in riso. Angelo Guglielmi Alfredo Giuliani: «Versi e non versi», Feltrinelli, 194 pagine, 20.000 lire.

Luoghi citati: Berkeley, Roma, Savoia