Con pasta e fagioli Padova celebra il grande Goethe di Milena Milani

Con pasta e fagioli Con pasta e fagioli Padova celebra il grande Goethe Una cena come duecenscrittore si fermò due gi PADOVA — Il grande Goethe mangiò proprio pasta e fagioli, faraona alla nobile con radicchio novello e rucola, e terminò con zabaione e baicoli. come è capitato alla cena offerta in suo onore? Il giovane assessore alla Cultura del Comune di Padova. Gianni Potti. de. assicura che le ricette risalgono a 200 anni fa. quando il celebre scrittore tedesco lasciò Weimar dove ricopriva cariche importanti, per venirsene in Italia, sogno di ogni intellettuale. Era il 26 settembre 1786 quando giunse a Padova, vi si fermò due giorni, prima di proseguire per Venezia. Roma. Napoli e la Sicilia. Nel gran tavolo a ferro di cavallo del ristorante Toscanelli, anello il primo consigliere d'ambasciata della Repubblica Federale di Germania a Parigi. Manfred Steinkuher. che ha tenuto una conversazione su Goethe, in italiano. all'inaugurazione ufficiale delle manifestazioni per i 25 anni del Wwf to anni fa, quando lo orni nella città veneta nella Sala Rossini del Pedrocchi. è d'accordo. Alza infatti il bicchiere a brindare al suo illustre compatriota, probabilmente con lo stesso vino di uva fragola che si beveva in quegli anni lontani. Il tempo però è una convenzione. Goethe non è mai stato tanto presente come in questa cittadina colta e operosa che. per mezzo del suo assessore Potti e di una équipe femminile, informata e intelligente, lavora con entusiasmo sulla serie dei «Viaggiatori stranieri a Padova., di cui il primo è appunto lui. l'autore del ..Faust» e di tante opere super della letteratura mondiale. Come ci arrivo. Goethe, a Padova? Veniva dal lago di Garda, era stato a Verona, poi a Vicenza e qui prese una carrozzina a un posto, detta sediola. Il viaggio durò circa quattro ore. lui. il conducente e il bagaglio. Arrivò «in sul far della notte, e subito scrisse una lettera alla donna che amava. Charlotte von Stein, ma dalla quale era fuggito, perché la relazione, ormai, si stava logorando. Portava con sé un libro, la guida Volkmann. e proprio come fanno i turisti odierni la consultava e seguiva quei suggerimenti, volle salire subito sulla torre più alta per capire meglio, con un colpo d'occhio, come era la città. Cosi eccolo sulla Specola, cioè l'Osservatorio astronomico, lo impressionarono lo montagne, e poi un mare di verde, «alberi sopra alberi., e infine all'orizzonte tanti campanili e. tra questi, addirittura quello di San Marco a Venezia. L'aria di quel giorno autunnale doveva essere finissima per permettergli questa visione, assomigliava a quella di oggi: ne parlo con Adriana Angoletta Berti che ha curato la mostra appena inaugurata che si tiene sino al 26 ottobre neHa1 Galleria Civica di piazza Cavour, una esposizione stupenda dove, con gli occhi di Goethe, i visitatori possono vedere la Padova di fine Settecento, in una serie di incisioni pregevoli, che riguardano i luoghi da lui descritti nei Diari, e poi nel volume -Viaggio in Italia» di tanti anni dopo. Adriana Angoletta Berli, laureata in storia dell'arte, racconta di Goethe in modo appassionato, suoi sono anche i testi in catalogo: «Non era un uomo felice, mi dice. «era instabile anche affettivamente, lo dimostrano le sue numerose donne, sempre diverse. Nel lavoro scriveva e riscriveva, non era mai soddisfatto. Ma nei viaggi la sua inquietudine si placava. L'Italia, poi. ce l aveva nel cuore: in casa, a Francoforte sul Meno dove nacque nel 1749, c'erano delle incisioni romane, c'era anche una piccola gondola veneziana, le aveva portate suo padre die. anche lui. era stato in Italia, quindi il piccolo Goethe sognava da sempre il nostro sole, i nostri paesaggi. A Padova, il giorno dopo il suo arrivo, cioè il 27 settembre 1786. andò in libreria a comperare i "Quattro Libri di Architettura" di Andrea Palladio, che aveva già visto a Vicenza. Lo presero per un architetto, lui del resto viaggiava in incognito, sotto falso nome, si faceva chiamare Philip Moeller-. E' un tuffo nella storia c nella poesia, che ci riporta questo straordinario scrittore anche nella sua realtà di uomo, come quando dopo aver visitato Santa Giustina scrive di se stesso: «Questa sera mi son messo in un angolo della chiesa e ho avuto il mio momento di meditazione tranquilla. Mi sentivo perfettamente solo; nessuno al mondo, che in quel momento avesse pensato a me, mi avrebbe cercato in quel luogo.. Intorno c'era Padova più o meno come oggi, celebri quadri, insigni opere d'arte. Prato della Valle, cinto da un canale, la Basilica del Santo. l'Orto botanico con quella palma che Goethe ammirò e che viene ricordata con il suo nome. C'era già da qualche anno anche il Pedi-occhi, lo storico caffè, dove un altro grande scrittore, Stendhal, nel 1815, avrebbe scritto a quei tavolini e gustato ottimi zabaioni. Ma Goethe non ci andò, nel suo viaggio italiano non faceva vita mondana, anche a Padova era guidato soltanto dall'arte e dalla malinconia. Milena Milani