E' «guerra dell'acqua» o attentato terroristico?

Prestigiosa iniziativa editoriale del Centro studi piemontesi Prestigiosa iniziativa editoriale del Centro studi piemontesi Luci e ombre di D'Azeglio nelle sue 5.000 lettere Scelti i cinque al Lenci Bomba fa saltare alcuni tubi della futura rete idrica del Tegorzo E9 «guerra delinqua» o attentata terroristico? L'epistolario suddiviso in dieci volumi re fuori dagli schemi agiografici - La TORINO — -Plus de peuples ont péri pour avoir viole les moeuTS que pour avoir viole les loìs-: la massima di Montesquieu (.Sono periti più popoli violando i costumi che infrangendo le leggi») costituisce il piedistallo etico dell'attività del Centro studi piemontesi. Da più di quindici anni opera -al servizio del Piemonte» nella valorizzazione della storia e della cultura subalpine, con un occhio particolare a Otto e Novecento ma spesso e volentieri esplorando radici più antiche. Quel motto non deve però suggerire l'idea di un'istituzione ancorata a tentazioni conservatrici, condizionata da un amore campanilistico del passato e della tradizione che vieta od ostacola sguardi protesi al futuro. Anzi: il progetto di fondare il Centro (meglio, la Ca de studi piemontèis) nasce a cavallo fra gli Anni 50 e 60 a Roma, nell'ambito della storica Famija Piemonteisa che era stata diretta da uomini come Marcello Soleri, Luigi Einaudi, Giuseppe Pella, prima di quel Renzo Gandolfo, torinese purosangue, che avrebbe trovato nelle celebrazioni per il centenario dell'unita d'Italia l'occasione per fare definitivo ritorno a Torino. Del Centro studi piemontesi il professor Renzo Gandolfo, classe 1900 portata tuttora con schiena diritta e lucido intelletto, è il direttore e infaticabile animatore dal '69. quando, con la grande immigrazione ancora in atto, la Ca de studi nasce -sema strombazzamenti, sema pretese. ma semplicemente per dare un punto di riferimento culturale ai piemontesi che lo stavano perdendo come a chi arrivava sema averne alcuno». Negli anni romani — spiega 11 presidente del Centro, ring. Giuseppe Fulcheri. altro 'innamorato» delle radici culturali piemontesi (.cost sangh ch'a n'ancadena, come dice il nostro poeta Pinin Pacot») — era nato e si era consolidato •quell'attaccamento ideale a una cultura che sotto un'apparema localizzata manifesta il suo respiro europeo. Partendo dalle iniziative del centenario dell'unità, che andavano almeno in parte oltre la superficie del folclore e della rievocazione fine a se stessa, avevamo colto il momento buono per uscire dalle secche di un atteggiamento di spregio, magari strisciante ma presente, per il versante piemontese-europeo che aveva fatto da sfondo alla nascita del nuovo Stato». Non a caso lo stimolo a parlare ora del Centro studi piemontesi viene dalla prossima pubblicazione del primo della decina di volumi che andranno a costituire, di qui al 1996, una pietra miliare nell'attività editoriale del Centro studi piemontesi: l'intero Epistolario di Massimo D'Azeglio, suddiviso in tomi in 8° di circa cinquecento pagine l'uno •da licenziare con cadenza annuale-. Cinquemila lettere circa, un terzo delle quali inedite, indirizzate a quattrocento destinatari, curate filologicamente dal prof. Virlogeux dell'Università di farà conoscere il popubblicazione comp Aix-en-Provence. L'obiettivo della monumentale opera non è rivedere la conoscenza del pensiero dello statista piemontese: •Ma ben altra importanza avrà per la rivisitazione del D'Azeglio politico, uomo di mondo, viaggiatore, nonché dell'ampio giro di relazioni che intratteneva, pubbliche e soprattutto personali. Dall'epistolario emergeranno i contorni del personaggio, i suoi giudizi privati, le sue idiosincrasie, i suoi umori instabili: la spontanea espressione dei suoi sentimenti è stata spesso edulcorata, devotamente o. peggio, cautamente, da zelanti curatori preoccupati che la sua immagine non si discostasse dal modello elaborato dall'agiografia risorgimentale». Che i responsabili del Centro studi niemontesi siano ben lontani da preoccupazioni tipo «non svegliare il can che dorme» nell'affrontare e rendere di pubblico dominio esegesi affatto «classiche» della vita e dell'opera di personaggi divenuti, a torto o ragione, «mostri sacri», nell'incoraggiare analisi critiche magari poco rispettose di ritratti ormai consolidati, emerge però soprattutto da un'altra loro recente pubblicazione: quel 'Pavese falso e vero. Vita, poetica, narrativa», autore l'italianista americano Tibor Wlassics dell'Università di Charlottesville (Virginia), che ha trovato finora un'accoglienza piuttosto gelida negli ambienti letterari di casa nostra. Accoglienza fredda, ma forse è meglio dire indifferenza, legata non tanto alla 'Spregiudicatezza polemica e alla forte originalità di approccio e di giudizio nei confronti della vita e dell'opera di Cesare Pavese», basate comunque su una «tmpeccobite conoscema della letteratura pavesiana» (Pier Massimo Prosio su «Studi Piemontesi», la rivista del Centro), quanto alla «pudica cautèla» — ma il prof. Gandolfo parla, senza mezzi termini, di 'timor reverentialis, ovvero sinistro conformismo — con cui, salvo poche eccezioni, sono state lette le otto pagine del primo capitolo del libro, dedicate al -Pavese apocrifo». Pagine in cui non viene evidentemente incrinata l'immagine di Pavese, ma la credibilità di quella che è ritenuta la biografia più «viva» e attendibile dell'autore di La luna e i falò: cioè II vizio assurdo di Davide Lajolo, un testo sul quale, dice Prosio. •si è fatta Veducazione pavesiana" di tanti lettori, professionali e no, dello scrittore di Santo Stefano Belbo». Tibor Wlassics ha dato corpo, con prove difficilmente confutabili, a sottili sospetti che negli anni {Il vizio assurdo usci per la prima volta nel 1960) erano già affiorati più volte, per essere sempre ricacciati nel cassetto da cui erano usciti: ovvero il dubbio che alcune delle lettere che Lajolo affermava di avere ricevuto da Palese, compresa la più famosa, l'ultima, datata la sera del 25 agosto 1950 (alla vigilia del suicidio), fossero state, se non Inventate di sana pianta, perlomeno rielaborate. •pasticciate» dall'ex comandante partigiano «Ulisse» a proprio uso e PO FARA* Per la finale LERICI La giuria del premio Lerlci-Golfo dei poeti ha scelto la cinquina del finalisti, cosi composta: Ottieri Ottleri, «Tutte le poesie». Maria Luisa Spazi ani, «La stella del Ubero arbitrio», Cesare Viviani, «Merisl», Roberto Guiducci, «Ti ucciderò come un cane», Luigi Santucci, «Il ballo della sposa». Il vincitore verrà proclamato sabato prossima. La premiazione avverrà sabato 27 settembre nel corso del convegno internazionale dedicato a P.B. Shelley, cui interverrà fra gli altri il poeta inglese Charles Tomlinson. In serata recital del tenore Mario Di Stefano. La rivalità con i comuni trevigiani ai quali due località bellunesi devono cedere parte del patrimonio idrico - Danneggiato in precedenza l'acquedotto di AUeghe politico e lo scrittopleta entro il 1996 collocata sotto una catasta di tubi, ed è esplosa intorno alle 2.30. n fatto è accaduto a Schievenin. un paese di 300 abitanti collocato In una vallata a Nord di Quero. nel Feltrino. Il primo attentato dinamitardo nel Bellunese si era verificato la notte del 24 agosto scorso, quando una carica di esplosivo al plastico aveva fatto saltare l'acquedotto di Alleghe. In quel caso 1 carabinieri a poca distanza dalla zona avevano rinvenuto un biglietto che rivendicava l'attentato firmato 'Brigat' Rosse». Gl'inquirenti al momento BELLUNO — Un altro attentato dinamitardo, a distanza di tre settimane dal primo, nel Bellunese. Nella notte tra sabato e ieri una bomba ha distrutto alcuni grossi tubi d'acciaio destinati alla costruzione dell'acquedotto del Tegorzo, un'opera idraulica che a lavori conclusi dovrebbe rifornire una larga parte dei comuni della Pedemontana del Grappa, in provincia di Treviso. Una carica confezionata artigianalmente, forse con polvere da mina (pare un chilo e mezzo) e innescata con miccia a lenta combustione, ma di grande potenza è stata consumo. Che vantaggio poteva trarne Lajolo? Porse quello di farsi considerare l'.erede spirituale» di Pavese, forse una semplice investitura (da parte dello stesso Pavese in procinto di uccidersi) come biografo ufficiale dello scrittore scomparso. Non è qui il luogo per giudicare: ma affrontare apertamente i problemi, anche se spinosi, è sempre meglio del silenzio. Questa la lezione, civile e corretta, leggibile nel lavoro del Centro studi piemontesi e nella inflessibile dirittura dell'ottantaseienne Gandolfo. Maurizio Spatola Zandano ha concluso la sua trattativa per l'acquisto della H non si sbilanciano sull'ipotesi di collegamento tra i due fatti. L'attentato di Quero. infatti, sembra rientrare nella •guerra dell'acqua» che da mesi coinvolge le amministrazioni comunali bellunesi da un lato e quelle trevigiane dall'altro. Alcuni comuni trevigiani della fascia del Grappa sono senz'acqua, e per garantirsi gli approvvigionamenti si sono rivolti ai comuni bellunesi di Quero e Alano di Piave, ricchi di sorgenti naturali. Tempo fa era intervenuta anche la Regione Veneto che con specifiche ordinanze aveva ordinato ai comuni bellunesi di «concedere» acqua alle zone del Trevigiano. Ed era stata subito polemica, perché a quel punto erano Alano e Quero a temere di restare con i rubinetti asciutti. Ora tutto sembrava risolto, e in zona erano già stati posati i tubi necessari ai collegamenti. Lo scoppio della scorsa notte quindi sarebbe un «segnale», un clamoroso gesto intimidatorio (i carabinieri, che ieri hanno setacciato in lungo e in largo la vallata, non hanno trovato traccia alcuna, per cui le indagini proseguono nel buio più totale). Intanto la Regione, preoccupata per quanto sta avvenendo, ha già convocato per questa settimana un incontro tra tutti gli enti locali interessati. Resta da sciogliere il dubbio sulla origine dello scoppio: «guerra dell'acqua» oppure attentato? Prostituta strangolata a Roma ROMA — Una prostituta di 29 anni è stata strangolata a Roma nel quartiere Flaminio. A trovare il corpo di Giuditta Pennino, verso le quattro di ieri mattina sul marciapiede di via Francesco Gai. sono state due sue colleghe. Le donne hanno cercato di soccorrerla trasportandola all'ospedale San Giacomo ma i medici hanno potuto solo constatarne la morte, pare per strangolamento: aveva vistosi segni di violenza al collo. Giuditta Pennino, ex studentessa alla facoltà di medicina, era tossicodipendente. Originaria di Rieti, viveva a Roma da circa due anni. Al momento si seguono tutte le piste: da quella del regolamento di conti negli ambienti del traffico di stupefacenti, a quella del maniaco (la donna era seminuda), ma non si esclude neanche l'omicidio occasionale a scopo di rapina. La borsetta di Giuditta Pennino è infatti rimasta, secondo gli investigatori, sulla automobile dell'assassino e si è giunti alla identificazione della donna tramite la testimonianza delle colleghe. ambros