Statue in tutto il mondo

Statue in tutto il mondo Statue in tutto il mondo LONDRA — Le statue di Henry Moore si trovano in tutto il mondo, a riconoscimento della fama raggiunta dall'artista morto ieri (lo scultore si è spento senza sofferenze nel suo letto; da alcuni anni, ed in forme sempre più accentuate, era malato di artrite e di diabete). . Un particola accenno meritano i suo disegni: si ispirarono di volta in volta alla vita dei minatori nel sottosuolo, ai cittadini di Londra ospitati nei rifugi durante i bombardamenti aerei della seconda guerra mondiale, agli animali che pascolavano nei pressi della sua dimora campestre. Negli Anni Venti. Henry Moore sviluppò grande interesse per tutte le forme di arte primitiva: in particolare per i misteriosi megaliti di Stonehenge nel Wiltshire (Inghilterra meridionale) e per le sculture indigene del continente africano e del Messico; tra i grandi artisti europei del suo tempo, lo attrassero soprattutto Pablo Picasso (di cui fu amico) e Constantin Brancusi. Subì anche, inizialmente, il fascino della corrente surrealista. Ma non mancò mai di contemplare le forme naturali più umili, come quelle dei ciottoli, delle ossa e dei sassi, di cui fu collezionista durante tutta la sua vita. Già nel 1923 cominciò a preferire le forme semplificate e quasi simboliche; ma senza mai rinnegare la forma propria degli esseri viventi, e soprattutto la figura umana, onnipresente nella relazionei del-1 > l'artista con le cose. La notorietà vera di Moore si può fare risalire al 1928, quando l'artista espose alla «Warren Gallery» di Londra; segui poi una scultura per l'ingresso della stazione di Saint James (nel centro della capitale) della metropolitana. Da allora si sono susseguite molte centinaia di opere, soprattutto sculture, ma anche disegni ed incisioni. Nel 1968 in Francia usci una monografia sull'artista che elencava ben 546 statue. Tra queste ultime, diverse decine sono in bronzo; e tra esse è una delle opere più celebri, «Il re e la regina, del 1953. Da ricordare anche: «Due forme» del 1934, «Madre e bambino, del 1936, «Madonna con bambino, del 1943-44. «Forme esterne-interne erette, del 1953-54, «Madre allungata e suo figlio» (1960-61). E ancora: la serie di sculture «Sheep piece, nei prati della sua dimora nell'Hertfordshire, esempio celebrato della già riferita fusione fra arte e paesaggio; «Ovale con punti» (Università di Princeton, Usa); «Figura distesa» (dinanzi alla sede della segreteria dell'Unesco a Parigi). La più grande rassegna, unica nel suo genere, che mai sia stata fatta delle opere di sir Henry Moore, fu ospitata a Firenze nel maggio di quattordici anni fa, nel 1972, nel forte di Belvedere, da dove si domina la città e dove, proprio in questi giorni, «Firenze capitale della cultura europea, presenta una mostra di Donatello. Il raffronto fra le opere donatelliane e quelle di Moore in certo qual modo ha una sua logica, perché Moore — per la sua lunga sosta in Toscana, in Versilia, a Forte dei Marmi e a Querceta, ove amava scolpire i suoi grandiosi «oggetti, moderni — venne chiamato anche il «Michelangelo del Novecento»; ed era un accenno del quale sovente si adontava in quanto non voleva, nella sua modestia, essere paragonato, neppure per scherzo, all'immortale fiorentino. Diceva soltanto di -esser felice di poter adoperare lo stesso marmo che Michelangelo usò*, quello dell'.Altissimo.. il monte che domina le Alpi Apuane. Sul forte di Belvedere. Henry Moore, in quel '72, collocò una della sue sculture più prestigiose e più note. «Il re e la regina».