Aiuto e un po' di affetto

Aiuto e un po' di affetto Una giornata con i volontari delFAvo impegnati negli ospedali Aiuto e un po' di affetto Abbiamo seguito uno dei 40 «camici azzurri» che si dedicano al complesso di corso Unione Sovietica - «Mi pareva di sprecare me stesso, avevo tanto tempo libero, ho trovato come impiegarlo» - Le «amiche» anziane aspettano la sua visita con gratitudine - Un saluto, una parola buona per tutte Nei reparti 5A, 3A e 7C dell'Istituto di riposo per la vecchiaia di corso Unione Sovietica operano circa 40 volontari Avo, frequenza quotidiana, turni fìssi mattina e pomerìggio. Una goccia in un mare di richieste «inespresse». Il palazzo ha cent'anni; oggi, proprietà comunale, nonostante recenti ristrutturazioni, risulta inadeguato alla sua destinazione: essere casa e nello stesso tempo quasi ospedale per 370 ospiti non autosufficienti, chiusi in otto reparti, con sfogo nel giardino d'estate e nell'atrio d'Inverno. Il rapporto degli operatori assistenziali a contatto con gli anziani (esclusi medici, infermieri e addetti a servizi vari, dalla portineria alle cucine) è di uno a due: ma non è mistero che le medie statistiche non sono mai specchi fedeli della realtà. Entriamo nell'Istituto con Orazio Rollo, 34 anni, ope¬ raio, volontario Avo da circa quattro. Alle sue spalle, un'infanzia felice e una gioventù disimpegnata come quella di molti: lavoro, amici, amori. Poi, una verità semplice: «Affi pareva di sprecare me stesso. Di tempo libero ne avevo, ho trovato come impiegarlo*. 'Ecco le mie amiche*. Appena varcata la soglia, quasi disperso nell'immensità dell'atrio, opera grandiosa ancor oggi oggetto di studio di neo architetti, s'intravede un gruppo di donne. «Mi aspettano*. Un saluto, una parola ad ognuna, una stretta di mano a chi riesce a tenderla, un abbraccio a chi è immobilizzata. Poche voci rispondono. Non tutte le circa 50 ospiti del reparto hanno un'infermità soltanto fisica; sono rari i casi dì coloro che conservano il dono di esprimersi con la parola; rarissime le menti ancora lucide; troppi corpi, bloccati su carrozzelle, mostrano soltanto qualche bagliore negli occhi smemorati. Camice azzurro come contrassegno, buona volontà e buon senso come bagaglio. Per Orazio è subito impegno. Vittoria, 68 anni, una coperta «vuota» dal bacino in giù sulla carrozzella, e Olimpia, 82 anni, un bastone come sostegno delle gambe stanche, lo attendono con ansia amichevole: 'Arriva. Guardalo. Ma sai che sei tìmido? Continui sempre ad arrossire*. E s'intreccia il dialogo sul sole, il primo autunno, l'ultima gita in montagna di Orazio, tutto ciò che è vita fuori dalle mura. E la presenza di 'Un'amica di Orazio* è gioiosa novità. "Gli amiani amano parlare del loro passato per sentirsi rivivere* ha scritto il filosofo Nicola Abbagnano. Cosi Vittoria e Olimpia, la prima cuoca presso alcune tra le più no- bili famiglie piemontesi, la seconda «domestica per una vita presso una sola signora*, si dilungano con la . visitatrice». Vittoria ricorda feste e palazzi e nomi e sciorina ricette di quiche loirraine e chou à la crème; poi la figlia si sposa, lei l'aiuta in panetteria: «AH viene a trovare spesso mia figlia, mi porta cibo buono*. Il presente sono visite attese, lunghe solitudini, piccole proteste d'orgoglio. Olimpia: «Ci hanno dato i peperoni ripieni, ma non ci mettono amore nel cucinarli*. Intanto, nell'atrio, vanno e vengono le carrozzelle, spinte da operatrici, da volontari, da pochi parenti. Per la cena si riuniscono in salette diverse, tavoli da due, tre, quattro posti. Orazio s'aggira calmo, si lascia intrattenere e trattenere. 'Come stai oggi? Adesso mangia e se hai bisogno ci sono io* dice anche a chi non è in grado di rispondere o di muoversi, aggiustando il tovagliolo, mettendo in mano il cucchiaio. O soltanto sorridendo. Anna, le gambe annientate, dalla, cancrena: «Buon-, •giorno, signora, lieta ai 'cono'•oerta»; e tende la mano e si ripete, più d'una volta, con antico decoro. Ricorda solo le sue vacanze a Venezia, due mesi l'anno, con il marito. Ma nella sala accanto (dove sono coloro che non hanno più nessuno) un'altra Anna, corpo che vegeta senza espressione, appena vede Orazio incomincia a tremare e gli occhi che non dovrebbero conservare memoria lanciano richiami muti quanto drammatici: 11 tremore si acquieta soltanto quando il volontario le stringe le mani, le spalle. Dovrà essere imboccata, come tante. In questo inquietante mondo di dolore, qualcuna è più fortunata. Ha accanto un figlio o una figlia che l'aiutano a mangiare. Il che non esclude talora una reazione d'insofferenza di fronte «al capriccio* dell'anziana impotente: 'Adesso mangia, su, non farmi dannare* s'alza improvvisa una voce irata. Pochi attimi. Quando tutto s'è acquietato, ecco 11 volontario: 'Ehi, Giuseppina, sai che questo semolino è proprio buono?*. Servizi a cura di Simonetta Conti Spesso la solitudine è malattia più difficile da guarire dei malanni fisici; un sorriso ed un po' di calore possono essere la medicina

Persone citate: Cosi Vittoria, Nicola Abbagnano, Simonetta Conti

Luoghi citati: Affi, Venezia