Tre spine per i giudici di Vincenzo Tessandori

Tre spine peri giudici Il congresso di Mantova su stampa e magistratura Tre spine peri giudici Preoccupazione per i referendum sull'Inquirente, la responsabilità del magistrato, l'elezione al Csm - n ministro Rognoni contrario all'allargamento del segreto professionale DAL NOSTRO INVIATO MANTOVA — Lo ammettono di malavoglia, ma quelle tre richieste di referendum li mette in serio Imbarazzo. E più ancora 11 pongono in difficoltà correttivi o compromessi pensati all'ombra dei partiti. Referendum sull'inquirente, sulla responsabilità del giudice, sull'elezione del Consiglio Superiore della Magistratura: 1 giudici, riuniti a Mantova per 11 convegno su «Stampa, magistratura, società» ammettono di vivere giorni difficili t prevedono, se ci saranno mutamenti sostanziali, una stagione oscura. Fanno una conferenza stampa per indicare il proprio punto di vista. Meglio dei palliativi, che potrebbero garantire soltanto un lifting superficiale all'attuale situazione, è comunque giudicato l'impatto con il voto popolare. Uniti e compatti, proclamano i magistrati, ne parleranno con Bettino Craxi, presidente del Consiglio. Nessuno, affermano a una voce Adolfo Beria D'Argentine, presidente dell'Associazione nazionale magistrati, Enrico Ferri, segretario, e Vincenzo Accattatis, vicepresidente, vuol difendere i privilegi personali e proteggere una corporazione. Come qualcuno dice, anche senza mezzi termini. «E' una campagna grave di delegittimazione del Parlamento», os¬ serva Accattatis. «Noi siamo continuamente messi in dubbio ed esiste cosi il rischio di un ricatto continuo da parte del cittadino o di un capomafia». Poi si spinge oltre e propone di introdurre nel codice la norma che dichiari «non punibile il giornalista che ha attinto la notista da fonte attendibile.. La stessa campagna per 11 referendum sulle responsabilità, cosi come è stata condotta, altro non sarebbe che una «via per condizionare la libertà». Tuona Beria D'Argentine: «Si è messo in moto una specie di meccanismo infernale di cui, prima o poi, il cittadino pagherà le conseguenze». E' il momento della riflessione e dell'autocritica per l'assemblea dei giudici e dei giornalisti: un momento, purtroppo, che dura da anni. «AH sembra di ascoltare cose già dette due o dieci anni fa», osserva Paolo Gambescla, Inviato del «Messaggero». Ma, aggiunge, «te situazione, oggi è più grave, più sfuggente, più pericolosa per il giornalista che voglia fare con scrupolo il proprio mestiere, che è soprattutto quello di cercare e pubblicare notizie e controllare, per quanto possibile, il potere nelle sue degenerazioni». Gli strumenti per mettere in difficoltà il giornalista sono innumerevoli, dalle cause civili con esose richieste di danni al possibile controllo dell'informazione che, con le nuove tecnologie potrebbe diventare soffocante. Risultato: un disastro, dice Gambescia, il disimpegno del giornalista. « Va a finire che qualcuno ritiene sia meglio non rischiare che prendere una querela». E a questo fa specchio anche il disimpegno del magistrato. Rivolto ai giudici, Roberto Martinelli, inviato de «La Stampa», sottolinea come «suite nostre libertà soffia da troppo tempo un vento di guerra. Qualcuno spinge perché esse siano limitate, vigilate, ridotte». Vincenzo Accattatis introduce la relazione con le parole di Thomas Jefferson, terzo Presidente americano, parole condivise anche recentemente, da Francesco Cosslga, Presidente della Repubblica. Jefferson dice: «Afelio tollerare qualche abuso della stampa che restringerne l'esercizio»'. Universalmente accettato che 11 termine libertà non equivale a licenza, è fondamentale, sottolinea il giudice, che «in un Paese democratico la libertà di stampa debba essere concepita in senso largo, non in senso restrittivo». Ieri il potere politico è arrivato al convegno. Virginio Rognoni, neo ministro Guar¬ dasigilli ha affermato: «Al diritto di informare e —da parte del cittadino — di sapere, corrisponde quello non meno importante alla salvaguardia dell'onorabilità personale». Far quadrare «interessi ugualmente legittimi», ha aggiunto Rognoni, è «più difficile, nel nostro sistema, per un vuoto legislativo, veramente dannoso». Rognoni, però, non è apparso orientato a favorire la soluzione del nodo. Al contrario: dice che la difesa del segreto professionale «è credibile se accompagnata da una coscienza piena dei diritti, anche delle responsabilità ivi comprese quelle di fronte alla giustizia. La realtà di tutti i giorni è fatta purtroppo di mediocrità, è fatta di un costume non poi cosi raro di convenienze e connivenze. «Talvolta — ha proseguito con tono duro — non è infondato il sospetto che dietro la battaglia del segreto professionale si nasconda la pretesa di un privilegio e, quello che è peggio, di un privilegio da condividere con l'altra parte, con chi cioè — pubblici ufficiali, compresi gli operatori della giustizia — le notizie sottobanco, ai cronisti giudiziari le passa, e come». Cosi, all'improvviso, magistrati e giornalisti da accusatori si ritrovano accusati. Vincenzo Tessandori

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