Processo agli enti di Stato

Processo agli enti di Stato Liberali e socialisti: non hanno più bisogno di fondi assistenziali Processo agli enti di Stato Ma de, prì e pei protestano - Eni, Iri e Efini temono contraccolpi sui loro debiti ROMA — Si è aperto il processo alle Partecipazioni statali. Sotto accusa i fondi di dotazione, centinaia di miliardi che finora ogni anno venivano messi a disposizione di Iri, Eni e Efim, quasi sempre per cancellare perdite a spese della collettività. I liberali hanno il ruolo di pubblico ministero, sostenuti una volta tanto dai socialisti; il ministro Darida, ovviamente, è l'avvocato difensore. Molti criticano la sua difesa, giudicata troppo morbida: il collega di partito, Pumilia, sostiene che con i tagli della legge finanziaria va in fumo una buona parte degli investimenti agglvm*r»rprbgrammati; il vicesegretario, del pri, Gunnella, chiede uri aumento dei fondi per il Mezzogiorno e promette modifiche in Parlamento; il comunista Podestà, responsabile del settore industria, afferma che ancora una volta ha prevalso una logica «di basso profilo'-. è il momento di dare più risorse alle imprese pubbliche per aiutare l'occupazione nel Sud, per sviluppare i settori tecnologicamente avanzati, per favorire il processo di internazionalizzazione dell'industria nazionale. La battaglia, che in Parlamento si preannuncia assai dura, è scoppiata l'altra sera. Contro la richiesta del ministro delle Partecipazioni statali di destinare 1300 miliardi a Iri, Eni ed Efim per l'86 è insorto il liberale De Lorenzo: non una lira va data. Alla fine è stato raggiunto un compromesso traballante 500 miliardi all'Iri, non più sotto forma di fondo di dotazione, che il Tesoro sborsa tutto in una volta, ma attraverso prestiti obbligazionari a carico dello Stato. Insomma, diluiti nel tempo. Niente all'Eni e 300 miliardi, questo si come fondo di dotazione, al disastrato Efim e all'Ente cinema. 'L'Iti, ha spiegato Prodi, è sulla strada del risanamento; l'Eni è tornato in utile, solo sull'Efim obiettivamente si può chiudere un occhio. Allora che senso ha chiedere ancora risorse allo Stato? Questi signori devono capire che Babbo Natale non passa più; afferma il segretario del pli, Altissimo. E aggiunge: .All'Iri basterebbe vendere la Sme per incassare 600 miliardi. Sisegua veramente la strada della privatizzazione'. •Mi sembra giusto non dare una lira — afferma il socialista. Piro — tonto più che «la l'Ir! sia l'Eni hanno goduto di una agevolazione, fiscale che ha permesso loro di risparmiare centinaia di miliardi. E il Parlamento lo ha deciso proprio perché poi non chiedessero la solita elemosina annuale. E' troppo facile, come fa Prodi, vendere solamente le cose appetibili, disossando Viri, sema una strategia di sviluppo, cancellando la programmazione'. All'Eur, dove ha sede il grattacielo voluto da Mattei, e in via Veneto, il piatto piange. AU'Eflm ormai ci hanno fatto l'abitudine con le levate di scudi del partiti, con i continui attacchi che arrivano ora dall'Iri, ora da □arida, ora dal Parlamento. Quali saranno gli effetti dei tagli, visto che l'Irl chiedeva per il triennio '86-'89 1500 miliardi, l'Eni mille e l'Efim 1290? Fonti attendibili dell'Iri fanno capire che ci potranno essere contraccolpi sull'indebitamento dell'istituto, visto che si dovrà far fronte a una serie di cospicui aumenti di capitale, alle per dite che ancora alcuni settori accumulano, sul programma di investimenti. L'Iri, infatti, prevedeva di utilizzare cento miliardi per riplanare le per¬ dite della Finmare (la legge di ristrutturazione è bloccata in Parlamento) e per condurre in porto l'operazione Alfa. Come risponde l'istituto alle accuse di non procedere sulla strada delle privatizzazioni? In modo molto secco: •Le cifre parlano da sé: dal primo gennaio '83 al 30 giugno '86 abbiamo ceduto aziende e pacchetti azionari per 5116 miliardi. Non risulta che altri abbiano fatto altrettanto'. L'Eni resta a mani vuote, ma Darida ha promesso un intervento per il settore minerario, che continua a collezionare pesanti perdite. Re%'tgllo puntava, dopo avervi rinunciato quest'anno, ad un fondo di dotazione di mille miliardi in tre anni per accrescere le riserve petrolifere e per eventuali nuove acquisizioni all'estero nella chimica. E, sotto sotto, forse, per premunirsi di fronte ad una congiuntura petrolifera che potrebbe avere alla lunga effetti negativi sui conti dell'ente. Che cosa si prevede adesso? 'Probabilmente, restando così le cose, saremo costretti a rallentare la parte straordinaria degli investimenti'. AU'Eflm l'aria è più pesante. L'ente, cui toccheranno circa 250 miliardi, non ha gioielli da mettere sul mercato, mentre l'alluminio, in crisi strutturale, ancora quest'anno avrà una cinquantina di miliardi di perdite. Il processo si sposta in Parlamento e le lobbies sicuramente faranno sentire tutto U loro peso, Secondo l torniinlstl è l'occasione buona per ridare slancio al ruolo delle partecipazioni statali: «Più fondi — dice Giovanbattista Podestà — soprattutto per il Mezzogiorno ma dietro garanzie e programmi-. I liberali, pubblico ministero, fanno sapere che andranno fino In fondo. Eugenlo paimieri

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