Il vertice delle spie di Frane Barbieri

Il vertice delle spie Usa-Urss tra piccola e grande diplomazia Il vertice delle spie Più passano i giorni, più sembra assurdo che l'intreccio Zakharov-Daniloff, due casi minori legati a personaggi insignificanti, possa frapporsi come un serio ostacolo sul cammino di Reagan e Gorbaciov verso il loro secondo incontro. Shevardnadze ha speso la metà dei suoi colloqui con il Presidente e il segretario di Stato americani nella ricerca di un espediente per uscire dal caso spionistico, a scapito della ricerca di una ragionevole formula di sicurezza globale. Un'inchiesta ha rivelato che la maggioranza degli americani auspica il vertice, se occorre (■anche con Daniloff in carcere». Anthony Lewis, del New York Times, trova che l'aspetto dominante nella gestione dell'affare Daniloff è la «stupidii)'*. Da Mosca ovviamente non abbiamo notizie né valutazioni critiche. Tuttavia, solo in base alla distorsione dei fatti e all'atavica ossessione dell'imminente pericolo americano, fomentate dalla Pravda, i sovietici possono concordare con il giudizio di un editorialista nostrano, secondo il quale Gorbaciov, «lanciando il Kgb su Daniloff», 'avrebbe compiuto <una mossa politica di vasto significato». Diventa ormai evidente, come ha constatato pure Kissinger, che di fronte a un grande obiettivo qual è il vertice, la diplomazia deteriore e di contorno, si è sovrapposta alla grande diplomazia. Come è potuto accadere? Reagan «lavora per la storia», proteso a conquistarsi, alla scadenza dell'ultimo mandato, un alto posto nella graduatoria dei presidenti americani. Gorbaciov punta a diventare il primo grande riformatore nel Paese della prima rivoluzione socialista. Fra le due ambizioni non dovrebbe esserci un contrasto sostanziale, ma sembra che ci sia un profondo malinteso. I due obiettivi personali, Reagan e Gorbaciov possono coglierli l'uno con l'altro, mentre oggi come oggi sembrano avviati a inseguirli l'uno contro l'altro. Sul loro cammi no sta, ormai inevitabile, il vertice numero 2. Devono raggiungerlo insieme, ma ciascuno ormai tende a farlo suo, a uscirne vincitore. Anzi, a vincerlo già in anticipo. Anche se, per evitare l'incerto esito di Ginevra, dal vertice numero 2 dovrebbero uscire tutti vinti e tutti vincitori. La guerra può deciderla anche uno solo, ma la pace si fa in due, altrimenti la guerra prosegue anche nella pace. 11 momento attuale è segnato da una curiosa guerra per il vertice. Indicandolo entrambi come proprio obiettivo, i capi delle superpotenze sembrano diventati prigionieri dei propri meccanismi e dei propri atti. Del tutto deviarne è diventata ormai la diplomazia televisiva. Probabilmente non si arriverebbe mai a un vertice se i protagonisti, nel quadro della diplomazia vera, quella segreta, ripetessero quanto si dicono o si mandano a dire trami' te i mass media, strumento principale della battaglia per accaparrarsi vantaggi anticipati in vista dell'incontro. Il teleschermo ha preso la mano ai belligeranti in cerca della pace: quando Reagan si dichiara ottimista rispetto al vertice, Gorbaciov, di regola, si dichiara pessimista, e viceversa. I due non indicano mai la stessa prospettiva. Le proposte utopistiche di disarmi assoluti vengono usate per coprire, tramite la diplomazia televisiva, fasulla, l'inconsistenza delle proposte avanzate nei canali della diplomazia segreta, quella vera. Le cifre fornite dalle due parti sulla consistenza degli armamenti non coincidono mai, e sono lontanissime dai dati che emergono dai convegni scientifici. Nell'era dell'informazione il mondo rimane disinformato sul vero stato dei rapporti fra le superpotenze. All'annuncio del vertice di Ginevra schermaglie televisive avevano mostrato un Gorbaciov e un Reagan ottimista, benché nella realtà le posizioni fossero probabilmente rovesciate. Non è mai cessata, poi, la guerra dei servizi segreti. Inte sa anche come strumento per prevenire il conflitto armato, è diventata man mano più violenta, per molti aspetti una guerra totale. Sapere tutto del nemico per costringerlo a comportarsi da amico. Oggi tutto £ spionaggio, al punto che quasi niente più è spionaggio. Pur dovendo servire da supporto discreto alla grande politica e diplomazia, i servizi segreti spesso finiscono per sovrapporsi alla politica, condizionandola. Cosi i casi di spie o presunte tali annebbiano a momenti le prospettive politiche più lungimiranti. I politici si collocano dietro i propri agenti invece di tenerli ben nascosti dietro le proprie spalle, lontano dalla politica effettiva. Il caso Powers aveva silurato un vertice a tutto danno, in fondo, sia di Kruscev, sia di Eisenhower. Saremmo al paradosso se l'affare Zakharov-Daniloff non solo ostacolasse, ma anche rinviasse il vertice. In tal caso sarebbe legittimo il sospetto che l'incontro è stato compromesso perché uno o ambedue i Grandi non lo gradiva, e che il caso spionistico è stato montato per rendere più difficile la trattativa o per vincerla in anticipo. Diplomazia da «Banana Republics», per dirla con Malcom Toon, ambasciatore americano a Mosca in un altro momento ruggente , del dopoguerra. Frane Barbieri

Luoghi citati: Ginevra, Mosca