Le nuove rotte dei petrodollari di Mario Deaglio

Le nuove rotte dei petrodollari Le nuove rotte dei petrodollari La vendita da parte della Libia della partecipazione nella Fiat non deriva esclusivamente da considerazioni politiche contingenti; risponde, invece, almeno in parte, a una logica economica e si inserisce in un generale processo di revisione delle priorità finanziarie dei Paesi produttori di petrolio. Questo processo implica, accanto a una riduzione degli investimenti dell'Opec in Occidente, resa inevitabile dal controchoc petrolifero, anche una loro diversa destinazione. Va ricordato che l'arricchimento improvviso colse i Paesi produttori di petrolio culturalmente e tecnicamente impreparati all'impiego di masse così ingenti di capitale. L'esigenza di realizzare un'interazione produttiva tra le proprie risorse naturali e le capacità tecnologiche europee, nel quadro di uno sviluppo a lungo termine, non era sempre presente in forma chiara. Solo alcuni Paesi scelsero, sia pure in maniera parziale, la via dell'acquisto di partecipazioni industriali. Tra questi vanno segnalati, oltre alla Libia con la partecipazione nella Fiat, an che il Kuwait, con l'acquisto di consistenti pacchetti aziona n nella società automobilistica Daimler e in altre industrie tedesche, nonché l'Iran dello scià con interessi in campo nucleare e siderurgico. Tale esigenza, per altro, si intrecciava, in questi e negli altri Paesi produttori, con schemi molto tradizionali di impiego dei capitali: gli «sceicchi» acquistarono in grande quantità anche titoli a reddito fisso, oro, immobili (gran parte dei più famosi alberghi di Parigi e Londra appartengono a investitori arabi). In tutte le decisioni, gran peso veniva attribuito altresì a considerazioni di prestigio, al valore simbolico di ciò che si acquistava. L'abbondanza dei ('petrodollari» è ormai un ricordo del passato e il suo venir meno ha provocato una nuova maturità, un approccio più sobrio nei Paesi produttori. E' significativo, a questo proposito, che pochi mesi fa, in luglio, il Kuwait abbia, con un'operazione per certi versi parallela a quella attuale della Libia, ridotto dal 14 al 9 per cento la propria partecipazione nella tedesca Daimler (anch'essa, come la Fiat, in fase di vigorosa espansione). Un po' dovunque si segnalano cessioni di pacchetti azionari non di controllo da parte di interessi facenti capo a Paesi dell'Opec. Perché quest'abbandono? Nell'ambito di disponibilità finanziarie più limitate e di fronte alla possibilità di realizzare buone plusvalenze sul denaro Ihiziàlmertte investito, questi Paesi stanno ridefincndo le loro strategie: trasferiscono i loro interessi in arce più prossime ai loro prodotto di base e cioè nei settori della raffinazione petrolifera, della petrolchimica, della distribuzione dei prodotti raffinali. Invece di l'are da comprimari, contribuendo solo in maniera limitata alla formazione delle decisioni di grandi gruppi, preferiscono giocare un ruolo ben più incisivo in società più piccole, di cui acquistano il controllo. In quest'ottica va interpretata anche la costruzione, in molti Paesi produttori di petrolio, e particolarmente in Arabia Saudita, di vere e proprie «città della petrolchimica» i cui prodotti già ora costringono l'industria petrolchimica europea a consistenti ristrutturazioni. Se all'Opcc non conviene più mandare in Europa le navi cariche di petrolio, può convenire, per esempio, mandare navi cariche di derivati petroliferi, a cominciare dalla benzina. Non e eerto un caso, dunque, che la medesima società libica che ha venduto le azioni Fiat abbia rilevato qualche mese addietro la maggioranza della Tamoil. un'importante Mario Deaglio (Continua a pagina 2 in quarta colonna)

Luoghi citati: Arabia Saudita, Europa, Iran, Kuwait, Libia, Londra, Parigi