«Avvocato, vuol comprare?»

ce Avvocato, vuol comprare?» Come si è giunti all'uscita dei libici dalla Fiat; venti giorni di delicate trattative ce Avvocato, vuol comprare?» Una telefonata a Agnelli da Trìpoli in pieno Ferragosto - «Siamo disposti a vendere ma a una precisa condizione: massima segretezza» - Il 3 settembre primo incontro a Zurìgo Perché fu scelta la Deutsche Bank - Mercoledì scorso Giovanni Agnelli dà la notizia a Craxi TORINO — La telefonata è arrivata In pieno Ferragosto; a chiamare era Abdullah Saudi. primo rappresentante libico nel consiglio di amministrazione della Fiat, da cui era successivamente uscito per diventare presidente della Arab Banking Corporation, una banca di Bahrain in cui Tripoli ha una partecipazione. A sorpresa, dopo mesi di silenzio, Saudi chiedeva a Giovanni Agnelli se la Fiat fosse disponibile a discutere l'acquisto delle proprie azioni (15 per cento del pacchetto) in mano alla Libyan Arab Foreign Investment Company, la Lafico. Unica condizione: assoluta segretezza, se vi fossero state fughe di notizie i contatti sarebbero stati in. terrotti. Era stata un'iniziativa dello stesso Saudi, che si teneva in contatto con Tripoli. Agnelli chiamò Gian Luigi Gabetti, amministratore de legato dell'Iti, incaricandolo di aprire la trattativa in stretto contatto con Cesare Romiti e con Enrico Cuccia, presidente onorario di Mediobanca. Gli ultimi giorni di agosto furono impiegati a mettere a punto la strategia insieme con l'avvocato Franzo Grande Stevens, con Francesco Paolo Mattioli, responsabile finanziarlo Fiat, con il segretario generale dell'Iti, Virgilio Marrone, con Vincenzo Maranghl, direttore centrale Mediobanca. Il 3 settembre pruno incontro formale a Zurigo, nella sede discreta della Satco. una finanziaria consociata della Iti International. Intorno al tavolo si ritrovano le stesse persone che quasi dieci anni prima avevano negoziato l'ingresso nella Fiat del capitale libico: Gabetti, Romiti e Cuccia da una parte, dall'altra Abdullah Saudi, Regeb Misallatl, anch'egll ex consigliere nella Fiat e oggi importante esponente della Tesoreria libica, e Mohammed Siala, presidente della Lafico e consigliere Fiat in carica. Le premesse di questo incontro, sottolinea Gian Luigi Gabetti, erano state poste in primavera quando Siala, rispondendo a un'agenzia di stampa, aveva detto: .Non è nostra intensione vendere la quota azionaria Fiat ma se dovessimo farlo dovremmo riconoscere l'opzione che l'I fi ha su di essa' e lo stesso Gabetti aveva risposto attraverso la medesima agenzia prendendo atto della «non vo¬ lontà» della Libia di vendere ma ripetendo la disponibilità ad acquistare il pacchetto se e quando Tripoli avesse deciso di cederlo. Lo stesso Agnelli confermò poco dopo questa posizione. Al momento della telefonata di Abdullah Saudi. la Fiat aveva già trovato una soluzione soddisfacente per la spinosa questione dei rapporti con Washington, entrati in crisi proprio a causa della presenza libica nel capitale: ai primi di agosto, infatti, era stato raggiunto un accordo per costituire una società Usa che avrebbe reinvestito gli eventuali utili in America e che sarebbe stata quindi riammessa a concludere affari con ramministrazione americana. Forse, a questo punto, erano i negoziatori libici ad avere fretta. In meno di venti giorni la trattativa e avviata a conclusione (quella per l'ingresso dei libici a corso Marconi aveva richiesto oltre un anno). Nella serata di mercoledì 17 Agnelli, accompagnato da Romiti, va a Palazzo Chigi e informa Craxi; subito dopo vengono messi al corrente Andreotti, Spadolini, il presidente della Consob, Piga. Infine, martedì, la firma (prezzo, 3 miliardi di dollari), le dimissioni di Siala e del collega Elgheriani. -E'stata una trattativa serrata ma corretta — sottolinea ora Gabetti —; non abbiamo buttato fuori nessuno-. Fra Torino, Zurigo e Francoforte si era svolta frattanto, una seconda trattativa parallela con la Deutsche Bank, prima banca tedesca, forte di una rete mondiale di corrispondenti che comprende alcune delle principali banche e compagnie finanziarie europee, americane, giapponesi. Stabilito che l'Ifil, presieduta da Umberto Agnelli, avrebbe assorbito una grossa fetta della quota Ubica, oltre 100 milioni di azioni ordinarie corrispondenti a circa il 40 per cento dell'intero pacchetto (grazie a questa operazione la partecipazione dell'ini al capitale ordinario Fiat passa dal 2.5 al 10 per cento mentre quella dell'Intero gruppo Iti sale dal 32 a circa il 40 per cento) si trattava di sistemare il re stante 60 per cento -sema metterlo in mani fragili o non affidabili ed evitando di inci aere sulla bilancia valutaria italiana, afferma Gabetti. Di qui la scelta della Deutsche Bank .l'unica che potesse rilevare una posizione in divisa, dato che la vendita avve Vittorio Bavizza (Continua a pagina 2 in quarta colonna)