Dieci fermati per la strage in Sicilia

Pieci fermati per la strage in Sicilia Porto Empedocle, i nomi top secret ma i sospettati appartengono ai clan in guerra Pieci fermati per la strage in Sicilia Il sindaco: «Mafiosi? Qui non ne vedo» - Il giudice: «La mafia sta ricostituendo nell'Agrigentino i vecchi equilibri» PORTO EMPEDOCLE — Dieci persone sono state fermate per accertamenti dopo la strage di domenica sera a Porto Empedocle e dopo il duplice omicidio di domenica pomeriggio nelle campagne tra Slculiana e Montallegro (in totale 8 morti e due feriti). Oli investigatori negano ai giornalisti 11 benché minimo particolare e cosi non si sa nulla sull'identità del sospettati, sul ruolo che essi possono aver avuto nel bagno di sangue maturato tra 1 rissosi clan mafiosi agrigentini in guerra dal 1981. Del dieci si è appreso soltanto che sono di vari paesi della zona e che da tempo sono indiziati di appartenere alle cosche. Alcuni sarebbero legati al gruppo dei Messina, la famiglia antagonista di quella dei Orassonelli, principale obiettivo del quattro assassini che domenica sera hanno sparato tra la folla nella centrale via Roma di Porto Empedocle, cinque ore dopo avere soppresso due pastori a venti chilometri di distanza. Davanti al bar Albanese, dov'è avvenuta la strage, gli esperti della scientifica hanno ritrovato 70 bossoli di armi di vario calibro. Sono stati usati un'arma a ripetizione, un fucile a lupara, due pistole bifilari calibro 7.65. Le due Fiat Ritmo utilizzate dal commando e rinvenute bruciate sulla strada Agrigento-Caltanlssetta a circa sette chilometri da Porto Empedocle, erano state rubate venerdì 19 settembre a Ravanusa e Campobello di Licata. «La mafia dalle nostre parti sta ricostituendo i vecchi equlibrì, dandosi Una nuova fisionomia che ancora non è stata ben individuata — dice il sostituto procuratore della Repubblica, Roberto Sajeva che coordina l'Inchiesta —, a Palermo per il momento la parola d'ordine è di non attirare l'attenzione mentre ad Agrigento, evidentemente, vi sono meno remore di questo tipo e si spara e si uccide*. L'analisi del magistrato è pertinente: nell'ultimo mese e mezzo sono stati commessi a Porto Empedocle e dintorni 16 del 24 delitti di mafia registrati in tutta la provincia dall'inizio dell'anno. E' la prova che è in corso una guerra. L'Alto commissario per la lotta alla mafia Riccardo Boccia, ha ribadito la sua preoccupazione per quel che sta accadendo nell'Agrigentino, riconoscendo che qui vi sono stati - troppi occhi chiusi e troppe lentezze* e lamentando che c'è una grande omertà e neppure l'ombra di un pentito disposto a dare una mano alla giustizia. E lo Stato? E 1 servizi antimafia? «Agrigento finora ha potuto contare su pochi uomini e su mezzi assai esigui — afferma il prefetto Boccia — ma è pur vero che in questa città si registrano presenze troppo prolungate nel tempo nell'apparato investigativo*. Il sindaco di Porto Empedocle, Giuseppe Sinesio, deputato democristiano a Montecitorio ed ex sottosegretario al Tesoro, intanto insiste nella sua tesi e non esita a ribadire che -tutto quel che è accaduto è tanto rozzo da es¬ sere delinquenza comune. Certo non assolvo, questa è delinquenza pericolosa — aggiunge Sinesio, chiamato a presiedere un bicolore dc-psi al quale guardano con simpatia anche le opposizioni — Ma Giuseppe Grassonelli era un capomafia? Era uno che anni fa portava pesi e lo chiamavano Pino Cascitteddu (cassettina. n.d.r.). I capofila stanno altrove. Loro erano persone che forse preparavano il terreno ai grandi sponsor, ai parassiti esperti in ricchezza*. Secondo l'onorevole Sinesio •a Porto Empedocle grandi mafiosi non ve ne sono* e il sindaco prosegue: -Se mi chiedessero chi è mafioso a Porto Empedocle risponderei che non saprei proprio chi indicare*. In Regione 1 deputati comunisti eletti nell'Agrigentino, Michelangelo Russo, Calogero Gueli ed Angelo Capodicasa hanno presentato un'interpellanza con la quale invitano il presidente della Regione a fornire urgenti iniziative sugli sviluppi delle indagini e sull'inadeguatezza dell'apparato antimafia nella provincia. La Regione ha recentemente fatto defluire un fiume di miliardi verso la cittadina di 18 mila abitanti a 8 chilometri da Agrigento: 20 per le case popolari. 18 per il porto turistico, altri miliardi per fognature, strade, scuole, un desalatore dell'acqua marina e la rete di distribuzione del metano. Si calcola che si tratti di almeno 100 miliardi dovuti alla «munificenza» del concittadino Salvatore Sclangula (de), assessore regionale al Lavori pubblici ed ex sindaco di Porto Empedocle che, eletto nel governo regionale, non si è dimenticato della sua provincia, la più depressa dell'isola. Infine gli oltre 1000 miliardi per il completamento di quattro dighe, sempre nell'Agrigentino: per gli affaristi della mafia, abilissimi nell'annusare il «business», questi appalti possono diventare un'autentica corsa all'oro. Antonio Ravidà