Goria, da recluta a leader

Goria, da recluta a leader Le polemiche sui Bot hanno costretto il ministro a uscire allo scoperto e a mostrare la sua forza Goria, da recluta a leader Non è più un tecnico imprestato alla politica - Una corsa frettolosa nel partito, inconcepibile per le cadenze de - Al congresso di due anni fa portò una manciata di voti a De Mita, ora ha una task-force del 9 per cento ROMA — «Jo sono uno abituato a fare i conti — ringhia in mezzo agli scaloni e ai corridoi del ministero del Tesoro Gianni Oorìa —. E i conti di questa storia dei Bot sono presto fatti: alla fine ne uscirò un po' spennato, ma almeno avrò sollevato il lenzuolo di questo fantasma della tassazione dei titoli di Stato che ormai spuntava da ogni angolo. La gente alla lunga capirà: perché sotto il fantasma non c'è niente*. Poi via in macchina, schiacciando dentro l'Alfa blindata rabbia, voglia di vendetta, solitudine democristiana, perché questa è una giornata campale: bisogna salire al Quirinale da Cossiga per spiegargli «che governare vuol dire anche assumersi rischi di incomprensione-, passare a piazza del Gesù per dire a Riccardo Misasi che la de deve alzare la voce e spiegare a tutti che sulla tassazione dei Bot una maggioranza diversa allargata al pei era già 'bella e pronta, acquattata in Parlamento' e poi la sera, alle otto in punto, bisogna correre al ristorante Loreto, dove aspettano in quattro, con il posto da capotavola libero per il ministro: agnolotti e vino rosso, come usa in Piemonte, perché a tavola si deve decidere il nome del nuovo segretario regionale della de piemontese e Gona ha deciso di spiegare agli altri che lui è stufo di aspet- tare, e vuole un suo uomo al posto di comando. Nessuno l'aveva previsto, ma proprio la crisi dei Bot, colpendo l'immagine di un ministro vincente (con il pei che chiede le dimissioni, i compagni di partito come Donat-Cattin che parlano di • morbida fermezza', i giornali che accusano di incoerenza), ha costretto Goria a gettare la maschera, venendo allo scoperto per difendersi e mostrandosi cosi per quel che oggi è davvero, al riparo del portone del Tesoro. Non più un tecnico imprestato alla politica, ministro per caso, tutta immagine e niente radici, inventato da Andreotti e coltivato dalla segreteria. Ma un capopartito a pieno titolo, gestore in proprio di polemiche e conflitti con gli alleati avversari, portatore di linea e soprattutto protagonista di una mutazione democristiana accelerata, con pochissimi precedenti nella storia recen te di piazza del Gesù: da re eluta a boss, nello spazio di quattro anni appena. Qualcuno assicura che la corsa è stata ancora più frettolosa, incredibile per 1 ritmi e le cadenze de: due anni fa, al congresso che rielesse De Mita segretario, Goria portò di suo all'incirca 30 mila voti congressuali che annegati negli undici milioni che formano il monte-potere della de contavano zero, anzi zero virgola zero-qualcosa. Oggi Goria di queste faccende non parla, ma i suoi uomini fanno un conto che Ciriaco De Mita conosce benissimo. Direttamente o indirettamente, sott'acqua o alla luce del sole, il ministro del Tesoro all'ultimo congresso ha convogliato sul segretario de un milione di voti democristiani: mal contato, è il 9 per cento di tutto il partito. Come nelle immagini troppo veloci, l'opinione pubblica è rimasta indietro di un fotogramma, ferma all'immagine del ministro un po' naif in politica, fuori dai giochi, abituato ad 'andare a naso', senza i vecchi riflessi condizionati democristiani. Ma il partito, possibile che si sia fatto prendere d'infilata, senza accorgersi della scalata al potere interno di Goria, e della sua trasformazione? Il fatto è che il ministro, a ben vedere, non ha mai smesso di fare il ministro in questi anni. Da quella postazione, importante ma .esterna» quanto basta per tranquillizzare i vecchi capicorrente de, non si è mai mosso all'assalto diretto dei gruppi organizzati del partito, ma li ha attaccati trasversalmente, dividendo e ricucendo senza preferenze ideologiche o culturali, accettando, accogliendo, accumulando, sia pure senza mai pronunciare la parola •corrente., anzi muovendosi sempre e comunque nel nome e per conto di Ciriaco De Mita. Una corrente democristiana tradizionale, a Goria non interessa affatto. La sua è piuttosto un'intercorrente, una specie di gruppo di pressione, un'inedita lobby interna al partito con forze diverse, disperse, convergenti. Scherzando (ma nemmeno troppo) il ministro parla con i suoi uomini di task force, re¬ clutata senza mostrine e divise, con un disegno strategico preciso: 'Tirar fuori una nuova classe dirigente dovunque essa sia, a destra a sinistra o al centro del partito: Una forza d'assalto per i disegni demitiani, paziente perché convinta di ereditare il futuro democristiano, libera da obblighi verso l'ideologia e da fedeltà verso la tradizione, pronta a formare il nucleo duro, dinamico e compatto di quella grande piattaforma neocentrista che si sta raccogliendo attorno al segretario, talmente snella e post-democristiana da non chiedere a chi arriva di sciogliere i vecchi vincoli di corrente, ma solo di condividere gli obiettivi. Per caso, per calcolo, per fortuna, Goria è diventato il pùnto d'incontro di una parte del lascito vetero-basista di Giovanni Marcora, di eterni istinti all'affrancamento dei numeri due della periferia democristiana, di spinte nuove all'autonomia dei partiti regionali, di un ciclico bisogno di coesione generazio¬ nale, che periodicamente attraversa la de. Gli uomini della lobby sono giovani, nuovi e colonnelli, nel senso che in gran parte comandano i distaccamenti democristiani delle varie regioni. Nell'elenco che fanno gli uomini del ministro del Tesoro, c'è lo scrigno della Lombardia, la forza dell'Emilia, la scoperta del Veneto, la patria piemontese, la base della Liguria, la penetrazione fin giù alla Toscana e all'Umbria, con i nomi del segretario regionale lombardo Tabacci (ex capo della segreteria di Goria), il presidente della Regione Lombardia Gùzzetti, il presidente del Friuli Biasimi, il segretario toscano Matulli, l'eurodeputato ligure Parodi, gli onorevoli Gianni Fontana, Garavaglia, Rubbi, Falcer, Fornasari, Borri, al centro di una rete democristiana morbida, vasta, informale e avvolgente. Al lavoro di pressione sul partito, metodicamente, girando una regione dopo l'altra settimana per settimana, Goria dedica il sabato e 11 lu¬ nedi, consacrando la domenica ad Asti, dove ha conquistato alle ultime elezioni un voto ogni due elettori, ma dove è ancora e testardamente minoranza nel comitato provinciale de, in mano agli eterni dorotei. Alla pattuglia di deputati che lo circondano, il ministro riserva il pranzo in trattoria ogni giovedì, alternando la «Taverna Flavia, con l'«Osteria dell'Orso». Alla periferia più lontana e impenetrabile, dove il dominio degli altri capi democristiani è ferreo sulle sezioni, sui deputati, sui colonnelli, la predicazione di Goria arriva attraverso la creazione dei •Centri studi Marcora» che sono già dieci e promettono di crescere. In ogni caso, la consegna assoluta è di non varcare il Rubicone. A parte una misteriosa e ridotta «enclave» goriana nel Lazio, la lobby non ha mai attraversato la linea gotica, restando rigidamente confinata nel Nord. Ma al Nord, con il peso nel partito si allarga il potere. La mappa dice che Goria è molto amico di due tecnici come Zandano e Filippi, nominati presidenti a Torino del San Paolo e della Cassa di Risparmio, mentre il vecchio padre putativo Borello è oggi presidente nazionale dell'Artigiancasse (che eroga duemila miliardi all'anno di mutui); un altro buon amico, Nicolini, guida il Credito Sportivo (300 miliardi di mutui annuali ai Comuni), «goriani. sparsi e minori presiedono casse e banche tra il Veneto e l'Umbria. Un giorno, quest'estate, 11 ministro ha radunato tutti alla locanda .San Giorgio» di Maccastorna, per lanciare la nuova parola d'ordine: 'Appoggeremo De Mita fino in fondo purclié vada avanti, scomponendo e riaggregandO'. Alla fine, quando si sono 0 ai e e 11 ti di a pn i, no guardati in faccia, colonnelli e deputati hanno scoperto che al tavolo del ministro 'C'erano un milione di votcongressuali de.. Mai visto tanto potere democristiano a Maccastorna, 105 abitanti In tutto. Ma se questa è la capitale della lobby-Gorla, una ragione c'è: è accanto allo svincolo autostradale di Piacenza, la task force può accorrere in fretta, scendendo dai monti, salendo dal pianoEzio Mauro Roma. Il ministro del Tesoro, Giovanni Goria (Tclcfoto) id il Cdito Sportivo (300 adati in faccia colonnelli