La camorra è un romanzo popolare

La camorra è un romanzo popolare PRIME FILM: l'opera prima di Tornatore e «Su e giù per Beverly Hills» di Mazursky La camorra è un romanzo popolare Con Gaz/ara (statico, troppo truccato) e la Del Sol, il regista trentenne si è ispirato a Cutolo: notevole padronanza professionale - La favoletta americana, remake del film di Renoir del '32, non è azzeccata IL CAMORRISTA di Giuseppe Tornatore, con Ben Gazzara e Laura Del Sol. Drammatico. Produzione italiana a colori. Cinema Vittoria di Torino. Docu-drama popolare, ricostruzione romanzata della vicenda di Raffaele Cutolo, capo della Nuova Camorra Organizsata napoletana come liberamente ricavata dall'autobiografia immaginaria scrìtta dal telegiornalista Giuseppe Marrazzo, lungo due ore e quarantasette minuti che diventeranno in televisione cinque ore, comprensibilmente il film non chiama nessuno col proprio nome. Il protagonista è semplicemente -il Professore» ed è di -Vesuviano' (Ottaviano?); sua sorella è Rosaria, non Rosetta come la devota e attiva sorella di Cutolo; un faccendiere si chiama Sapienza (Pazienza?), un italoamericano della droga si chiama Frank Titas (Turatello?) e un assessore regionale democristiano Mesillo (Cirillo?). Poi senatori, sindaci, onorevoli amici del camorrista e 'il segretario del nostro partito' che al camorrista manda un messaggio. La storia ripercorsa ha molto in comune con quella .di Cutolo: infanzia tra camorra e violenze in Campania; prima condanna per omicidio a trentanni di prigione; conquista del potere criminale dal carcere, fondazione della Nuova Camorra, lotta sanguinosa e vittoriosa contro la vecchia camorra; accordi con Cosa Nostra a New York; processi con sentenze di totale infermità mentale, manicomio criminale, fuga, latitanza, nuova cattura. E alla fine l'episodio scottante: i politici democristiani che attraverso l servizi segreti ricorrono al camorrista per ottenere la liberazione del loro collega sequestrato dalle Brigate rosse e gli fanno promesse, lui che raggiunge lo scopo, i politici che non mantengono le promesse, lui che tenta di svergognarli pubblicamente e ne: viene schiacciato. Come 'Il pentito* di Squitieri o 'Cento giorni a Paler¬ mo' di Ferrara, U camorrista fa parte di quel nuovo genere di cinema che usa il romanzesco per raccontare personaggi e storie dell'Italia feroce con una libertà e semplicità consentite dalla 'elaborazione fantastica» e impraticabili per la stampa. Il vantaggio sta nell'allineare in una narrazione incalzante fatti che nella realtà si sono frammentati durante anni tanto da venir ricordati poco o male, e nel permettere alla gente di seguirli, di capire certi meccanismi di formazione ed esercizio del potere criminale. Lo svantaggio sta nell'eccesso di semplificazione, nella suggestione drammatica che porta lo spettatore a prendere per buona ogni cosa, nonostante l'onesta premessa degli autori di «non pretendere di fare ricostruzioni storiche, né di imporre come verità una loro versione dei fatti.. Il risultato rimane efficace e avvincente, nello stile melodrammatico e del romanzo popolare. Socio-Matarazzo, cronaca sceneggiata, lento all'inizio, con grandi scene di massa e di carneficina, il film vale per quel che racconta: ma il regista trentenne, alla sua opera prima, mostra una padronanza professionale as- sai inconsueta in Italia. Meglio di Ben Gazzara, che è un po' un tronco e ha gli occhi troppo truccati. *★ SU E GIÙ' PER BEVERLY HILLS di Paul Mazursky, con Nick Nolte, Bette Mi- dler, Richard Drcyfuss. Produzione americana a colori. Cinema Ambrosio di Torino, Apollo di Milano, Capranica e Embassy di Roma. Paul Mazursky, 56 anni, non azzecca un film dal 1977 di 'Una donna tutta sola-, e anche stavolta ci risiamo. Tratta dalla vecchia commedia di René Fauchois 'Boudu sauvé des eaux*. remake d'un film 1932 diretto da Jean Renoir con Michel Simon clochard anarchico e con grande insuccesso commerciale, la storia racconta l'incontro tra un barbone vagabondo e la famiglia d'un Industriale ca-liforniano, mette a confronto una vita povera e contenta con esistenze lussuose e nevrotiche: alla fine vincono t ricchi, il vagabondo rinuncia volentieri alla libertà in cambio del comfort. Il fabbricante di stampelle per abiti Richard Dreyfuss salva il barbone Nick Nolte dal suicidio, lo ripulisce, lo riveste, lo ospita nella casa (piscina, prati ben pettinati, palme, Rolls bianca) dove vive con una moglie schiava del guru e della meditazione, una figlia malata di anoressia, un figlio cinefilo segretamente omosessuale, una cuoca latinoamericana malinconica, un cane isterico. In un mese l'ospite migliora la vita di tutti: per ridare equilibrio alle donne se la sbriga naturalmente con-facilità, facendogli fare l'amore e avere orgasmi miracolosi; al ragazzo consiglia franchezza, nessuna vergogna e un rossetto più scuro; all'industriale insegna la libertà; al cane dà l'affetto ruvido di cui ha bisogno. Il vagabondo ha molte altre virtù, suona Debussy al pianoforte, sa fare il massaggio rilassante e la ginnastica orientale, sa camminare sui carboni ardenti e dominare una turbolenta festa di Capodanno con ospiti cinesi: e Nick Nolte è atletico, ben fatto, spesso nudo. Deprime pensare a quanto dev'essersi compiaciuto con se stesso il regista per aver avuto la trovata di chiamare il cane del barbone Kerouac come il narratore del vagabondare americano, e il cane dell'industriale Matisse come il pittore francese amato dai ricchi. E' divertente un barbone pellerossa il cui nome indiano significherebbe «Colui-che-ha-perduto-la-suacarta-American Express-e-sene-frega*. Ma la favoletta polverosa non arriva a diventare cri (tea né analisi né commedia di costume, le canzoni dei Talking Heads e di Little Richard non riescono a aggiornarla, tutto risulta insulso, stentato, volontaristico, e si ride poco. 1.1. Ben Gazzara in «Il camorrista»: il film sarà trasmesso anche dalla tv e durerà cinque ore

Luoghi citati: Campania, Capranica, Ferrara, Italia, Milano, New York, Roma, Torino