Nel covo natio degli Abdallah

Nel covo natio degli Abdallah A Kobayat, cittadina maronita nella fetta di Libano controllata da soldati e 007 siriani Nel covo natio degli Abdallah Una popolazione fiera, da sempre «serbatoio» per l'esercito di Beirut - Ma di qui incominciò l'intervento militare di Damasco nel Paese - La gente non parla volentieri dei fratelli e concittadini scomodi - La «carriera» e le donne di Georges NOSTRO SERVIZIO KOBAYAT — Auto di grossa cilindrata In doppia fila, costruzioni moderne senza ricercatezza, negozi di moda dove si accetta moneta siriana, grandi croci quasi provocatorie a ritmare 11 paesaggio: è il solito Libano anche qui a Kobayat, paesone sui contrafforti settentrionali del Monte Libano il cui nome oggi ticchetta su tutte le telescriventi. La fama perfida di Georges Ibrahim Abdallah ha reso celebre nel mondo Intero questo «ridente villaggio maronita che si apre sulla montagna boscosa*, come diceva una vecchia guida. Circa 20 mila abitanti, tutti maroniti, da tempo immemorabile la cittadina è alleata con la vicina Andakat. A parte questo caso, non si parla certo di armoniosa convivenza in questa regione, l'Akkar, gradino sulla montagna libanese che sovrasta la pianura siriana, da sempre terra di sparatorie o, nel casi migliori, di coesistenza in cagnesco, Tra i sassi più adatti al ginepri che agli alberi da frutto, i cristiani, nel loro intimo, hanno sempre considerato intrusi i musulmani di qui, soprattutto perché possiedono i campi più fertili; e i musulmani hanno sempre visto questi cristiani indomiti .come il simbolo del loro possesso incompiuto del Paese. A Kobayat si professa da secoli una fede secondo la quale «soltanto le pecore sopportano i tiranni»; e quando il tiranno è apparso, come nel 1840, sotto forma degli invasori egiziani e delle corvée, si è reagito «alla maronita», cioè gettando giù dai precipizi muli a asini, beni preziosissimi tra queste balze. Secoli sul chi vive, secoli di notti dormite con un occhio solo, tra la sposa e la spingarda, hanno temprato un ca rattere fatto di estremi: gusto dell'attimo che fugge ma anche pazienza, spacconate e ideali, e un patriottismo senza rispetto per le leggi. Quel poco che, all'estero, si è visto di Abdallah denota un'altera gravita degna di questo luogo natale. C'è qui una fierezza, in molti casi accompagnata da vero coraggio, sfruttata da tempo dall'esercito libanese, che ancora oggi, pur nella sua pochezza, ha centinaia di uomini provenienti da Kobayat e dintorni. Del resto, l'unica vera gloria ancora In vita della cittadina è un militare, Ibrahim Tannus, 11 «generale guercio» che, nella sua qualità di comandante in capo delle forze armate dall'82 all'84, è stato l'artefice, tenace quanto sfortunato, della ricostruzione dell'esercito. Nemico della Siria, Tannus non può azzardarsi a tornare nella culla della sua famiglia, nel cuore di una regione che le forze di Damasco controllano da dieci anni. « Vede — dice uno studente — noi preferiamo fare il morto che esserlo davvero. In questa sona, dopo il 1975 civili cristiani sono stati assassinati, a Beit Mellat, a Bambina, da sunniti che armavano palestinesi a loro volta appoggiati dai siriani. Alla fine abbiamo dovuto accettare la penetrazione della Siria: Era la meta del '76, Abdallah viveva nel villaggio. Sono passati dieci anni, a Kobayat e Andakat Damasco mantiene soltanto agenti della polizia segreta, armati ma hi borghese. Ha insomma ritirato le divise per non urtare la «11banità» epidermica della popolazione, ma tiene soldati a pochi chilometri di distanza da queste due cittadine, che — non può dimenticarlo — sono almeno in parte alla base della «legittimità» della sua presenza armata in Libano. Nel 1976, nel tentativo di fregiarsi dell'avallo dei maro¬ niti, fulcro dello Stato libanese, Damasco sfruttò due telegrammi inviati al presidente Assad il 29 maggio, il primo, firmato dall'ex deputato locale Michel Daher, zelante filosiriano. Invitava 11 vicino Paese a «intervenire immediatamente e prendere sotto la sua responsabilità i due villaggU; il secondo, scritto da un «gruppo di abitanti di Kobayat e Andakat* la cui identità era e resta un mistero, esortava Assad a «venire in loro soccorso, perché da tre giorni siamo vittime di un massacro'. I cui autori erano guidati da un ufficiale, Ahmed Maamari, capo di un'effimera dissidenza sunnita nelle forze regolari libanesi che agiva — lo si saprà più tardi — per conto del leader siriani. Insomma, l'esercito siriano si mosse per aiutare popolazioni assediate da suoi fedelissimi. Gli attentati fatti in Francia dalle Frazioni Armate Ri¬ voluzionarie Libanesi, i cui membri conosciuti vengono da Kobayat e dintorni, possono far pensare che questo posto sia diventato il covo di un'intera popolazione che, per motivi oscuri, lavora alla rovina dell'Occidente, come nel Medio Evo il Vecchio della Montagna scatenava contro 1 nostri avi in Oriente quelli che nelle nostre lingue hanno lasciato la parola «assassini». Illusioni. Kobayat e Andakat sono soltanto grigi capoluoghi .di zone occupate nelle quali Abdallah non ha maggior seguito di quanto il papicida Ali Agca abbia nel suo paese natale dell'Anatolia. Al massimo si guarda con compassione la vedova che attraversa la strada a capo chino e sostiene che il «suo» Georges «se n'è andato in Francia a fare traduzioni per vivere*. Sul piano politico, lungi dall'essere fucine di rivoluzionari, Kobayat e Andakat sono estremamente conformisti; ci si trovano ancora qua e là, benché i siriani brontolino, ritratti di Bechir Gemayel; e la gente sta dalla parte di Samir Geagea, capo delle Forze Libanesi cristiane, più da quella del suo ex rivale filosiriano Elie Hobeika, che ha dovuto rinunciare al progetto di aprire una caserma qui. La gente si fa pregare per parlare di «Goerges, figlio di Ibrahim*. «La famiglia Abdallah era molto rispettabile*, dice la gente; «Ibrahim era un buon soldato, preoccupato soprattutto di trovare il pane per il suo nuovo nato di tutti gli anni*. Ma i figli? «Sì, conoscevamo il povero Fakim, lavorava per la marina mercantile francese, è morto in Francia nell'83*. Su un altro fratello di Georges, Joseph, le lingue si sciolgono ancora meno: «Un tipo in gamba, è tornato dalla Francia con una laurea. Voleva portare giù anche i figli di Fakim, ma non gli è stato possibile*. Joseph si vede spesso a Kobayat, insegna alla sede di Tripoli dell'università libanese: «Non si sa bene come la pensi*, ma che possa essere «il cervello, l'ideologo delle Fari», non stupisce affatto. Anima del gruppo è «Jacqueline, quella dal sedere grosso*. A Jacqueline Esber, del vicino villaggio greco-ortodosso di Gebrayel, si attribuisce da molte parti in Libano, oltre al ruolo di ninfa egeria, l'assassinio del diplomatico israeliano Yacov Barsimantov, avvenuto in Francia nel 1982. Dell'omicidio era stata accusata in un primo tempo Josephine Sarkis Abdo, in carcere in Italia dall'84. Chi conosce questa donna, figlia di un militare di Kobayat, dice che «quando incontrò Georges lavorava all'Ufficio cifra delle Forse libanesi a Beirut. Lui la ammaliò con i suoi discorsi da intellettuale marxista, poi sfruttò quella tenera ammirazione usandola per operazioni terroristiche. La vera metà di Georges è Jacqueline*. E Feria- Fayez Daher, per citare solo un altro nome della corte del vanitoso Georges? «Si è nascosta per un po' tra i palestinesi della zona, poi è tornata nel suo villaggio di Andakat, dove il padre ha un distributore di benzina*. Uno degli ex compagni di scuola di Georges accetta finalmente di dire qualche parola: «Dev'essere stato il fratello Joseph a dargli le idee rivoluzionarie. Pensi che il padre era un fedele del "filoccidentalissimo" presidente Chamun. Poi, un bel giorno si è saputo che Georges faceva parte del pps». Cioè del Partito popolare siriano, strana formazione politica libanese celebre non tanto per i suoi ideali laici, che le hanno procurato l'adesione di molti cristiani, quanto per la sua linea filopalestinese e favorevole a una Grande Siria estesa addirittura fino a Cipro. Dunque, il giovane Georges, che nel frattempo era diventato maestro, faceva parte del pps; ma al suo ex compagno delle elementari sembra di ricordare che «ne venne cacciato per anarchia; passò ai comunisti, e poi ai palestinesi filosovietici del Fronte Popolare di Liberazione della Palestina. Per non parlare di una rapina a mano armata in una banca di Beirut Ovest, intorno al '78, per la quale fini in gattabuia; lo tirò fuori, per solidarietc di compaesano, il nostro avvocato-deputato Mikhail Daher*. La stessa persona aiterma che Abdallah è vissuto poi a Beirut fino all'invasione israeliana dell'82. Altri frammenti di risposte dati da quanti hanno conosciuto il presunto capo delle Fari prima della sua -carriera» indicano che indubbiamente il giovane ha subito il fascino di terroristi internazionali quali Carlos e Abu Nidal. Ma come ha potuto colpire soprattutto la Francia, Paese che la maggioranza dei libanesi cristiani, e anche alcuni musulmani, considerano ancora una «tenera madre*? Forse è un'altra finezza dei servizi segreti siriani: mandare in Europa terroristi li banesi cristiani per contribuire ad allontanare i francesi dai maroniti. J.-F. Péroncel-Hugoz Copyright «Le Monde» e per l'Italia «La Stampa»