L'albero di Natale sulla catastrofe

L'albero di Natale sulla catastrofe Uscito a Mosca «Lettere di un uomo morto», risposta sovietica a «The Day after» L'albero di Natale sulla catastrofe MOSCA — Dai sotterranei del museo diventati rifugio, luogo di sopravvivenza e di morte insieme, il vecchio scienziato esce all'aperto, alla ricerca del figlio scomparso. Fuori, è il buio — e l'inverno — permanente; il caos, mucchi di cadaveri e di fanghiglia dovunque. Un vento carico di urla e di suoni d'orrore spazza le rovine della civiltà e della cultura: fabbriche e chiese, stadi e laboratori scientifici. Lettere di un uomo morto, del regista esordiente Kostantin Lopushanski, comincia cosi: con un'immagine di desolazione assoluta, di dolore atroce, di morte. La guerra atomica è già avvenuta, tutto adesso è finito. L'umanità residua — fatta di persone in frantumi come le case di fuori — vive nascosta, tra sporcizia e umidità; e in un'oscurità interrotta soltanto da qualche lampadina alimentata da rudimentali generatori a pedali. Per uscire — in cerca di cibo o, come lo scienziato, di qualche familiare scomparso — ci si protegge soltanto con rozze palandrane di stoffa e maschere antigas. E' la risposta sovietica al The Day after prodotto negli Usa ma mai proiettato nell'Unione Sovietica: una risposta arrivata sugli schermi di Mosca dopo una gestazione lunga e difficile; ma accolta, almeno a giudicare dalle prime impressioni e dalle attese ai botteghini delle due sale che lo presentano insieme, con estremo favore. La tesi è lontana da quella del film americano: la guerra atomica è scoppiata per caso ^Ricordo che l'operato¬ re gridò: è stato uno sbaglio del computer, fermate il lancio dei missili/*, rievoca il vecchio scienziato, «ma in quel momento chi doveva bloccarlo beveva il caffè, e ha tardato di sette secondi»). Non ci sono responsabili «politici», dunque; a differenza che in The Day after, dove tutto comincia per colpa dei russi che bloccano Berlino e avanzano in Germania, qui la responsabilità è soprattutto dell'esistenza degli armamenti. Basta un errore, appunto (come i dirigenti sovietici da tempo ripetono a proposito delle «guerre stellari» e del progetto Sdi appoggiato da Reagan, che secondo Mosca assegna troppe «responsabilità» a incontrollabili tecnologie). Anche i protagonisti, i so pravvissuti, sono diversi, nel film sovietico e in quello americano. In Lettere di un uomo morto (lo stesso sciea ziato, che s'immagina di scrivere al figlio scomparso) lo sfondo è una città imprecisata di un Paese imprecisato (ma le poche scritte che qua e là si intravedono non sono in caratteri cirillici); mentre in The Day after era una città americana. Non si sa, dunque, chi ha vinto e chi ha perso: ma, si intuisce, hanno perduto tutti. La protagonista vera, l'umanità, riaffiora alla fine: quando, intorno al vecchio che muore, senza aver mai detto il suo nome, si raccolgono otto bambini resi muti dall'orrore della guerra. Accanto a lui preparano un albero di Natale fatto di fili e di croste, di brandelli di legno e di carta. Quando lui muore, gli scavano una fossa come aveva chiesto: accanto all'armadio dei libri. E quando lui non c'è più, escono fuori, come il vecchio scienziato li aveva spinti a fare: tenendosi per mano, avanzano nel vento eterno. Dopo la caduta, insomma, la speranza: «4/ sesto giorno dalla scomparsa del mondo — recita una voce infantile fuori campo mentre scorrono i titoli — una donna di nome Teresa ha portato i bambini dallo scienziato. Lo scienziato ha detto: "Credete, l'umanità non morirà". Poi si è sdraiato accanto alle fiamme. Il bambino più grande ha chiesto: "Alla morte non si mente, credi davvero in quello che hai detto?", e lo scienziato ha risposto: "Si, camminate finché avrete le forze, quando un uomo cammina ha speranza"», e. n. Code di spettatori per il film dell'esordiente Lopushanski. A differenza di quello americano qui il disastro nasce dal caso. Il pericolo è insito nell'esistenza degli armamenti. Alla fine un segno di speranza. Una scena di «The day after»: era ambientato in America e raccontava anche le ultime ore di normalità prima del disastro. Il film russo non ha una collocazione precisa e comincia dai sopravvissuti

Persone citate: Kostantin, Reagan

Luoghi citati: America, Berlino, Germania, Mosca, Unione Sovietica, Usa